Il neomovimento è sempre più lontano dal vecchio Movimento 5 stelle. Se qualcuno aveva ancora dubbi a riguardo, l’addio definitivo di Rousseau, che ha messo fine alla collaborazione con il Movimento, è la prova definitiva. Un divorzio che era nell’aria da tempo, con l’ultimatum fissato da Davide Casaleggio per ricordare «i quindici mesi dalle dimissioni dell’ultimo capo politico eletto democraticamente dagli iscritti» e che si è consumato con parole dure in superficie e celebrazioni sottotraccia.

L’intervento dell’associazione Rousseau è arrivato in mattinata. Più volte nel testo si ribadisce la volontà di trovare un accordo con eletti morosi e vertici del Movimento («abbiamo pensato fino all’ultimo che si sarebbe usciti dall’ambiguità e dal cerchiobottismo per risolvere i problemi in modo concreto, ma non è successo»). Da Milano spiegano anche di voler lanciare «nuovi progetti», e più di qualcuno ci vede una strizzata d’occhio verso L’Alternativa c’è, il nuovo gruppo parlamentare creato dagli espulsi Cinque stelle, che da parte loro non escludono contatti futuri.

La replica ufficiale del Movimento arriva poco dopo, con una presa d’atto delle strade che si dividono e un’indicazione che «si sta lavorando» per l’organizzazione di una nuova piattaforma. Secondo alcune fonti parlamentari, sarebbero in corso trattative con tre aziende, di cui una con sede a Bergamo. Quello che ormai è praticamente certo è che il nuovo statuto in preparazione sarà votato sulla piattaforma che prenderà il posto di Rousseau. I vertici del Movimento sperano di ottenere da Casaleggio i dati per chiedere agli iscritti il passaggio al nuovo strumento per le votazioni, dove, contestualmente al nuovo regolamento interno, sarà ratificato l’incarico di Conte. Ieri i volti noti sono rimasti in silenzio, ma sottotraccia i parlamentari esultano: «Tanti condividono l’accusa del Movimento a Rousseau di non essere più neutrale e fare ormai politica – dice un deputato del nord – a parte pochissime eccezioni i gruppi sono tranquilli o addirittura entusiasti del fatto che ci siamo liberati di un attributo quasi cancerogeno».

L’attesa per Conte

Se gli eletti non vedevano l’ora di liberarsi di quel che secondo tanti era un fornitore che «pagavano senza avere mai nulla in cambio», aspettano con una certa ansia anche i prossimi passi di Giuseppe Conte.

Il neoleader ora dovrebbe avere le mani più libere e secondo alcune fonti un’accelerazione dei tempi sarebbe vicina: segno che finalmente qualcosa si muove, dopo che le settimane di immobilismo avevano esasperato i parlamentari. Le aspettative, in ogni caso, restano basse: «Tutti stanno lavorando sui propri temi, quando poi prenderanno una decisione e ce la comunicheranno, trarremo le nostre conclusioni». L’attesa è soprattutto per la soluzione al problema dei due mandati: finora l’avvocato del popolo non si è voluto avvicinare a questo dossier che spacca il Movimento tra eletti al primo mandato e veterani (che tra loro ormai a malapena si rivolgono la parola), né lo vuole toccare il capo uscente Vito Crimi. Dovesse cadere il vincolo di ricandidatura, si tratterebbe dell’ultimo caposaldo del Movimento delle origini a essere rimosso. A sancire il completamento della trasformazione in partito, definizione che i primi eletti del Movimento detestavano, era stato tra gli ultimi Conte, che nella prima presentazione del piano di rilancio del M5s aveva proposto una struttura più rigida, con una scuola di partito e un think tank.

In più, sembra sempre più probabile la scelta di una sede fisica, per di più nell’edificio a due passi dai palazzi del potere che ospitava Api di Francesco Rutelli, un contrasto stridente per un movimento che doveva nascere e crescere in rete.

Il futuro di Rousseau

E poi tutte le giravolte rispetto alla volontà degli iscritti, che dovevano rappresentare la base di democrazia diretta che avrebbe cambiato la politica italiana: oggi, gli attivisti del Movimento si ritrovano un neoleader nominato dal garante al posto di un direttorio che ormai è stato declassato a segreteria del capo (e i cui componenti nei quattro mesi trascorsi dagli Stati generali non sono ancora stati votati). A complicare le cose è stato il fondatore e garante Beppe Grillo, che nel suo sfogo raccolto in video a favore del figlio Ciro ha sposato un garantismo lontanissimo dall’atteggiamento feroce dei primi anni del Movimento. Se e quando arriverà il via libera ai mandati, fosse anche “per merito”, come prevedono alcune voci che circolano in queste ore, lo scontro per raccogliere l’eredità del Movimento delle origini si farà più intenso. In un passaggio del post di Casaleggio di ieri si legge che «Rousseau è nato molto prima del Movimento stesso» e che «oggi siamo a terra, ma ci rialzeremo perché noi siamo Movimento». Al di là dell’incertezza che genera la distinzione seguita a stretto giro dall’identificazione col Movimento, è molto probabile che a questo punto Rousseau, oltre a proporre i suoi servizi ad altre realtà in Italia e nel mondo, potrebbe porsi come vero difensore dei valori originari del M5s. Avrebbe di certo gioco facile a identificare chi è ancora tra gli eletti come traditori infedeli ai dettami del primo Movimento.

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