«Non risulta che lo stato italiano – unico soggetto legittimato a interloquire sul tema con l’organizzazione – abbia richiesto al Pam e all’Onu di rinunciare all’immunità per i propri funzionari».

Non usa giri di parole la giudice per l’udienza preliminare di Roma, Marisa Mosetti, che lo scorso 19 giugno ha reso note le motivazioni alla base della sentenza di «non luogo a procedere» pronunciata il 13 febbraio, nei confronti di Rocco Leone e Mansour Rwagaza.

I due dirigenti del Pam (Programma alimentare mondiale) sono accusati di gravi inadempienze nella predisposizione della missione del 22 febbraio 2021 nella quale hanno trovato la morte il nostro ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci, assieme all’autista congolese Mustapha Milambo.

Il gup spiega da una parte che l’accoglienza da parte della procura delle richieste di immunità per Leone e Rwagaza è dovuta «per consuetudine». Ma allo stesso tempo punta il dito sulla inazione del nostro governo, che ha scelto di non costituirsi parte civile e poi non ha mosso un dito per richiedere che i funzionari del Pam non ricorressero all’immunità diplomatica e accettassero di venire giudicati dalla magistratura italiana.

In altre parole, per giusta prassi, arrivati all’ultima udienza, la sentenza non poteva che essere il non luogo a procedere. Se si fosse voluto cambiare il corso degli eventi e portare alla sbarra i due imputati del Pam, serviva un intervento dello stato italiano, unico ente autorizzato a trattare con l’Onu.

Atteggiamento inspiegabile

L’atteggiamento del governo è per molti versi inspiegabile. Non si capisce perché non si sia costituito parte civile in un processo che puntava a stabilire le responsabilità di un duplice omicidio di due cittadini italiani con incarichi di enorme rilevanza, un ambasciatore e la sua scorta personale.

Inoltre resta oscuro il motivo per cui, ben sapendo della richiesta di immunità dei due funzionari del Pam riconosciuti colpevoli anche da un’indagine interna dell’Onu oltre che dalla procura di Roma, non abbia mai provato a far sentire la propria voce presso le Nazioni unite.

Chi si aspettava almeno una presa di posizione da parte dei due alti dirigenti del ministero degli Esteri, Stefano Zanini e Valentina Savastano, chiamati come testi in rappresentanza della Farnesina dal procuratore Sergio Colaiocco, titolare dell’inchiesta, nell’udienza del 24 gennaio scorso per chiarimenti riguardo l’immunità invocata dall’organismo dell’Onu, ha dovuto registrare una sostanziale acquiescenza verso le richieste del Pam.

C’è poi forse l’interrogativo più grande a cui bisognerebbe trovare risposta: è lecito per qualunque dipendente di organismi transnazionali ricorrere all’immunità diplomatica anche quando l’accusa è di enormi responsabilità in un caso di triplice omicidio? Peraltro, sulla base delle accuse che il noto vulcanologo Dario Tedesco ha rivolto ai funzionari Pam sulle pagine di Domani lo scorso 10 marzo (oggetto di discussione in una recente audizione di Salvatore Attanasio alla commissione Diritti umani del Senato, ndr).

C’è addirittura il dubbio che dietro l’atteggiamento sconsiderato di Leone e Rwagaza non ci fossero solo «omesse cautele» comunque gravissime (tra le evidenze più pesanti c’è la falsificazione dei verbali e l’omissione dei nomi di Attanasio e Iacovacci, ciò che ha decretato il mancato utilizzo di scorta e blindati, ndr), ma anche una possibile complicità nell’organizzazione dell’attentato.

«La mia idea», dichiarava Tedesco a Domani, «è che Leone ignorasse che quei due progetti (finanziati da ong italiane e affidati al Pam, ndr) fossero stati “trascurati” e che i fondi fossero stati spesi… Detto in parole crude (Leone) voleva far impaurire l’ambasciatore e farlo tornare indietro o comunque farlo recedere da ulteriori accertamenti».

«Il punto è questo», dice a Domani Salvatore Attanasio, papà di Luca, «questo tipo di istituto può andare al di sopra anche della nostra Costituzione? Io ho assistito a tutte le udienze, c’è sempre stato un vago riferimento alla nostra Carta, qui si parla di pluriomicidi, e per giunta di un ambasciatore e della sua scorta. L’immunità va accettata sempre e comunque? Ma, al di là dell’aspetto giuridico, c’è un elemento ben sottolineato dal gup e che abbiamo sempre denunciato: lo stato non ha mai chiesto la rinuncia all’immunità all’Onu. Ora attendiamo l’appello e speriamo che si faccia un passo ulteriore, lo stato non può più nascondersi. Spero anche in un passo della politica e nell’avvio di una commissione di inchiesta».

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