Il suo exploit piacque molto ai media. Era il 21 marzo del 2009, Walter Veltroni si era dimesso da segretario del Pd da un mese dopo il flop della Sardegna, il partito aveva organizzato l’assemblea dei circoli alla città del cinema di Cinecittà, a Roma, in solidarietà con i lavoratori in lotta, e la scelta era caduta sullo studio dove si registrava Amici di Maria De Filippi. Il palco rotante, pensata degli organizzatori, provocava il mal di mare negli spalti e anche peggio negli oratori.

Una ragazza, una segretaria di circolo, svenne, panico in sala. Ma l’imbarazzo viene risolto dai riflessi pronti di Debora Serracchiani che guadagna il centro della pista e pronuncia un intervento tosto. Tredici minuti e la sua vita cambia. Quarantenne, romana trapiantata a Udine, diessina, avvocata, cursus honorum d’ordinanza, da consigliera di circoscrizionale, poi provinciale e in quel momento segretaria del Pd di Udine.  

A Cinecittà pronuncia un’arringa da rottamatrice ante litteram, anche se già in quell’assemblea c’è chi segnala la sua vicinanza a Dario Franceschini, segretario dell’epoca, e che lei sosterrà alle successive primarie. La stampa dà il meglio di sé e ne nota la somiglianza con Audrey Tautou (Il favoloso mondo di Di Amélie). Da lì in avanti la sua è un’irresistibile ascesa. Eurodeputata stravotata, raccoglie 73.910 preferenze, quasi 10 mila in più di Berlusconi. Nel 2013 strappa la sua regione alla destra e ne diventa presidente.

Cinque anni dopo però i consensi vanno in picchiata e neanche si ripresenta. Fa il salto a Roma, approda nel porto sicuro di un posto da deputata. In mezzo ci sono varie Leopolde renziane, quelle con il nome scritto nel cartellino appeso al collo (nel suo caso è Deborah, ma andando avanti gli anni, più compostamente, l’acca viene sbianchettata).

In quella del 2016 si scatena  a favore del referendum costituzionale e bacchetta i compagni di partito – Bersani e D’Alema – che la pensano diversamente. In quella del 2017 ce l’ha ancora con i compagni della Ditta che nel frattempo sono usciti: «Non accettiamo lezioni da sinistra, perché le nostre azioni politiche sono profondamente di sinistra, e se non c’eravamo noi nessuno le avrebbe fatte. Cosa avremmo dovuto fare, di sinistra, se non quello che abbiamo fatto, cioè eliminare il superticket, lottare contro la povertà, pensare agli ultimi?».

Del resto di Renzi è  vicesegretaria sin dal 2014. E poi vicepresidente di Nicola Zingaretti. Ma rimane sempre equivicina a Franceschini, anche quando nel 2019 appoggia la candidatura di Maurizio Martina alla segreteria. Nel 2020 Martina lascia la camera - diventa con un solo balzo vicedirettore della Fao – e  lei resta accanto al nuovo capocorrente Graziano Delrio, presidente dei deputati. Che in questi giorni formalmente non la indica alla successione ma la sostiene con determinazione.

Serracchiani è attenta alle questioni di genere e ai diritti. A metà anni Duemila sostenne il Rototom, frequentatissimo – ed economicamente floridissimo – festival internazionale di reggae che fin lì si svolgeva nella sua regione, a Osoppo, osteggiato da una feroce campagna criminalizzatrice delle destre (che alla fine costrinsero gli organizzatori a emigrare in Spagna). E’ una donna laica: è amica e vicina alla famiglia di Eluana Englaro, la ragazza che dopo un incidente stradale ha vissuto in stato vegetativo per 17 anni, prima che finalmente nel 2009, dopo una lunga e straziante (e incivile) battaglia di carte bollate, ai genitori arriva il sì all'interruzione della nutrizione artificiale. Quel giorno in senato Forza Italia e le destre bloccano i lavori, Gaetano Quagliariello urla «assassini» all’indirizzo dei banchi del Pd.

Al suo esordio scrive un libro con il rutilante senatore Tommaso Cerno («Il coraggio che manca. A un cittadino deluso dalla politica»). Ma da quel suo tonante 2009 diventa progressivamente assai più sorvegliata negli interventi e nelle interviste. Giusto nel 2017 scivola in una frase infelice sugli immigrati stupratori («La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese»), poi la ritira.

Lo scrittore Roberto Saviano la fulmina: «E Matteo Salvini saluta l’ingresso di Debora Serracchiani nella Lega Nord. Spero la candidi lui, perché se la candida ancora il Pd, significa che il Pd è diventato la Lega Nord».

Un giudizio troppo severo, Serracchiani lo ha incassato e ha imparato a riflettere meglio prima di parlare. Ieri alla camera, prima dell’apertura del seggio per la presidenza del gruppo – lei è favoritissima - ha respinto le accuse irruenti e un po’ scombinate della sfidante Marianna Madia (le ha dato della «cooptata mascherata») con parole caute e ben scelte: «Saremo sicuramente vicine dopo il voto di oggi», «la mia candidatura è operativa e lineare». 

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