Un’accelerazione per tornare all’energia nucleare. Un primo voto alla Camera per valutare il rapporto “costi-benefici”, avviando un’indagine conoscitiva, e portare in parlamento uno delle ossessioni del centrodestra: la riapertura delle centrali.

Non è un caso che l’iniziativa sia stata fortemente voluta da Luca Squeri, deputato e responsabile energia di Forza Italia, braccio operativo dei desiderata di Gilberto Pichetto Fratin. Ancora una volta nella giornata di ieri, dopo il consiglio Ue a Bruxelles, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha definito «determinante» lo sviluppo del «nucleare di ultima generazione». E proprio oggi ci sarà, nelle commissioni Ambiente e Attività produttive a Montecitorio, un voto fondamentale con il via libera all’indagine conoscitiva.

La motivazione ufficiale, fornita dalla maggioranza, è la volontà di fronteggiare l’elevato prezzo energetico che l’Italia deve pagare per la mancanza di materie prime. Ma questo è il grimaldello per avviare lo scardinamento di un tema sottoposto a due referendum negli ultimi decenni.

Rotta nucleare

L’approvazione dell’indagine conoscitiva non significa, certo, il ripristino del nucleare. Ma è lo stop per un’operazione che ha finalità ben precise. Squeri è stato chiaro: «Finalmente sarà un confronto scevro da quelle pulsioni ideologiche e quei pregiudizi che per troppi anni hanno condizionato il dibattito sul nucleare». Un modo per ribadire l’approccio ideologico, che nella sua ottica è a favore del nucleare.
La rotta è tracciata, insomma. Secondo la bozza visionata da Domani, infatti, il programma dell’indagine conoscitiva prevede «la valutazione dei possibili sviluppi futuri nel settore del nucleare», addirittura con il «riferimento ai tempi di attuazione, in particolare in relazione allo sviluppo dell’energia da fusione e delle altre tecnologie ancora in fase sperimentale». Insomma, si mette nero su bianco l’intenzione di indicare un road-map per il ritorno al nucleare. Con il tentativo, prima di tutto mediatico, di un vestito diverso, rinnovato. Di ultima generazione.

Per questo un altro degli scopi, presenti nella bozza dei lavori, è «la valutazione del potenziale industriale italiano nel settore nucleare, mantenutosi anche grazie alle sinergie con le attività di realizzazione di centrali nucleari nel mondo». E ancora sarà messa sotto la lente di ingrandimento «la disamina dei costi e dei rischi di approvvigionamento delle tecnologie nucleari e della materia prima fissile e la valutazione dei costi e dei benefici rispetto ad altre fonti energetiche per il sistema industriale nazionale».

Proposta per le centrali

L’indagine conoscitiva dovrà terminare il 15 giugno. I lavori prevedono vari cicli di audizione. Le associazioni e le realtà imprenditoriali porteranno in parlamento le proprie opinioni. La sintesi è facile da individuare: dopo il voto sulla relazione verrà definita il corpus di una proposta di legge da esaminare in tempi rapidi.

«Meloni non punta sulle rinnovabili perché sole e vento sono fonti gratuite e vogliono continuare su un modello energetico che garantisce iper profitti alle lobby energetiche del fossile e del nucleare», dice a Domani il co-portavoce e deputato di Europa Verde, Angelo Bonelli.
Il timing dovrebbe prevedere la stesura del testo entro l’estate con la spinta della maggioranza, nonostante una certa tiepidezza di Fratelli d’Italia. Il leader della Lega, Matteo Salvini, è un altro grande fautore del nucleare: sta cercando di intestarsi la battaglia al posto di Pichetto Fratin. Solo qualche mese fa aveva auspicato la costruzione di una centrale a Milano.
L’operazione nucleare apre un dibattito lacerante nel campo del centrosinistra. I partiti dell’ex Terzo polo hanno una posizione convergente con la destra seppure con sfumature diverse nel concreto della tecnologia da adottare. Il leader di Azione, Carlo Calenda, dà battaglia da anni dell’atomo, definito una fonte di energia «pulita, sicura e sostenibile» fin da quello a disposizione ora. L’ex alleato Matteo Renzi guarda al nucleare come il «futuro».

Il Pd ha confermato l’orientamento di essere favorevole alla ricerca sul nucleare, ma prevale la contrarietà al ritorno alle centrali. E per questo chiederà molte audizioni. «Il nucleare non risolverà né la dipendenza di materie prime né favorirà la competitività delle imprese italiane, considerato i costi stratosferici di questa fonte di energia, i suoi tempi lunghi di realizzazione e la dipendenza da importazione di combustibile nucleare dall’estero», spiega la deputata Eleonora Evi, indipendente iscritta al gruppo di Alleanza verdi-sinistra. E un fatto è chiaro: l’indagine serve ad alimentare la narrazione pro-nucleare.

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