Dopo il presidente russo Vladimir Putin, la Corte penale internazionale ha emesso dei mandati di arresto internazionale anche nei confronti di Sergei Shoigu e Valery Gerasimov. I giudici dell’Aja accusano l’ex ministro della Difesa russo – sostituito da Andrei Belousov nel rimpasto di governo dello scorso maggio – e l’attuale capo di stato maggiore di «presunti crimini internazionali commessi almeno dal 10 ottobre 2022 fino almeno al 9 marzo 2023».

Le accuse

La sezione istruttoria della Corte – presieduta dall’italiano Rosario Salvatore Aitala, da poco diventato vicepresidente – ha diffuso un comunicato in cui spiega che Shoigu e Gerasimov, i due vertici delle forze armate russe, sono da ritenere «entrambi responsabili del crimine di guerra di aver diretto attacchi contro obiettivi civili. Vi sono fondati motivi di ritenere – continuano i giudici – che essi abbiano una responsabilità penale individuale per i predetti reati», oltre che per «non aver esercitato un adeguato controllo sulle forze sotto il loro comando». 

Nello specifico, i giudici dell’Aja si riferiscono agli «attacchi missilistici effettuati dalle forze armate russe contro l’infrastruttura elettrica ucraina», tattica che Mosca porta avanti dall’inizio della guerra, con l’obiettivo di fiaccare la resistenza della popolazione e infliggere quanti più danni possibili all’economia ucraina. Secondo i calcoli della Banca mondiale, più della metà delle infrastrutture elettriche di Kiev sono state danneggiate nel periodo a cui si riferiscono i mandati di cattura, nell’inverno tra il 2022 e il 2023.

La Corte penale internazionale – organismo con sede in Olanda e che indaga singoli individui per crimini di guerra o contro l’umanità, a differenza della Corte internazionale di giustizia, che intenta esclusivamente cause contro gli Stati – fin dall’inizio del conflitto in Ucraina ha messo in campo i propri strumenti.

Il 17 marzo del 2023 ha emesso un mandato di cattura per Putin, con l’accusa di «presunti crimini di guerra di deportazione di bambini dai territori ucraini occupati nella Federazione russa». Insieme al presidente russo, un analogo provvedimento è stato disposto nei confronti di Maria Lvova-Belova, commissaria russa per i diritti dell’infanzia.

Cosa succede adesso

La Russia – come l’Ucraina, ma anche gli Stati Uniti o Israele – non riconosce la Corte penale internazionale perché ha scelto di non ratificare mai il suo trattato istitutivo, lo Statuto di Roma. Ciononostante, il mandato di cattura comporta che si venga arrestati qualora ci si rechi in uno dei 124 Stati che riconoscono la Corte, tra cui l’Italia. Questo vale per Putin, e da oggi anche per Shoigu e Gerasimov. E forse anche per Benjamin Netanyahu, che nelle prossime settimane potrebbe ricevere un provvedimento analogo. 

I mandati di arresto della Corte dell’Aja normalmente sono segreti per proteggere i testimoni e salvaguardare le indagini. Tuttavia – si legge nel comunicato – «la Camera ha ritenuto che la conoscenza pubblica dei mandati possa contribuire a prevenire la commissione di ulteriori crimini». Pertanto, si è «ritenuto nell’interesse della giustizia autorizzare la cancelleria a rendere pubblica l’esistenza dei mandati, il nome degli indagati, i reati per i quali i mandati sono emessi e le modalità di responsabilità».

La Corte e il rischio paralisi

Le decisioni delle corti internazionali – compresa quella penale – sono monche se non supportate dall’azione dei singoli Stati e dal loro “monopolio della forza”. La Corte penale internazionale, in questo momento storico, è sotto accusa, soprattutto per le sue posizioni e le sue decisioni sulla guerra in corso a Gaza.

In particolare, in questi giorni il Congresso americano sta discutendo eventuali sanzioni contro i giudici dell’Aja qualora dovesse emettere mandati di cattura nei confronti della leadership israeliana. Con il rischio concreto che il comportamento di Washington non faccia altro che paralizzare l’attività. Anche in Ucraina.

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