Cosa vuoi fare da grande? «Da grande voglio fare l'onorevole», risponde Robertino quando ha otto anni e corre come una saetta sugli argini del torrente che passa nel suo paese.

Robertino lo chiamavano e lo chiamano ancora oggi soltanto lì, a Fiumedinisi, comune di mille abitanti arrampicato sulle colline messinesi sopra il mar Ionio.

In realtà il suo nome completo è Cateno Roberto Salvatore De Luca meglio conosciuto come “Scateno” per la sua irruenza, la parlata maleducata, il rocambolesco modo di intendere la politica in una palude isolana dove ogni mossa è trama e ogni patto mistero.

 

Guitto o cartesiano?

03/09/2021 Messina, le baraccopoli in citta'. In foto il Sindaco di Messina Cateno De Luca con alle spalle la baraccopoli di Fondo Fucile

In realtà Cateno Roberto Salvatore non è solo un uomo spericolato, è pure calcolatore, matematico, uno strano esemplare di cartesiano travestito da guitto che ogni giorno recita su quel palcoscenico che è la Sicilia. E, in realtà, onorevole c'è diventato davvero.

Il problema - per i suoi avversari, primo fra tutti Renato Schifani - è che il 25 settembre vuole fare il governatore dell'isola.
Gli ultimi sondaggi lo danno a soli 4 punti dietro all'ex presidente del Senato, con consensi che vanno dal 23,50 al 26,50 per cento. I boss della regione hanno il suo fiato sul collo.
Da dove cominciare per decifrare questo personaggio pittoresco ma in fondo neanche tanto, strambo come sono strambi tutti coloro che dicono verità palesi che altri tacciono, uno che in video spara raffiche di vaffanculo contro gli ex governatori Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo e in segreto suona il clarinetto al conservatorio di Messina?

A vederlo così, mentre sbraita e con quei sette braccialetti di legno intorno al polso, sembra grossolano, decisamente naif, una brutta copia paesana del primo Beppe Grillo, urlatore e assaltatore.

Però poi ti spiegano che è uno che ha imparato di notte il greco e il latino da solo pur di frequentare il liceo classico dopo l'istituto tecnico, la laurea in Giurisprudenza, esperto in diritto del lavoro, uno che conosce a memoria ogni legge e leggina della regione.


Il sindaco più ricco d’Italia

Cateno il fenomeno ha appena compiuto cinquant'anni e a diciotto è stato il consigliere comunale (a Fiumedinisi) più giovane d'Italia. Ha anche un altro primato: è il sindaco italiano più ricco, almeno secondo il fisco.

Una media di 500 mila euro dichiarati tranne in tre occasioni, che di euro ne ha guadagnati più del doppio, un milione e cento.

E'a capo di una rete di patronati per assistenza a pensionati, invalidi, pratiche per contributi agricoli, sedi in una settantina di province e in undici regioni. Un impero creato dal niente.

«Sono un sbrigafaccende», si schernisce. E aggiunge: «Per essere un buon politico devi essere libero, non devi essere schiavo economicamente perché altrimenti ti puoi consegnare a ogni tipo di compromesso».
Ha una moglie, Giusy, due figli adolescenti, papà muratore e mamma sarta. Glielo chiedevano anche loro: «Robertino, gioia mia, ma cosa vuoi fare da grande?». La risposta era sempre quella: «L'onorevole».
Riportano le voci del suo paese che a tredici anni prende appunti ai comizi elettorali, dopo un po' è nel movimento giovanile della Democrazia cristiana, fa l'attacchino, nel 1994 è assessore comunale, nel 2003 sindaco di Fiumedinisi e nel nel 2012 sindaco di Santa Teresa di Riva, un comune a quattordici chilometri dal suo.

Si racconta: «Sono come la pizza mare monti, io sindaco di mare e sindaco di monti, Fiumedinisi in montagna e Santa Teresa sull'acqua..».

Nel frattempo viene eletto deputato all'Assemblea. Il desiderio si avvera: è onorevole. Poi, nel 2018, fa saltare il banco: con quasi il 70 per cento dei voti è sindaco di Messina. Ora punta all'elezione di sindaco di Sicilia.

Il suo obiettivo: amministrare l'isola. Perché i precedenti governatori «non hanno amministrato ma regnato», con quasi il sessanta per certo dei deputati regionali «che non ha mai preso la parola in aula», con uomini politici «che non sanno cosa c'è fuori dalle loro case».

E' cattolicissimo e non si perde una processione: «E non solo per farmi perdonare qualche peccato, ma perché se stai con la gente vedi quante buche ci sono per le strade, vedi dove manca una lampadina, dove c'è un albero pericolante, senti una lamentela che non arriverà mai nei palazzi».

Gli arresti e le assoluzioni

30/08/2022 Palermo, Campagna elettorale della Lega. Nella foto Renato Schifani



Una parte della sua biografia è su You Tube, un'altra è un po' più nascosta. Personalità ambigua - nel senso letterale del termine - c'è un Cateno privato e un Cateno pubblico. Così, a naso, il candidato del centrodestra Renato Schifani ha ben ragione di avere timore di entrambi i Cateno.
C'è poi tutto il capitolo giudiziario, lui e la magistratura, lui e le 16 inchieste che l'hanno ingoiato per qualche anno, lui è il codice penale. Sempre assolto per non avere commesso il fatto e raffiche di archiviazioni.

Arrestato due volte, la prima alle 21,45 del 27 giugno 2011 per avere ordinato come sindaco opere di contenimento sulle rive della fiumara del suo paese, la seconda alle 7,30 del 9 novembre 2017 per evasione fiscale.

Manette due giorni dopo la sua rielezione al parlamento siciliano. «Certe consorterie a Messina non perdonano», ricorda in un recente sfogo dove indica Raffaele Lombardo come mandante delle sue grane con la giustizia.

E dire che con l'ex governatore aveva fondato l'Mpa, il movimento per l'autonomia. Insieme erano zucchero e miele fino a quando - a sentire Cateno - Lombardo prima lo costringe a fare la guerra a Cuffaro e poi pretende una pace impossibile con Totò. Come è finita? Come al solito: «Ho mandato affanculo Raffaele».

Il trionfo a Messina

Il suo partito, Sicilia Vera (Vera è anche l'acronimo di Verso un'Economia Regionale Autonoma) fondato nel 2007 ha i colori della Trinacria, giallo e rosso.

E, insieme alla lista "Orgoglio Siculo”, è in corsa per conquistare la regione. Una campagna elettorale all'antica, paese per paese, piazza dopo piazza. Il 20 luglio è partito a piedi da Fiumedinisi e dopo nove giorni e quasi trecentocinquanta chilometri è entrato a Palermo.

Comizi volanti, giocate a scopone, mangiate, risate, qualche anticipazione sulle manovre elettorali dei suoi avversari e alla fine l'immancabile “masculiata”, il trionfo di botti e di razzi dei giochi di artificio sottoforma di discorso finale alla platea: abbattere la Cupola politico-mafiosa di Palermo.

E' una sorpresa per l'Italia e per i sondaggisti Cateno De Luca, ma non per i siciliani che hanno visto crescere questo suo movimento anno dopo anno fino all'esplosione degli ultimi mesi.

A Messina, alle elezioni amministrative di giugno, il suo fedelissimo, uno sconosciuto funzionario comunale, ha stracciato tutti con oltre il 45 per cento.

A Messina Cateno si è preso anche una multa di 1500 euro per avere, in pieno lockdown, insultato la ministra dell'Interno Lamorgese. Che gli ha detto? Fantasia poca: «Signora ministra vada a..».

I due Cateno

Non si capisce mai se gli parte l'embolo o se tutto è maniacalmente programmato. E' successo anche qualche settimana fa. Un cronista del Giornale di Sicilia non ha dato una notizia precisa sulla sua lista e lui l'ha aggredito a colpi di "pezzo di merda”.

Una crisi di nervi o piuttosto un calcolo preciso per catturare l'elettorato più sensibile al turpiloquio? Difficile dirlo, con i due Cateno che confondono e si confondono. Certo è che tanta violenza contro un giornalista non si era mai vista. Pessimo.

La stampa locale non dedica molto spazio alle scorribande del "sindaco dei siciliani”. Preferisce andare sull'usato sicuro. Sui candidati imbalsamati dei due schieramenti, centrodestra e centrosinistra, con qualche scontato sbilanciamento a favore di Schifani, garanzia per una Sicilia che non vuole cambiare mai.
Sbarella per davvero o fa finta?

E' un enigma questo Cateno Roberto Salvatore De Luca che si fa fotografare in mutande quando nel 2006 non arriva l'acqua a Lipari e protesta quasi nudo. E che si fa rivedere in mutande nelle sontuose sale del parlamento siciliano, quando accusa il governatore Cuffaro che svende immobili regionali per poi riprenderli in affitto.

Variopinto ma non troppo l'elenco delle donne e degli uomini che ha imbarcato per l'avventura elettorale. Ci sono moltissimi amministratori, qualche professionista.

C'è anche Ismaele Lavardera, ex giornalista delle Iene che qualche anno fa ha avuto il suo momento di notorietà perché si è presentato candidato sindaco di Palermo. Era tutta una finta: stava girando un reality.
Per sapere cosa fa Cateno Roberto Salvatore basta collegarsi ogni mattina intorno alle 8 sulla sua pagina Facebook. Una diretta pirotecnica.

Con lui che fa il riassunto della giornata precedente e anticipa la giornata che verrà. Ma, prima di ascoltarlo, bisogna sorbirsi un paio di minuti di una colonna sonora arabeggiante. La canzone è «Terra d'amuri», musiche e parole di uno dei tanti Cateno.

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