Telemeloni non trova pace: un ricorso al Tar rischia di far saltare il rinnovo del consiglio d’amministrazione. Intanto, a Rainews il direttore fedelissimo della premier è sempre più in difficoltà.

Stavolta la staffetta che dovrebbe incoronare Giampaolo Rossi nuovo amministratore delegato al posto di Roberto Sergio potrebbe arenarsi davvero. La ragione sta in un ricorso presentato al Tar da un gruppo di associazioni (Associazione Articolo 21, Fnsi, Slc-Cgil Usigrai, Infocivica, Ucsi e TvMediaWeb, Rete No Bavaglio) sulla legittimità della procedura di elezione dei componenti del cda Rai.

La ragione sta in una sentenza della Corte costituzionale (la 225 del 1974) e nel nuovo European Media Freedom Act, recentemente approvato dal parlamento europeo. La Corte ha deciso che gli organi direttivi del servizio pubblico non devono essere «costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l’obiettività».

L’Emfa, d’altro canto, prevede che il servizio pubblico «non sia influenzato da interessi governativi, politici, economici o privati».

La combinazione di queste due basi normative con la disponibilità di persone partecipanti al concorso – nel caso specifico Nino Rizzo Nervo, Stefano Rolando e Patrizio Rossano – da candidati consiglieri gli unici legittimati a impugnare il regolamento ha dato le basi legali necessarie al ricorso.

Ora, il traguardo è la sospensiva: il pronunciamento del tribunale amministrativo nel merito, infatti, arriverebbe troppo avanti rispetto alla tabella di marcia della scelta dei nuovi consiglieri. Se davvero il Tar dovesse scegliere di sospendere il procedimento, resterebbe in carica il cda attuale, con non pochi mal di pancia per il governo.

Se il tribunale dovesse addirittura decidere di restituire il potere di scegliere l’amministratore delegato al parlamento, le trattative per l’elezione di Rossi si complicherebbero ulteriormente: perfino nel giglio nero di Meloni a Chigi, infatti, c’è chi non lo ama particolarmente, a cominciare dalla storica portavoce della premier, Giovanna Ianniello.

Ma prima di arrivare a eventuali pronunciamenti, per il prossimo lunedì è in programma lo sciopero dei giornalisti Usigrai. L’organizzazione della mobilitazione è nella fase finale, ma l’adesione dei comitati di redazione delle diverse redazioni del servizio pubblico è stata ampia. Se non fosse per la mail inviata con tempismo notevole da Unirai – l’associazione di destra che punta a sfilare a Usigrai lo scettro di unico sindacato che rappresenta i giornalisti – il primo maggio.

«Scioperare è un diritto non un obbligo» è il titolo eloquente: «C’è il rischio concreto che questa mobilitazione possa essere strumentalizzata dalla politica» si legge nel testo. Unirai promette di difendere altre istanze «che uno sciopero che potrebbe essere letto come “politico” rischia solo di svilire e depotenziare». Insomma, lo sciopero contro i vertici di viale Mazzini potrebbe essere controproducente secondo i sindacalisti di destra.

RaiNews in alto mare

Intanto, questa settimana il direttore di Rainews24 Paolo Petrecca, già reduce da diversi passi falsi negli ultimi mesi, è scivolato sul piano estivo. La redazione ha respinto la sua proposta presentata al gruppo dei giornalisti senza condividerla in anticipo con la rappresentanza sindacale come prevederebbe la grammatica redazionale.

A non piacere ai giornalisti della all news, del sito web e del televideo sono stati innanzitutto i toni della decisione. In fondo al documento, che Domani ha potuto visionare, si trova una singolare raccomandazione del direttore: «Le turnazioni nei tg dovrebbero privilegiare, per le conduzioni, i colleghi più bravi. La chiusura anticipata delle rubriche, d’altra parte, restituirà molti conduttori esperti al canale». Una soluzione carente per il periodo estivo quando, per le ferie, ci sono meno giornalisti a disposizione e bisogna redistribuire il lavoro.

Questo pensiero è sintetizzato nel documento – approvato con 62 voti favorevoli, un contrario e sei astenuti – con cui la redazione ha rispedito al mittente il piano del direttore.

«L’assemblea prende atto che il direttore continua a non dare risposte credibili sia sull’organizzazione del lavoro sia sulla garanzia di equilibrio che dovrebbe avere una testata del servizio pubblico» si legge. «Le soluzioni avanzate non risolvono i problemi che riguardano il nostro lavoro» denunciano i giornalisti, che respingono contenuti e modalità della proposta, sottolineando che la direzione fosse già a conoscenza del piano ferie dei redattori.

A non piacere alla redazione è stato anche il passaggio sulla chiusura anticipata delle rubriche: «incomprensibile a ridosso di eventi come le elezioni europee e il G7». Effettivamente – anche se nei giorni 10 e 11 giugno sono previsti speciali dedicati alle elezioni – tutte le rubriche finiscono al massimo il 6 giugno, a pochi giorni dal voto. Le prime addirittura il 4 maggio, domani. Da Petrecca ancora nessuna notizia: il tempo per riscrivere il piano scorre veloce.

© Riproduzione riservata