La popolazione italiana è passata da 26,3 milioni di persone residenti nel 1861 a 47,5 milioni nel 1961 per poi toccare i 60,8 milioni di persone nel 2014 e scendere a 59 milioni di persone nel 2023. Nel Dopoguerra lamentavamo un eccesso di nascite a fronte di una forte emigrazione degli italiani che andavano a cercare fortuna all’estero.

Oggi lamentiamo un calo demografico che “rischia” di far scomparire gli italiani dal mondo (espressione di Elon Musk) mentre siamo diventati un paese di (mal tollerata) immigrazione. Ma, qual è il numero desiderabile di italiani? Possiamo sempre crescere di numero come fatto nel passato?

Se ci confrontiamo con altri paesi europei di taglia non dissimile dalla nostra, vediamo che l’Italia ha una densità di popolazione pari a 195 persone per kmq, contro le 123 della Francia e le 233 della Germania. Ma è indubbio che l’Italia abbia in proporzione più zone montagnose di Francia e Germania, cosa che ne riduce l’abitabilità.

Non c’è un numero ideale per la popolazione di un paese. Ci sono tendenze connesse con la storia delle società, le loro abitudini, il livello di reddito e il grado di urbanizzazione. Quest’ultimo fattore ha assunto un’importanza sempre maggiore. Le popolazioni urbane tendono ad avere meno figli per ovvi motivi, e poiché il mondo va urbanizzandosi, c’è una generale tendenza alla riduzione della popolazione in molti paesi che è iniziata da quelli più avanzati.

Il fenomeno non è negativo, dato che la popolazione mondiale ha raggiunto gli 8 miliardi di persone e, presumibilmente, arriverà a toccare i 10 miliardi prima di iniziare a calare complessivamente. Poiché abbiamo urgenza di fermare il surriscaldamento del pianeta, un rallentamento spontaneo della crescita della popolazione mondiale e poi un suo calo sono tendenze necessarie, dato che la consistenza della popolazione gioca un ruolo rilevante nel riscaldamento del pianeta per l’uso di energia necessario alla sopravvivenza di tutti.

Il calo delle nascite

Eppure, nel mondo e nel nostro paese si levano alte le grida di chi paventa catastrofi per questo calo delle nascite. Si ritiene che non ci sarà più crescita economica, che le finanze pubbliche saranno devastate dai costi per l’invecchiamento della popolazione, che la riduzione delle classi giovani penalizzerà la produttività e la capacità d’innovazione dei nostri paesi, fino a quanti, più o meno esplicitamente, agitano lo spauracchio della perdita della supremazia etnica nel proprio paese.

È evidente che un cambio di tendenza così marcato impone un cambio di politiche e sarebbe bene avviarlo subito piuttosto che perdere tempo a lamentarsi. Ma non è detto che un paese con una maggiore proporzione di anziani debba essere per forza più oneroso e meno dinamico di un paese con una maggior percentuale di giovani.

Il progresso delle scienze mediche ha già consentito una vecchiaia meno invalidante che nel passato. Le nuove tecnologie digitali sono un supporto enorme per tutti e in particolare per le persone anziane che deriveranno dalle generazioni già avvezze all’uso di queste tecnologie. La stessa intelligenza artificiale potrà dare un contributo significativo alla capacità di lavoro, di innovazione e di conoscenza che può compensare la riduzione dello spirito innovativo dei giovani.

D’altro canto, i giovani di domani, seppure in numero proporzionalmente inferiore, potranno avvalersi di strumentazioni e tecnologie che potenzieranno il loro lavoro. E, se anche la crescita complessiva di un paese fosse inferiore a quella del passato, ciò che conta è la variazione del reddito pro-capite che potrebbe essere anche maggiore del passato.

Politiche che favoriscano la libera scelta di maternità delle donne sono benvenute se contrastano comportamenti non desiderati, ma senza l’assillo a raggiungere risultati d’inversione di tendenza che non sono né possibili né desiderabili. Così come l’aumento della popolazione è stato un fenomeno che ha caratterizzato un periodo della storia dei nostri paesi, il calo demografico sarà caratteristica di un’altra fase storica, fino a che si raggiungerà un nuovo equilibrio e si arresterà o invertirà di tendenza. La politica deve assecondare le libere scelte delle persone piuttosto che contrastarle o indirizzarle verso obiettivi di stampo nazionalistico. 

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