All’Aja la Corte di giustizia internazionale è chiamata a stabilire se la rappresaglia israeliana su Gaza, in risposta agli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre, costituiscano o meno un caso di genocidio.

Il primo a parlare è stato il ministro della Giustizia sudafricano, Ronald Lamola. «Israele ha oltrepassato il limite e ha violato la convenzione sul genocidio. Ecco perché il Sudafrica ha presentato questo caso», ha detto davanti alla Corte. «Nessun attacco armato al territorio di uno Stato, non importa quanto sia serio, può fornire alcuna giustificazione per violare la Convenzione», ha aggiunto.

Poi la parola è passata a Adila Kassim, uno degli avvocati per il Sudafrica. «Nessuno viene risparmiato. Neanche i neonati. I capi delle Nazioni Unite lo hanno descritto come un cimitero per i bambini», ha detto Adila Hassim. L’avvocato ha ricordato la morte di oltre 23mila persone ma anche le mancate notizie sulla vita di oltre 7mila palestinesi. Il Sudafrica accusa Israele di aver commesso «atti di genocidio» contro la popolazione palestinese nella guerra. 

Il secondo avvocato, Tembeka Ngcukaitobi, ha ricordato che il Sudafrica non ha presentato la mozione da sola. «Quindici relatori speciali delle Nazioni Unite e 21 membri dei gruppi armati delle Nazioni Unite» sostengono che Israele stia commettendo un genocidio. Ngcukaitobi ha richiamato poi l’attenzione sui commenti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che incoraggiava l’esercito a  «ricordare ciò che Amalek vi ha fatto». Il riferimento al passaggio della Bibbia, in cui il re Saul fu comandato di distruggere tutti gli uomini, donne e bambini del popolo amalechita, è stato «tutt’altro che vano» ma è stato usato dal premier per giustificare l’uccisione dei civili a Gaza. Questi commenti, definiti «retorica genocida», sono stati usati anche dai ministri israeliani come Yoav Gallant e Ben Gvir. 

Durante l’udienza è stato ricordato che il Sudafrica ha cercato di contattare il governo israeliano tramite l’ambasciata prima di presentare il caso, ma non ricevendo un responso positivo da Israele. I rappresentati del Sudafrica hanno ribadito che: «Accusare uno Stato di aver commesso atti di genocidio è un atto grave». 

Un altro avvocato del Sudafrica ha discusso del caso in cui la Corte internazionale di giustizia si rifiutasse di concedere misure di emergenza nel caso di genocidio contro Israele. Nel caso in cui la Corte decidesse di non intervenire, «tratterebbe i palestinesi in modo diverso, in quanto meno meritevoli di protezione rispetto ad altri». Per Vusimuzi Madonsela, un rappresentante del Sudafrica, il mancato intervento della Corte comporterebbe conseguenze gravi. Quelle elencate riguardano il pericolo per la popolazione civile a Gaza di subire altri atti di genocidio a Gaza, ma anche un danno alla reputazione del tribunale che «deve esercitare i suoi poteri per un’effettiva attuazione dei diritti previsti dalla Convenzione».

Anche Hamas ha fatto un appello alla Corte tramite Telegram. «Chiediamo di non cedere ai dettami e alle pressioni dell’amministrazione statunitense», ha detto un esponente di Hamas. Il governo dell’Autorità nazionale palestinese si augura che grazie a quest’udienza possa «trionfare la giustizia». Il ministro degli Esteri palestinese ha ringraziato il Sudafrica per il «passo coraggioso», criticando però i paesi e le organizzazioni internazionali che invece stanno portando avanti un atteggiamento complice «con i loro veti e la fornitura di tutti i tipi di armi». 

Intanto fuori dal Palais de la Paix dell’Aja, dove si sta svolgendo l’udienza, una folla di manifestanti si è riunita per protestare sostenendo la causa palestinese. I cartelli mostrano le scritte «Stop al genocidio» e «Boicottiamo Israele». 

EPA

Dopo la chiusura della prima udienza in cui i rappresentati del Sudafrica hanno presentato le loro argomentazioni, si dovrà attendere venerdì per la risposta di Israele. 

Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Lior Haiat, ha definito il Sudafrica «come il braccio legale di Hamas» e gli avvocati «i rappresentanti in tribunale». Anche il leader dell’opposizione, Yair Lapid, si è espresso contro l’accusa di genocidio contro Israele. «Non è Israele ad essere al processo oggi, ma l’integrità della comunità internazionale», ha detto in un video postato su X. 

La causa

La causa è stata intentata a fine dicembre dal Sudafrica, che ha accusato Israele di aver violato la Convenzione sul Genocidio del 1948, la quale obbliga i paesi a non commettere genocidi e a prevenirli e punirli. Davanti l’organo di giustizia internazionale, il Sudafrica ha chiesto di adottare «misure provvisorie» urgenti per tutelare la popolazione civile.

Le accuse sono state immediatamente rispedite al mittente da parte di Israele. Per gli Stati Uniti si tratta di accuse «infondate» che piuttosto devono essere rivolte verso Hamas.

«Israele ha il diritto di difendersi dagli atti terroristici di Hamas - atti che Hamas ha promesso di ripetere ancora e ancora finché Israele non sarà completamente distrutto. Israele sta operando in un ambiente eccezionalmente difficile a Gaza, uno spazio di battaglia urbano in cui Hamas si inserisce e si nasconde intenzionalmente dietro i civili», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matt Miller. Al momento, ad appoggiare la proposta del Sudafrica ci sono stati come la Turchia e il Brasile che accusano Israele di gravi violazioni dei diritti umani.

Visita di Blinken 

Il segretario di Stato americano è arrivato al Cairo, ultima tappa della sua visita in Medio Oriente. L’Egitto continua a svolgere, insieme al Qatar, un ruolo di mediatore della crisi. Lo scopo è incontrare il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, per discutere sulla guerra a Gaza e sugli aiuti umanitari che continuano a mancare. Il 10 gennaio l’Oms è stato costretto, per la sesta volta dall’inizio del conflitto, a rinviare l’invio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza per motivi di sicurezza. 

Durante l’incontro, Blinken ha presentato le due possibilità per risolvere il conflitto nella regione. «Israele con garanzie di sicurezza  e uno stato palestinese, o almeno un percorso per arrivare a quello stato» è la prima. La seconda, invece, prevede continuare la via del terrorismo. Secondo il segretario di Stato, la prima via rappresenta «il miglior modo per isolare e emarginare Iran e i suoi vicini». 

Gli attacchi nel Mar Rosso

Nel frattempo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite è riuscito ad approvare una risoluzione che chiede agli Houthi di porre fine agli attacchi nel Mar Rosso contro le navi mercantili e petroliere e di liberare la Galaxy Leader, la nave della flotta giapponese Nippon Yusen Kaisha, sequestrata l’anno scorso. Un portavoce del gruppo dei ribelli sciiti sostenuti dall’Iran ha definito la risoluzione un «gioco politico» e ha attaccato gli Stati Uniti. Intanto, il leader del gruppo di ribelli, Abdel Malik al Houthi, ha avvertito gli Stati Uniti che qualsiasi azione non rimarrà senza risposta. 

Il conflitto 

Nuovi raid aerei israeliani si sono concentrati nel sud della Striscia uccidendo almeno cinque persone nei pressi di Rafah, mentre sono sette i palestinesi uccisi e 25 quelli rimasti feriti in un attacco israeliano contro una residenza nella città di Khan Younis. 

La polizia israeliana e lo Shin Bet sono riusciti a sventare un tentativo di attacco da parte di alcuni sostenitori dell’Isis a Gerusalemme Est. Due palestinesi sono stati arrestati con l’accusa di «sostenere l’ideologia di Daesh», secondo i media israeliani. 

Sul fronte con il Libano, l’esercito israeliano ha confermato dieci missili, di cui tre intercettati dal sistema di sicurezza israeliano Iron Dome. 

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