Si è conclusa anche la quarta udienza della commissione della Camera degli Stati Uniti che sta indagando sull’assalto a Capitol Hill avvenuto lo scorso 6 gennaio 2021 quando centinaia di sostenitori di Donald Trump hanno attaccato le istituzioni americane facendo irruzione dentro il Congresso.

L’udienza si è focalizzata sul ruolo avuto dall’ex presidente Trump nel delegittimare i risultati del voto nelle elezioni del 2020 in cui ha vinto il democratico Joe Biden. La commissione ha presentato prove per dimostrare che Trump ha esercitato pressioni sui funzionari repubblicani negli stati in cui il risultato finale del voto era più incerto, con l’obiettivo di ribaltare la sua sconfitta cercando anche di modificare il risultato di alcuni collegi elettorali.

Secondo quanto scrive il New York Times, che ha seguito i lavori della commissione, c’è stato «un quadro chiaro del diritto coinvolgimento di Trump in un piano per restare al potere». Sono quattro gli elementi più importanti che sono emersi dalla quarta udienza:

  • Trump era direttamente coinvolto nel piano dei “falsi elettori”;
  • alcuni membri del partito repubblicano hanno supportato il piano; 
  • Trump e i suoi alleati non sono riusciti a presentare prove che sia stata commessa una frode elettorale;
  • minacce e violenze sono iniziate ben prima del 6 gennaio.

Il piano di Trump

Secondo la commissione d’inchiesta della Camera, Donald Trump era coinvolto in un piano che aveva l’obiettivo di sostituire gli elettori vinti da Joe Biden negli stati dove il risultato era in bilico come Arizona e Georgia con falsi elettori a suo favore.

L’ex presidente ha chiesto alla presidente del Comitato nazionale repubblicano (Ronna McDaniel) di chiamare uno dei suoi avvocati esterni per ricevere aiuto nel suo piano. Ma l’ufficio legale della Casa Bianca ha detto ad alcuni funzionari dell’amministrazione Trump e al suo avvocato Rudolph Giuliani che il piano non era legale.

Non è chiaro se Trump stesso fosse stato informato, ma nelle scorse audizioni è emerso che l’avvocato contattato dall’ex presidente ha spiegato all’allora presidente che il piano di convincere il vicepresidente Mike Pence a bloccare la certificazione del conteggio del Collegio elettorale non aveva alcuna base legale.

La mancanza di prove sulle frodi elettorali

Uno dei punti principali presentati dalla commissione d’inchiesta è che Trump e il suo entourage erano ben consapevoli che non c’erano prove di frodi elettorali. Una delle testimonianze chiave è quella del repubblicano Rusty Bowers, speaker della Camera dei Rappresentanti dell’Arizona che ha riferito come lo stesso Rudolph Giuliani gli avesse detto: «Abbiamo molte teorie, ma non abbiamo le prove».

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Le minacce

Il piano di Trump e le pressioni esercitate dai suoi collaboratori per cambiare il voto elettorale ha causato minacce e violenze contro diversi funzionari. Shaye Moss, un’addetta alle elezioni della contea di Fulton era stata falsamente accusata dall’avvocato Giuliani di aver commesso frodi elettorali e ha testimoniato di aver ricevuto minacce e insulti razzisti sui suoi account social. 

«Non vado mai al supermercato. Non vado da nessuna parte. Ho preso circa 60 chili. Non faccio più nulla. Non voglio andare da nessuna parte», ha detto Moss che si è licenziata dopo le minacce ricevute.

Lo stesso Bowers, che si è rifiutato di applicare il piano di Trump, ha ricevuto oltre 20mila email e messaggi di violenza.

La prossima udienza

Per giovedì 23 giugno è prevista la prossima audizione della commissione d’inchiesta e sarà incentrata sulle pressioni di Donald Trump nei confronti del dipartimento della Giustizia affinché supportasse le accuse di frodi elettorali. 

Ogni testimonianza contribuisce a delineare cosa è accaduto il 6 gennaio 2021, quando migliaia di manifestanti hanno attaccato le istituzioni democratiche degli Stati Uniti, uno degli eventi più tragici della storia contemporanea americana.

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