Sono giorni di difficili arrampicate sugli specchi per Matteo Salvini. Il leader della Lega deve provarle tutte per uscire dal cono d’ombra dell’irrilevanza in cui è precipitato, nelle ultime settimane, in Italia e in Europa. Prima l’all-in stile poker su Roberto Vannacci per salvare la propria leadership alle elezioni, ora il tentativo di aggrapparsi a Marine Le Pen per provare a pesare qualcosa a Bruxelles.

In entrambi i casi, il vicepremier leghista cerca di ritagliarsi uno spazio politico per interposta persona. Il suo sguardo è rivolto a Parigi, in particolare verso la leader del Rassemblement national (Rn).

Sui social ha commentato la mobilitazione contro Le Pen e il suo sodale Jordan Bardella. «Un film già visto, con ampia partecipazione di sistema mediatico e “benpensanti” dal cuore d’oro. Non la pensi come si deve pensarla? Sei un pericoloso estremista», ha scritto. Da qui la chiosa: «Ma il vento del cambiamento in Francia e in tutta Europa soffia molto forte. Avanti tutta Marine e Jordan».

Insomma, le vittorie che non è riuscito a ottenere in Italia, Salvini cerca di conquistarle Oltralpe. Sperando in un “effetto trascinamento” per sé e il suo partito.

Le due leghe

Il ragionamento alla base è che con il maggiore peso di Le Pen, dopo un’eventuale affermazione nelle legislative in Francia, la famiglia europea di Identità e democrazia (quella della Lega) uscirebbe rafforzata. E pazienza se i leghisti rischiano di restare solo a traino del Rn, così come nel governo hanno un ruolo ancillare rispetto alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Ogni tentativo di prendersi la scena è andato male. E il sorpasso operato da Forza Italia è un piatto ancora difficile da digerire, nonostante la minimizzazione dei numeri.

L’Europa, a ben vedere, è solo un riflesso dei problemi che abbondano in Italia. Il 9 per cento acciuffato alle elezioni ha solo evitato il processo al leader. Ma il partito è sempre più un “due in uno”, una doppia Lega che va in direzioni opposte. Il caso di Umberto Bossi è stato il più fragoroso, con l’annuncio del voto a Forza Italia.

L’ipotesi dell’espulsione è stata respinta, la questione dell’identità non è risolta. Il punto non è solo la delusione del fondatore del vecchio Carroccio: in poche ore le due Leghe si sono palesate in modi distinti, confermando le difficoltà a tenere insieme le varie anime.

Freni e Vannacci

Il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, ha voluto mettere agli atti la propria posizione di apertura sui diritti civili. «Non sono una prerogativa della sinistra», ha detto il fedelissimo di Giancarlo Giorgetti in un’intervista a Repubblica a pochi giorni dal Pride di Roma che ha dato ulteriore spinta alla leadership della segretaria del Pd, Elly Schlein. Un’apertura significativa da parte di un profilo, come quello di Freni, solitamente attento al campo economico, al presidio del Mef, che si concede al massimo qualche sconfinamento nella musica e nell’opera lirica, sua grande passione personale. Ma mai oltre. Un segnale importante di una Lega che prova a guardare oltre l’arroccamento a destra.

Solo che, se da un lato il partito di Salvini ha mostrato il suo volto più dialogante, sul Giornale il neo eurodeputato Roberto Vannacci ha espresso l’ennesima posizione provocatoria, rispolverando il motto del “me ne frego”, in riferimento agli arditi della Prima guerra mondiale. E fingendo di ignorare che la stessa frase è stata fatta propria dal fascismo. L’ennesimo gioco del generale sulla linea di confine. Un modello già sperimentato con gli elogi alla X Mas.

Di certo c’è che Salvini si scalda più con il revisionismo militaresco di Vannacci che con le aperture sui diritti del sottosegretario Freni. Tanto che il segretario leghista ha pubblicato sui propri social la foto di un «tizio mezzo nudo fra i bambini al Pride di Verona», così lo ha definito, per attaccare la manifestazione.

E ancora, poco dopo ha gioito per l’archiviazione della querela per diffamazione a Vannacci, presentata dalla pallavolista Paola Egonu per la frase «Non rappresenta l’italianità» scritta nel libro Il mondo al contrario. Per l’ennesima volta, dunque, Salvini celebra risultati altrui, non potendo farlo per i suoi. E pazienza se, come fa notare un parlamentare leghista, «Matteo sta continuando a consegnarsi a Vannacci che se dovesse iscriversi alla Lega lo farebbe per comandare». Con un passaggio di consegne tra l’ex capitano e il generale che non rinuncia alla divisa. Nemmeno dopo l’elezione nell’Europarlamento.

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