I giornalisti Rai sono in sciopero. Non tutti, ma una gran parte: il sindacato unico Usigrai aveva chiesto ai suoi iscritti di incrociare le braccia oggi per denunciare «il clima asfissiante» che non consente più di fare il proprio mestiere in maniera serena. 

A Rainews si è già registrata la prima forzatura: dopo l’edizione di garanzia delle 6 è andata in onda quella delle 8 da dieci minuti con collegamenti e servizi di giornalisti non in sciopero. Anche il Tg2 delle 13 è andato in onda con collegamenti e servizi. Stesso discorso per l’edizione delle 13.30 del Tg1. 

La conferenza stampa

Usigrai ha anche presentato le ragioni della mobilitazione di fronte alla stampa estera. Il segretario Christian Macheda è stato accompagnato dal presidente dell’Fnsi Vittorio Di Trapani, presenti anche Serena Bortone e Sigfrido Ranucci. Giornalisti e sindacalisti hanno raccontato come la censura in Rai agisce su come vengono impostati i pezzi o quali priorità si danno alle notizie. Come quando il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul giorno della memoria è scivolato dopo la pasta nello spazio di Francesco Lollobrigida, o quando Rainews24 non ha dato la notizia di Nicola Gratteri che si scagliava contro i test psicoattitudinali ai magistrati. 

Nessuna preoccupazione per il boicottaggio di Unirai: «Se una minoranza organizza il lavoro per dimostrare che si può andare comunque in onda si sta dimostrando che la maggioranza è in esubero. E quando l’azienda chiederà licenziamenti collettivi i colleghi sapranno a chi rivolgersi». Bortone, da parte sua, ha spiegato che non ha ricevuto notizie sul futuro suo personale e del suo programma Chesarà dopo il caso Scurati. 

Diversi giornalisti Rai nel pubblico hanno raccontato il clima difficile in cui si trovano a lavorare quotidianamente nelle redazioni, dove, per dirla con Enrica Agostini di Rainews, bisogna «contrattare ogni giorno». 

Gli scambi tra sindacato e azienda

Nelle ultime ore precedenti alla mobilitazione c’è stato uno scambio di battute piuttosto ostile tra Usigrai e l’azienda: come da prassi, il sindacato ha confezionato un videocomunicato in cui illustrava le ragioni dello sciopero. I toni si sono fatti via via più accesi nel corso della giornata anche per l’entrata a gamba tesa di Unirai, l’associazione sindacale “di destra” nata anche su spinta dei dirigenti aziendali di rito meloniano e che recentemente ha ricevuto alcune garanzie dalla Rai, anche se non si tratterebbe di un riconoscimento al pari di quello di cui gode Usigrai. 

Unirai ha diffuso diversi appelli ad andare a lavorare: il primo, via mail, era stato recapitato addirittura il primo maggio. Si spiegava che «scioperare non è un obbligo» e che ci sarebbe «il rischio concreto che questa mobilitazione possa essere strumentalizzata dalla politica». Ma la contromobilitazione è continuata nella giornata di domenica, con una nota diffusa dall’associazione. «Chi per sbaglio si ritrova di riposo chieda di cambiare», si legge nella nota. L’obiettivo «sarà quello di offrire, nel corso dell'intera giornata, i tg e i servizi informativi grazie anche al contributo di chi in queste ore sta decidendo liberamente e responsabilmente di lavorare prendendo le distanze da uno sciopero politico proclamato in nome di una falsa emergenza democratica», si legge nella nota.

«Il servizio pubblico va rafforzato con i fatti e non con i proclami tipici di una campagna elettorale. Per questo invitiamo tutti i soggetti interessati ad abbassare i toni del dibattito. Siamo e saremo sempre disponibili al confronto con tutti, anche con chi cerca quotidianamente di delegittimare il nuovo sindacato dei giornalisti Rai».

Anche a livello interno sono circolati messaggi che invitavano i giornalisti a cambiare i propri turni e recarsi a lavoro, c’è chi parla di una rassegna meticolosa, redazione per redazione, di chi fosse aderisse allo sciopero e chi no. Un sabotaggio dello sciopero Usigrai che fa il paio con gli attacchi diretti dell’azienda nei confronti dei giornalisti che oggi incrociano le braccia. 

Le parole dell’azienda

Nel videocomunicato di domenica, oltre al controllo sul proprio lavoro e la censura andata in scena sul monologo per il 25 aprile dello scrittore Antonio Scurati, i giornalisti denunciano condizioni difficili, testate accorpate e colleghi non sostituiti una volta andati in pensione o in maternità. Nessun concorso all’orizzonte per rimpolpare l’organico.  

La Rai da parte sua ha mandato in onda una risposta istituzionale in cui accusava i giornalisti di diffondere «fake news che danneggiano l’immagine dell’azienda» e Usigrai di «scioperare su motivazioni che nulla hanno a che vedere con i diritti dei lavoratori», una decisione che «si inquadra in motivazioni ideologiche e politiche», scrive la Rai. «Alcuna censura o bavaglio è stato messo all’informazione», la replica sul caso Scurati, mentre per quanto riguarda le nuove assunzioni sono state addotti vincoli economici che non ne permetterebbero. 

Un approccio che non è piaciuto al sindacato, che ha diffuso un’ulteriore nota in cui parla di «toni da padroni delle ferriere». 

«Quando non si hanno contenuti, la si butta sull'accusa stantia di fare politica e di far circolare fake news, un’accusa gravissima nei confronti di tutti i giornalisti e le giornaliste della Rai, che punta a screditare un’intera categoria» scrive Usigrai. Il sindacato rilancia anche sull’accusa di censura nei confronti di viale Mazzini: «Su censure e bavagli, basta leggere i giornali italiani e internazionali delle ultime settimane. A proposito, che fine hanno fatto i "provvedimenti drastici" annunciati dall'Ad dopo il caso Scurati?»

Il riferimento è alle promesse di Roberto Sergio che aveva promesso di intervenire se avesse certificato che qualcuno ha sbagliato, salvo poi rimandare la decisione fino a dopo la lettura delle quattro relazioni di dirigenti e giornalisti coinvolti nel caso della censura. L’ad ne dovrebbe parlare durante la sua audizione a in commissione Vigilanza Rai in programma il prossimo mercoledì. 

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