Il prossimo 12 marzo a Milano la prima di cinque Agorà sull’omofobia, con Beppe Sala, Elly Schlein, Selvaggia Lucarelli, Enrico Letta. La legge riparte dal basso. Dal 27 aprile il parlamento potrà ricominciare a discuterne. Parla Alessandro Zan, primo firmatario del testo abbattuto: «Dopo il voto per il Colle la destra è divisa, qualcuno si sentirà più libero di votare. Lavoreremo per migliorare il testo, ma la Carta dovrà essere rispettata».

Onorevole Alessandro Zan, e ora? Il prossimo 27 aprile scadranno i sei mesi di “stop” alla sua legge contro l’omotransfobia, dopo la bocciatura del senato, lo scorso 27 ottobre. Ci riproverete, oppure per questa legislatura il discorso è chiuso?

Faccio una premessa. Negli ultimi mesi è emersa tutta l’arretratezza del Paese in tema di diritti e parimenti l’enorme difficoltà di evolvere su questi temi: mi riferisco ovviamente allo stop del ddl Zan e alla bocciatura dei referendum su eutanasia e cannabis. Non spetta di certo alla politica commentare le decisioni della Corte Costituzionale. Ma devo dire che resta il forte rammarico di aver perso anche questa occasione di progresso su temi tanto importanti e tanto sentiti dalle persone, che toccano il dolore e l’intimità di tanti e di tante famiglie. Tuttavia la politica non può in nessun caso scaricare le sue responsabilità sulle decisioni della Corte, né su qualsiasi altro organo della giustizia. Dunque no, non ho gettato la spugna perché è un mio dovere, come politico e legislatore, continuare questa battaglia. Per il Partito Democratico l’approvazione di una legge contro i crimini d’odio resta una priorità.

Dopo l’immagine avvilente dell’esultanza per la bocciatura della legge, ne ha riparlato con qualche collega? Qualcuno ci ha ripensato?

Dopo quell’orribile applauso al Senato che ha fatto il giro del mondo e che ha fatto vergognare l’Italia, probabilmente qualche senatore si è pentito e vergognato di aver votato contro, nascondendosi dietro il voto segreto. Ma oggi siamo in un’altra fase. Il quadro politico, in particolare quello parlamentare, è molto cambiato dopo l’elezione del presidente della Repubblica. Il piano della destra di eleggere una personalità propria come nuovo capo dello Stato, piano che aveva compattato quel fronte contro il ddl Zan, è fallito rovinosamente. Si è aperta una fase nuova, soprattutto in Parlamento. Vogliamo arrivare al 27 aprile, quando scadrà l’embargo del Senato, con le idee chiare e forti di una nuova proposta condivisa, sia nella società civile, sia tra le forze politiche.

La Lega continua a citare la legge Zan come l’antonomasia di un testo invotabile.

Salvini ha una vera ossessione contro il ddl, e mi dispiace per lui. Nei giorni delle elezioni del Colle, in una conferenza stampa, ha ripetuto che siccome eravamo stati «due anni» a discutere della legge Zan potevamo aspettare qualche giorno per trovare un capo dello stato. Ma ripeto, sulla bocciatura della legge c’era un convitato di pietra ed era proprio l’allora futura elezione del Colle. Le destre volevano ricompattarsi, ed hanno fallito. Anzi, il centrodestra ora è diviso.

Diviso, ma sempre contrario.

Al Senato la presidente di Forza Italia Anna Maria Bernini, che è una donna molto sensibile al tema dei diritti, ha usato parole molto dure. Spero che Forza Italia ora torni almeno alla libertà di voto che ha lasciato alla camera, che consentirebbe a molti senatori di sentirsi più liberi di votare secondo coscienza.

La delusione nel movimento lgbt+ si è sentita forte. Si rischia uno scollamento fra paese e parlamento?

Lo scollamento c’è già stato, e le decine di migliaia di persone scese in piazza in tutta Italia dopo l’applauso delle destre lo hanno dimostrato. Dopo la grande stagione dei diritti degli anni 70 questo Paese è rimasto sostanzialmente fermo, in particolare per un immobilismo del Parlamento che si trascina da decenni, non solo in questa legislatura. Intanto la società reale è cambiata, si è evoluta. Il nostro compito di legislatori è riconoscerla e garantire tutele che sono previste dalla Costituzione e che devono essere declinate nell’ordinamento giuridico. Dobbiamo avere la consapevolezza che le battaglie di civiltà non si vincono nelle aule dei tribunali o attraverso decisioni della Corte, ma con la lotta politica, fino alle Camere.

Zan, per la sua legge i numeri in parlamento non ci sono. Ci potrebbero essere i numeri per una legge contro l’omofobia, ma diversa dal ddl Zan?

Proprio per questo stiamo lanciando cinque grandi Agorà in tutta Italia, aperte a chiunque voglia partecipare: vogliamo tradurre quel grande movimento di piazza in una concreta elaborazione politica da portare in Senato, in modo democratico e orizzontale, dal basso, ma avendo sempre ben presente i numeri di questo Parlamento e il percorso fatto finora. La società civile che manifestava dopo il voto in Senato diceva «Non ci arrendiamo: dalle piazze al Parlamento». E proprio questo sarà il nome di questa campagna. La prima Agorà sarà sabato 12 marzo a Milano, e ci saranno tante persone, sia del mondo politico, sia della società civile che hanno sostenuto il ddl Zan e che sono convinte della necessità di una legge contro i crimini d’odio. Come Beppe Sala, Elly Schlein, Selvaggia Lucarelli, Enrico Letta e molti altri. L’obiettivo è coagulare le energie progressiste della società per cercare di cogliere l’ultima opportunità in questa legislatura, per dare al Paese una legge efficace e moderna. Una legge finalmente di respiro europeo.

Il movimento ha investito, in qualche caso forse travolto il Pd?

Non penso che il Pd sia stato né investito, né travolto, anzi. Sono convinto che sia stata apprezzata la nostra volontà di andare fino in fondo in questa battaglia, senza cedere alle sirene di un compromesso che avrebbe di fatto svuotato la legge, rendendola inutile, sia sul piano penale, sia sul piano formativo e culturale. Le giovani generazioni si stanno riavvicinando al Pd anche grazie a questa nostra posizione finalmente chiara e limpida sui diritti. Il segretario Enrico Letta ha il grande merito di non aver mai avuto incertezze su questo.

Ci sono stati mesi di incomunicabilità con alcuni settori del femminismo. Crede che si potrà riallacciare qualche filo spezzato, qualche dialogo?

Le Agorà serviranno anche a questo, a comunicare e a intrecciare rapporti. Come dicevo, sono luoghi di dialogo aperto. Però dobbiamo essere chiari: il movimento femminista italiano ha da sempre e con convinzione sostenuto il ddl Zan, anzi senza quel contributo questa battaglia non sarebbe nemmeno nata. C’è stata, è vero, una frangia minoritaria del femminismo radicale che ha remato contro questa battaglia chiedendo di eliminare dal testo “l’identità di genere”. Ma bisogna essere chiari: in ben due sentenze della Corte Costituzionale viene sancita come diritto inviolabile della persona. Toglierla avrebbe trasformato il testo in una legge incostituzionale e lesiva della dignità delle persone trans.

Resta il punto. Non potrà riproporre il suo testo, né avrebbe senso. Ne proporrà un altro?

Il testo bloccato dal Senato era un punto di equilibrio alto, ottenuto con enorme fatica e già approvato a larga maggioranza dalla Camera. Avremmo potuto accettare piccole modifiche, ma non di certo lo stravolgimento del testo voluto dai sovranisti, soprattutto con il ricatto della tagliola in atto. La destra non voleva in nessun modo una legge e quell’applauso retrogrado e liberatorio lo ha chiaramente dimostrato. In queste settimane valuteremo se l’approccio di qualcuno è cambiato. Intanto noi iniziamo questo grande percorso di partecipazione delle Agorà, che si concluderà nella prima metà di maggio, quando il ddl Zan sarà “riabilitato” e potrà essere nuovamente discusso. Vedremo dove ci porterà e se per quel momento alcune forze politiche, che si dicono europeiste e liberali, saranno pronte a un vero dialogo per approvare finalmente una buona legge.

Rinuncerete a qualcosa, magari alla definizione di identità di genere?

Sulle definizioni si può sempre lavorare per migliorarle. Ma sull’idea di togliere l’identità di genere dal testo, discriminando le persone transgender, non ci troveranno mai d’accordo. Ora, come nello scorso ottobre, non potremmo mai accettare che la dignità di qualcuno venga calpestata proprio da una legge contro le discriminazioni. Sarebbe una crudeltà inaudita. Ma anche una violazione della nostra Carta Costituzionale.

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