«La destra non è un destino, voi della destra non siete maggioranza nel paese, avete vinto grazie alle nostre divisioni. E allora voglio dire a noi: battere questa destra è un formidabile programma politico, unità, umiltà e unità».

La piazza Santi Apostoli, convocata in un pomeriggio di martedì – una scommessa per gli organizzatori, ma la situazione politica è incandescente, il Senato ha appena approvato il premierato, alla Camera galoppa l’autonomia differenziata – scandisce «u-ni-tà, u-ni-tà, u-ni-tà» in risposta a Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, che si presenta sul palco in coppia con il suo socio politico Angelo Bonelli.

Che a sua volta alla piazza fa urlare, all’indirizzo della destra di governo che ha aggredito un deputato M5s in parlamento “colpevole” di aver offerto un tricolore al ministro Calderoli, «siete la vergogna del paese».

Un centrosinistra è possibile

Quello che neanche un dio sceso in terra fin qui sembrava poter unire, e da decenni, lo ha riunito  il duo Meloni&Salvini. Ancora non è chiaro come si potrà chiamare l’alleanza che si disegna nel catino dei Santi Apostoli, anzi chissà quante pagine dovremo riempire prima di trovare il nome della cosa.

Ma i pignoli si rassegnino, è il centrosinistra. C’è l’alleanza davanti al palco, quella che chiedono le persone, e dietro il palco, quella a cui si rassegnano tutti: è venuto anche il presidente Vincenzo De Luca, deputati di Pd e Cinque stelle si mischiano nei capannelli.

Poi se sia tornato in una nuova versione il centrosinistra vincente come quello di Romano Prodi, è tutto da vedere. Ma intanto un passo c’è stato: piazza Santi Apostoli trabocca, esonda, strippa, di «cittadini e cittadine», come dicono i Cinque stelle, «di compagni», come dicono quelli del Pd. Chi lavora qui e le vede di tutti i colori, le manifestazioni, giura che stavolta «sono tre volte quelli che c’erano per Salvini e Vannacci».

Va detto però che il palco è stato piazzato a metà piazza. Una scelta troppo cauta: non c’erano dubbi sul successo della manifestazione. La voglia di battere la destra comincia a essere impellente, fra gli elettori delle opposizioni. E di fermare il premierato (Riccardo Magi, +Europa, dal palco: «È un Frankenstein, una torsione plebiscitaria») e ricacciare indietro l’autonomia differenziata, anche se è troppo tardi visto che oggi sarà approvata (ancora Magi: «Non è l’autonomia, è la secessione»).

Gli interventi dal palco sono tanti, li governa con polso sicuro Lorenza Ghidini, la direttrice di Radio Popolare,  ma la notizia è una, è questa: c’è un popolo di centrosinistra, geloso dei suoi mille campanili, che però alla fin fine sembra aver capito che preferisce stare insieme, magari ciascuno con la sua bandiera, e scandire «Viva l’Italia antifascista» – e «ora e sempre Resistenza» – davanti al presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo.

Che generosamente dice: «Manca qualcuno? Pazienza lo aspettiamo: aspettiamo tutti quelli che si riconoscono nella Costituzione». Ce l’ha con Matteo Renzi e Carlo Calenda, che hanno deciso di non esserci.

La piazza è così entusiasta dello spettacolo inedito, una prima, i propri leader tutti insieme, che riserva un’ovazione persino al segretario di Rifondazione comunista quando dal palco chiede «l’unità antifascista». Una piazza che sventola il tricolore come mai ma si capisce: i “patrioti” in parlamento approvano una legge che le opposizioni chiamano «spacca-Italia» e un’altra che sfonderà la Costituzione.

Dal palco parlano i comitati già pronti per il fronte del No al referendum sul premierato, quelli da anni in lotta contro l’autonomia differenziata, gli universitari dell’Udu, della Rete degli Studenti, le voci di Libera, il presidente dell’Arci Walter Massa (l’unico che saluta senza complessi: «Compagni e compagne»). Costituzione, diritti, antifascismo, parole comuni. Ma quella per far esplodere gli applausi è «unità».

Quando tocca a Giuseppe Conte, ferma lo scroscio con un gesto da artista consumato. «Siamo la risposta migliore», poi spiega a cosa: «La settima scorsa c’è stato uno spettacolo indegno, non era una rissa ma un pestaggio ad opera dei parlamentari di maggioranza contro il nostro Donno con calci e pugni. Se non fossimo stati in aula e se non fossero intervenuti i commessi come lo avrebbero ridotto?», «La premier non è riuscita a condannare la violenza e ha degradato questo spettacolo indegno a una provocazione. Ma come puoi essere per patrioti sedicenti la volontà di consegnare una bandiera tricolore?».

Chiama accanto a sé Lorenzo Donno, il malmenato, che arringa in coppia con il presidente M5s: «Se il tricolore li fa indietreggiare, sventoliamolo più forte». La piazza sventola.

Basta divisioni

Ma è la segretaria del Pd Elly Schlein a fare gli onori di casa (dietro il palco, le telecamere hanno ripreso un abbraccio con Conte), a ringraziare tutti i partiti che hanno organizzato la manifestazione (con il Pd, M5s, Avs e +Europa), e le associazioni. Da sotto il palco le rispondono di nuovo «unità». «Belle queste bandiere tutte diverse, tutte unite per la Costituzione».

Fa un discorso zeppo di «insieme», insieme intende dovranno battere le riforme, parla di sanità, lavoro, immigrazione, salario minimo: è un programma di un’alleanza, forse persino di un governo. C’è una ragione in più per stare insieme, assicura, anche più del «clima crescente di violenza verbale e fisica nel parlamento e nel paese», persino più «dei saluti romani della giovanile del partito di Meloni, che aspetta meloni a cacciare i fascisti dal suo partito».

Ed è un appello «a tutte le forze di opposizione: basta divisioni, teniamoci strette le nostre differenze, mettiamole valore, questo è un passaggio cruciale nella storia italiana e europea, facciamoci trovare pronti. La prossima volta sarà una piazza più grande, questa è la prima piazza. Non li faremo passare, viva l’Italia antifascista».

Parte Bella ciao, quella che per un leghista è peggio del simbolo della Decima Mas, Schlein si ferma a cantarla. Monica Guerritore legge un appello dei costituzionalisti ispirato alle parole di Liliana Segre. È finita, ma non se ne vuole andare nessuno. Finalmente suona Viva l’Italia di De Gregori, e forse hanno anche trovato la nuova «canzone popolare».

© Riproduzione riservata