È arrivato anche il triplice fischio del governo per l’èra Gravina alla guida della Federcalcio. Un intervento meditato, non un fallo di reazione nei confronti del presidente della Figc, che secondo quanto risulta a Domani starebbe valutando se ricandidarsi per il 4 novembre, data fissata per l’assemblea federale.

Gravina, parlando con le persone più vicine, avrebbe confidato di considerare qualsiasi ipotesi, compreso lo stop a questa esperienza. Ma non c’è nulla di ufficiale, sono solo riflessioni. Ma con una certezza: ha i numeri per essere rieletto.

Resa e responsabilità

Di sicuro c’è che il ministro dello Sport, Andrea Abodi, ha messo a referto la richiesta di un’assunzione di responsabilità da parte dei vertici del calcio italiano dopo il fallimento agli Europei in Germania. «Quello che mi ha sorpreso è stata la ricerca di responsabilità altrui», ha detto ospite di Rtl commentando l’eliminazione dell’Italia e le successive dichiarazioni di Gravina.

Secondo il ministro «di fronte a una sconfitta, il primo fattore che deve emergere è l’autoanalisi, l’autocritica». Così ha lanciato l’invito a non «guardare alle responsabilità o agli eventuali errori degli altri».

Non una richiesta di dimissioni, visto che la nuova elezione è calendarizzata nei prossimi mesi, ma un velato invito al passo di lato dopo la «resa» (Abodi dixit) contro la Svizzera. La linea tracciata da palazzo Chigi è di evitare invasioni di campo sul futuro del pallone italiano, per scongiurare accuse di aver violato l’autonomia sportiva. D’altra parte è chiara l’intenzione di non restare spettatore inerte.

Fonti governative lasciano trapelare l’auspicio affinché Gravina maturi la decisione di non candidarsi, trovando su questo punto la piena intesa con Claudio Lotito, senatore di Forza Italia e patron della Lazio, e soprattutto collettore delle richieste delle società calcistiche. Insomma, il presidente della Federcalcio è sfiduciato dal governo e dalla maggioranza parlamentare. Lotito in testa.

Partita alla Camera

Del resto, ben prima dell’eliminazione azzurra a Berlino, era cominciata un’altra partita, a Montecitorio, per sfidare proprio Gravina, in quei giorni era al seguito della nazionale di Luciano Spalletti. La lega di serie A ha confezionato un emendamento al decreto Sport, ora in commissione alla Camera, per potenziare il proprio ruolo all’interno della federazione e ha chiesto ad alcuni deputati di depositarlo. La firma in calce al testo è stata quella di Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera di Forza Italia.

Lo stesso partito di Lotito, per molti il vero regista dell’operazione. La proposta prevede che «hanno diritto a un peso elettorale nelle assemblee e a una rappresentanza negli organi direttivi delle federazioni sportive nazionali di riferimento adeguati al contributo economico apportato al sistema sportivo».

Il testo propone, poi, che se nelle federazioni sportive nazionali ci sono «più leghe sportive professionistiche, quella che apporta il maggior contributo in termini di mutualità generale esprime parere vincolante sulle delibere della federazione sportiva nazionale di riferimento che la riguardano». La traduzione è l’aumento vertiginoso del peso specifico dei club più importanti. Da quanto risulta a Domani c’è la pressione della lega di serie A sulla maggioranza per giungere al via libera al testo. Ma l’approvazione acuirebbe il nervosismo tra società sportive, Federcalcio e politica, tanto che dal governo preferirebbero evitare lo strappo.

L’opzione sul campo è quella di accantonare la proposta lasciando che questo tipo di intervento, favorevole ai club di serie A, possa essere previsto in una riforma più ampia e non con lo strumento del singolo emendamento. Abodi, infatti, sta lavorando alle modifiche alla legge Melandri e in quella sede potrebbero essere accolte alcune richieste. Volgendo lo sguardo indietro, prima di tutto l’incrinatura del rapporto tra politica e vertici del calcio si era già materializzata con la battaglia sull’authority statale per il controllo sui conti delle società professionistiche, interessando così calcio e basket.

Gravina si è opposto, rivendicando il funzionamento della Covisoc, agitando lo spettro della violazione dell’autonomia dello sport. Successivamente l’organismo ha cambiato denominazione, adesso è una commissione. Il senso è invariato: i bilanci saranno passati ai raggi X da una struttura esterna.

Per Gravina era stato già un segnale della fine dell’intesa che gli ha garantito di guidare la Federcalcio in questi anni. Il suo stile ha funzionato con i governi Draghi e Conte bis, che per loro natura non avevano una precisa connotazione politica.

I buoni rapporti con Abodi si sono deteriorati su un altro Europeo, quello del 2032 di cui l’Italia sarà co-organizzatore con la Turchia. Il dossier non è stato gestito con lungimiranza e alla fine c’è stata la giocata da fantasista dell’intesa con i turchi per evitare a Roma la figuraccia di non avere i criteri, o meglio stadi, adeguati.

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