«Il Canada ancora una volta è costretto a fare i conti con l’era delle intimidazioni straniere», ha scritto Cambell Clark in un duro editoriale sul Globe and Mail, il più importante giornale canadese ricordando che «è stato uno shock per il Canada quando la Cina ha reagito all’arresto di un dirigente di Huawei a Vancouver imprigionando due turisti canadesi, i due Michael, cinque anni fa, mentre ora arriva un secondo shock che ci mostra che i governi stranieri continuano a entrare in Canada per intimidire».

Esagerazioni giornalistiche? Casi di teorie del complotto? Non proprio. Anche se le forze armate di Ottawa vennero definite da un primo ministro canadese come i “boy scouts nel mondo" da usare nelle operazioni di peacekeeping, nell’epoca dei nuovi stati autoritari quella definizione sembra ormai superata. E ora anche Ottawa alza la voce.

La vicenda

Ma andiamo con ordine e ricostruiamo l’intricata vicenda. Il Canada ha puntato l’indice contro il governo indiano di Narendra Modi accusandolo di essere coinvolto nell'omicidio di un leader sikh canadese di 45 anni, di professione idraulico, vicino a Vancouver lo scorso giugno e ha deciso di espellere il capo dell'intelligence di Nuova Delhi a Ottawa per ritorsione. La comunicazione è giunta dal primo ministro canadese, Justin Trudeau, alla Camera dei Comuni.

«Agenti del governo indiano« sono coinvolti nell'omicidio di Hardeep Singh Nijjar, ha detto Trudeau, che ha ricordato di aver sollevato la questione con il primo ministro indiano, Narendra Modi al vertice del G20 svoltosi a Nuova Delhi, un vertice che vedeva l’Occidente blandire Modi in funzione anti-cinese attenuando nel comunicato finale i toni di accusa a Mosca sul conflitto rispetto alle conclusioni del precedente vertice di Bali. Ma mentre l’Occidente blandiva Modi, Trudeau andava controcorrente e accusava l’India di ingerenza. «Qualsiasi coinvolgimento di un governo straniero nell'uccisione di un cittadino canadese sul suolo canadese è una violazione inaccettabile della nostra sovranità», ha affermato Trudeau in Parlamento, aggiungendo che il Canada farà pressione sull'India affinché cooperi nelle indagini.

Resta alta la tensione tra Nuova Delhi e Ottawa dopo l'uccisione di un attivista sikh, Hardeep Singh Nijjar, avvenuta in Canada il 18 giugno 2023. Il governo del Paese nordamericano, infatti, accusa l'India di essere coinvolta e per questo ha ordinato l'espulsione di un diplomatico indiano. A sua volta un alto funzionario canadese è stato costretto ad abbandonare l'India. "Se si dimostrasse vero, si tratterebbe di una grave violazione della nostra sovranità. Non tollereremo alcuna forma di interferenza straniera", ha detto in conferenza stampa la ministra degli Esteri di Ottawa Mélanie Joly

Mélanie Joly, il ministro degli Esteri canadese, ha annunciato l'espulsione un diplomatico indiano definito "il capo" dell'intelligence indiana in Canada. Immediata la reazione dell'India che poche ore dopo ha annunciato di aver ordinato a un alto diplomatico canadese di lasciare il Paese. La decisione di Nuova Delhi riflette la «crescente preoccupazione per l'interferenza di diplomatici canadesi negli affari interni e per il loro coinvolgimento in attività anti-India», ha dichiarato il ministero degli Affari Esteri indiano in un comunicato. Insomma una crisi diplomatica in piena regola.

Certo è che la controversia arriva a peggiorare rapporti già tesi tra i due Paesi, sia per controversie commerciali sia proprio per la presenza in Canada di una nutrita comunità Sikh - 770mila persone tra le quali alcuni attivisti che chiedono l'indipendenza del Punjab, lo Stato indiano a maggioranza Sikh, e la creazione di un nuovo Stato, il Khalistan. Una richiesta che Nuova Delhi vede come fumo negli occhi.

Nijjar, che l'India aveva dichiarato terrorista ricercato, è stato ucciso il 18 giugno nel Surrey, sobborgo di Vancouver che ospita una comunità sikh. Nijjar propugnava la formazione di uno stato sikh indipendente da ottenere da parti dell'India settentrionale e probabilmente da parte del Pakistan, uno stato separatosi a sua volta dall’India per ragioni religiose all’indomani della indipendenza dalla Gran Bretagna.

Nuova Delhi accusa Ottawa di chiudere un occhio sulle attività dei separatisti sikh e le tensioni tra le due nazioni sono esplose all'inizio di questo mese durante il vertice del G20 a Nuova Delhi. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha espresso «forti preoccupazioni per le continue attività anti-India di elementi estremisti in Canada» durante un incontro con Trudeau.

L'India si è spesso lamentata delle attività della diaspora sikh all'estero, in particolare in Canada, che secondo Nuova Delhi potrebbe rilanciare un movimento separatista sikh. Lo stato indiano del Punjab, che è per il 58 per cento sikh e per il 39 per cento indù, è stato scosso da un violenze separatiste all'inizio degli anni '90, in cui morirono migliaia di persone. Il Canada ha recentemente sospeso i negoziati per un accordo di libero scambio con l'India. Trudeau ha dichiarato che il Canada difenderà sempre «la libertà di espressione, di coscienza e di protesta pacifica».

Il Canada non è nuovo a tensioni di questo tipo con stati asiatici: nel 2018 la direttrice finanziaria del gigante cinese Huawei, Meng Wanzhou, figlia del fondatore, venne arrestata a Vancouver, in Canada, in base a un mandato di arresto emesso dagli Usa.

Dopo due anni Ottawa però dovette liberare la direttrice finanziaria dell'azienda, mentre la Cina faceva lo stesso con due canadesi che aveva arrestato per ritorsione. Ora il Canada torna far sentire la sua voce contro le interferenze straniere.  

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