«Su Paolo Ielo ho sbagliato profondamente, rettifico tutto». Luca Palamara, dopo il dietrofront su Armando Spataro, a sorpresa fa una nuova inversione a U, decidendo di rettificare e correggere le accuse lanciate al pm romano nel libro “Il Sistema”. Bestseller dove criticava pesantemente alcune condotte del procuratore aggiunto, colui che aveva deciso di mandare a Perugia le carte dell’inchiesta sui rapporti tra Palamara e l’imprenditore Fabrizio Centofanti. Ielo, di risposta a quelle che appaiono scuse formali, ha subito rinunciato alla sua costituzione come parte civile nel processo che vede imputato Palamara per rivelazione di segreti d’ufficio insieme al magistrato Stefano Fava.

La lettera, letta durante l’udienza di stamattina in aula, ha fatto dunque scoppiare la pace tra l’ex presidente dell’Anm travolto dallo scandalo delle intercettazioni e il procuratore aggiunto di Roma. Gli errori contenuti nel libro, dice Palamara, sarebbero stati provocati «allo stress emozionale» dovuto ai procedimenti penali aperti contro di lui a Perugia, emozioni che lo avrebbero portato a esprimere nei confronti di Ielo «espressioni verbali profondamente sbagliate, che peraltro stridono con la correttezza dei rapporti che all’interno della Procura di Roma ha da sempre caratterizzato le relazioni tra i due».

Dopo l’uscita del libro, Ielo aveva subito querelato alcuni passaggi considerati diffamatori, ma Palamara in un primo momento aveva sfidato apertamente l'ex collega chiedendo al Consiglio superiore della magistratura di essere convocato per riferire sui fatti di sua conoscenza citati nel volume.

Palamara ora fa marcia indietro su tutta la linea. «Il dottor Palamara, come già dichiarato in sede di interrogatorio a Padova, non ha mai voluto mettere in discussione la professionalità del dottor Ielo che da sempre stima come magistrato capace e di alta professionalità anche con riferimento alla vicenda Consip», chiarisce nella missiva datata 17 giugno. Nel libro infatti definiva allusivamente «un mistero dei misteri» la presenza di Ielo, durante l’interrogatorio dell’ex ad di Consip Luigi Marroni, nella stanza dell’allora pm di Napoli John Henry Woodcock. Procedimento che Palamara definisce «una vera Babele, altro che inchiesta giudiziaria».

La seconda rettifica riguarda la nomina di Ielo a procuratore aggiunto. «Il primo banco di prova arriverà qualche anno dopo, nel febbraio del 2016, quando devono essere nominati i procuratori aggiunti di Roma. Pignatone vuole a tutti i costi Paolo Ielo e Rodolfo Sabelli», si legge nel libro. «Pignatone comprende le mie titubanze e mi organizza un incontro a due con Paolo Ielo. L’incontro avviene a piazzale Clodio, ci facciamo un giro del palazzo del tribunale e ci diamo la mano. Quella promessa l’ho mantenuta, avrà il mio voto». Anche in merito a questa circostanza, Palamara dice ora di aver ricordato male: «Con riguardo all’incontro avvenuto a piazzale Clodio nessuna richiesta è pervenuta dal dottor Ielo; al contrario il dottor Palamara in quella circostanza ha fatto riferimento alla possibilità che il dottor Ielo concorresse come Procuratore Aggiunto per la Procura di Firenze, con un invito a meglio sviluppare la propria carriera al di fuori di Roma». Un consiglio, spiega l’ex magistrato, dettato dalla necessità delle logiche di corrente «cui il dottor Ielo era estraneo» e non dalla messa in discussione dei titoli «indiscutibilmente vantati da quest’ultimo tanto è vero che al CSM si è speso nel suo gruppo di appartenenza per la sua nomina».

Palamara rettifica anche un terzo episodio, quello riferito a una cena che con l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, avvenuta prima della nomina di Ielo a procuratore aggiunto a piazzale Clodio. Ielo sarebbe stato presente: «Appena sono nominato al Csm, nel 2014, Pignatone mi chiede di partecipare a una cena a casa di Paolo Ielo. Quella tavolata serve a siglare un patto, ma soprattutto a creare un canale tra la procura di Roma e il Csm» per fare sponda alle istanze di Pignatone a palazzo dei Marescialli, scrive Palamara nel libro. L’ex pm però cambia versione: il racconto descritto nel libro sembrerebbe infatti riferirsi solamente al rapporto intercorrente tra Palamara e Pignatone, «con il quale in plurime occasioni era stato affrontato il tema degli aggiunti a Roma e della migliore organizzazione dell’ufficio. In questi casi non era presente il dottor Ielo».

La rettifica sconfessa in pratica tutte le accuse lanciate a Ielo da Palamara. Non solo: tornando sui suoi passi, l’ex presidente dell’Anm sembra voltare le spalle anche a Stefano Fava, altro ex magistrato della procura di Roma e ora giudice civile del Tribunale di Latina, suo amico e con lui coimputato nel processo per divulgazione e di segreto d’ufficio (Fava è anche accusato di accesso abusivo a sistema informatico e abuso d’ufficio).

L'obiettivo della coppia - secondo l’accusa - era quello di avviare una campagna mediatica contro l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Ielo, costruendo dossier su presunti conflitti d’interesse e mancate astensioni nel procedimento penale su Piero Amara, fascicolo a cui Ielo e Fava inizialmente lavoravano insieme. «In relazione al procedimento penale che vede Palamara imputato di rivelazione di segreto…dopo attenta lettura degli atti preciso di essere stato male informato. Sia in relazione alla doverosa trasmissione degli atti da parte di Ielo alla procura di Perugia, sia in merito alla gestione del fascicolo di indagine da parte del medesimo procuratore aggiunto». Anche in merito a comportamento interno del pm, Palamara spiega: «Ero stato male informato anche in merito alla precedente astensione del dottor Ielo e alla corretta cronologia degli incarichi ricevuti dall’avvocato Domenico Ielo», fratello del pm le cui consulenze in Eni dovevano (per Fava e Palamara) obbligare il pm all’astensione sul procedimento Amara.

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