Tutto tace, ma non significa che le acque siano tranquille. Forza Italia si avvia verso la celebrazione del suo primo congresso e anche solo la scelta di fissarlo per il 24 e 25 febbraio è un sintomo.

Inizialmente si era pensato di programmarlo dopo le europee di giugno, l’orientamento è cambiato con l’unica variabile di spostamento se in quegli stessi giorni si dovesse votare anche per le elezioni amministrative in qualche regione.

Dietro il cambio ci sarebbero le pressioni della minoranza interna, che fa capo alla capogruppo al Senato Licia Ronzulli e che aveva più volte adombrato la volontà di accelerare in tempi, anche per arrivare in modo dinamico al voto. La decisione, tuttavia, è stata approvata all’unanimità – come tutte le scelte fino ad oggi prese – durante la segreteria nazionale attualmente guidata dal vicepremier Antonio Tajani. L’unanimismo, però, è a tempo.

I candidati

Tajani per ora è l’unico nome in corsa per la segreteria ma in vista del congresso, con il tesseramento che si chiuderà il 30 ottobre, è atteso il nome di un (o una) contendente. Per questo, pur confermando tutte le nomine che erano state fatte da Silvio Berlusconi prima della sua scomparsa, l’attuale segretario “traghettatore” si sta muovendo per collocare i suoi fedelissimi ai vertici dei settori tematici del partito, tra cui il responsabile all’organizzazione e il coordinatore delle campagne elettorali, così da avere l’ultima parola sulle liste. In questo scenario le incognite rimangono il ruolo che gli eredi Berlusconi vorranno o meno avere e quello della ex compagna del Cavaliere, Marta Fascina, che per ora non è rientrata nell’organigramma di partito e manca da mesi dalla Camera dove è stata eletta.

Anche se in chiaro tutti i dirigenti parlano di «percorso di rilancio del partito», il clima è quello da fine del mondo. La consapevolezza è che per superare lo sbarramento alle europee serve il 4 per cento, pena la scomparsa dal Ppe e potenziali effetti cascata anche nella dinamica della maggioranza in Italia. Un obiettivo non facile perché i sondaggi danno FI in caduta dopo la crescita sull’onda emotiva della morte del leader, ma soprattutto perché manca un frontman capace di infiammare un elettorato che sta già guardando in altre direzioni. E per alcuni dirigenti Tajani non ha l’energia necessaria.

Lega e Fratelli d’Italia, per ora, rimangono a guardare. Anche il partito della premier aveva ipotizzato un congresso entro il 2023, ma il responsabile dell’organizzazione Giovanni Donzelli lo ha allontanato: «Non è una priorità», ha detto in luglio. Del resto, lo slancio di Meloni è fortissimo e toccare il partito, in questa fase, porterebbe più incognite che benefici. Lo stesso vale per il partito di Matteo Salvini, che da anni aspetta un congresso nazionale dopo che quelli territoriali si sono celebrati quasi ovunque. Il tema però è uscito dall’ordine del giorno e nemmeno si affaccia un competitor possibile. Entrambi i partiti, però, osserveranno ciò che succederà in FI, anche per decidere se lanciare l’opa per inglobare la galassia forzista.

 

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