Vi è un momento nella vita di un immigrato in cui tutto sembra perduto. L’iniziale timore per il nuovo si fa paura di non riuscire a emergere dalla precarietà radicale – avere un lavoro non occasionale, una casa non provvisoria, una vita di relazioni umane.

Quel momento di interregno è il termometro che misura il grado di decenza della società ospitante. Quanto lungo, paludoso e arbitrario è il percorso che porta all’immigrazione certificata e, in prospettiva, alla cittadinanza?

Nessuna norma che definisce la porosità delle frontiere, che seleziona chi respingere e chi accettare, può esimersi dal rispettare alcuni diritti fondamentali, non importa quale sia la maggioranza al governo. Ma i paesi democratici non sono tutti uguali. Tutti prevedono corridoi verso la cittadinanza per coloro che sono ammessi come immigrati residenti. Ed è proprio qui che le strade divergono.

Governare l’interregno

L’Italia ha affrontato il problema con l’obiettivo di bloccare o rendere terribilmente difficile il passaggio da migranti a immigrati regolari (permesso di soggiorno) e poi cittadini.

La normativa è stata studiata in modo che alcuni umani mai possano arrivare (perfino in violazione alle norme del soccorso in mare) e altri restino in un limbo normativo per un tempo indefinito. In questo limbo, gli immigrati attraversano l’inferno, del quale noi cittadini ci rendiamo conto solo quando la loro vicenda diventa un caso di cronaca.

Alcuni paesi riescono a governare con normative funzionali questo interregno, altri no. Il nostro è tra questi ultimi. Le norme che si impongono all’immigrato in cerca di regolarizzare il proprio stato sembra siano tate pensate per lasciare spazi aperti al potere arbitrario.

Gli ostacoli per giungere a uno sportello, per produrre un documento, per fare una richiesta sono tali e tanti da mettere chi subisce questa ordalia in uno stato di fatalismo o di rabbia. Meglio restare irregolari. E vittima di altri soprusi.

La Bossi-Fini

Anche da questo punto di vista, la legislazione italiana nota come Bossi-Fini è una vergogna giuridica ed etica perché rende quel periodo di interregno lunghissimo, per alcuni eterno, e soprattutto lasciato all’arbitrio con implicazioni tragiche per la vita delle persone.

Nel rapporto annuale del 2006, Amnesty International aveva evidenziato le criticità di questa normativa, benché l’Italia aderisca alla Convenzione delle Nazioni unite sui rifugiati.

La legge ha emendato l’esistente legislazione sul diritto di asilo e ha creato un limbo, un interregno nel quale si consumano molte delle tragedie che lamentiamo, l’ultima in ordine di tempo la morte del bracciante Satnam Singh, scaricato dai padroni sul ciglio della strada, come un rifiuto.

La legge Bossi-Fini ha istituito centri di identificazione per la “determinazione” dei richiedenti asilo e quella che doveva essere una procedura veloce si è rivelata un inferno di arbitri. L’accesso alle procedure di asilo che la legge stabilisce viola gli standard previsti dalla normativa internazionale e il principio di non respingimento, un principio che vieta di rimpatriare o espellere forzatamente i richiedenti asilo verso paesi in cui potrebbero essere a rischio di gravi abusi dei diritti umani.

Destra e sinistra

Sulla stessa falsariga le successive integrazioni, come quella a firma del ministro Minniti che prevede la possibilità che molte delle migliaia di migranti e richiedenti asilo giunti in Italia via mare, principalmente dalla Libia, siano respinti indietro. Destra e sinistra hanno collaborato in questa politica, ciascuno proseguendo l’opera lasciata dall’altro. Qui non ci sono stati avversari politici.

A coronamento di questa vergogna normativa vi è il fatto che l’immigrazione irregolare è un affare per tanti italiani, e per i partiti che aspirano al loro voto. L’immigrato irregolare è una condizione normativa che lascia spazio allo sfruttamento dei lavoratori e all’arricchimento veloce dei padroni (abituandoli alla pratica dell’evasione, dell’illegalità, della disonestà).

L’immigrazione irregolare sta insieme alla criminalità, non solo quella degli scafisti. Rende l’intero paese responsabile. La legge Bossi-Fini deve essere superata anche per togliere di mezzo questa vergognosa logica dell’illegalità.

Ma non ci si illuda che questo basterà a cambiare la mentalità diffusa che ha contribuito a creare, e per la quale l’immigrato è un irregolare comunque, con l’implicito assunto che il suo lavoro non può che essere servo. Irregolari e cittadini sono due umanità in relazione gerarchica.

Non è vero che gli immigrati sono invisibili. Sono molto visibili a tutti. E le norme e la mentalità servono a schermarli. Non vogliamo vederli come lavoratori; vogliamo vederli come irregolari, esposti all’interesse di chi irregolare non è. Dalla loro dignità dipende anche la nostra.

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