Blendecques è un comune del nord della Francia, non lontano da Pas-de-Calais, colpito ai primi di giugno da un’alluvione devastante. Un intero quartiere è stato completamente distrutto, quel che resta delle case dovrà essere abbattuto. Gli abitanti si dichiarano sfollati climatici.

Eppure proprio lì le liste con più clima nel programma hanno preso poche manciate di voti, mentre il Rassemblement National di Marine Le Pen, oggi guidato dal ventottenne Jordan Bardella, ha ottenuto oltre il 50 per cento delle preferenze alle elezioni europee.

Dopo il successo del 9 giugno, il partito si prepara alle elezioni nazionali indette in fretta e furia da Macron per la fine del mese e lo fa brandendo l’ecologia come un’arma. Dopo aver a lungo ignorato, negato o sbeffeggiato la crisi climatica, come molti altri partiti dell’estrema destra in Europa e nel mondo, la tattica del Rassemblement National oggi è completamente cambiata.

Ne fa un suo tema, storpiandolo fino a creare una narrazione fallace ma in grado di andare incontro a quelle classi medio-basse preoccupate giustamente da un potere d’acquisto che si va assottigliando. Come i migranti, il Green Deal diventa un capro espiatorio, accusato (e in parte forse a ragione) di non essersi curato abbastanza di predisporre una transizione socialmente giusta.

C’è un video del 2022 in cui un Jordan Bardella ancora più giovane di ora spiega a una giornalista che il voto per Marine Le Pen è un voto per il clima. Parla dell’urgenza di dimezzare le emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e di non poterlo fare in un sistema economico che «mira a far produrre in Cina da schiavi quello che compreranno dei disoccupati in Francia». Se non del tutto giusto quasi niente sbagliato, avrebbe detto De André. Salvo poi difendere un “localismo” e un “patriottismo economico” semplicistici, false soluzioni basate sull’abolizione degli accordi di libero scambio e un protezionismo senza se e senza ma.

Nei dibattiti di questa campagna elettorale la questione è rimasta molto presente e Bardella, senza mai negarne l’importanza, ha spostato il discorso sull’ingiustizia di far pagare alle classi più vulnerabili la transizione, ribadendo con le altre destre europee l’opposizione al Green Deal. Soprattutto, afferma che i cittadini vanno accompagnati nella transizione, non puniti.

Anche in questo c’è molto di giusto e fa impressione sentirlo così spesso da partiti di estrema destra, quasi che la sinistra si sia fatta rubare le formule. Sotto quelle parole però non c’è niente, o anzi c’è tutto il contrario.

Contraddizioni

Bardella non parla di uscita dal fossile, ma anzi sostiene l’energia nucleare, l’idrogeno, i (costosissimi) impianti di desalinizzazione per affrontare la siccità. Si impegna a imporre una moratoria sulle energie rinnovabili e a smantellare gli impianti già in uso, che Le Pen aveva definito una catastrofe «visiva e ambientale». Promette di far revocare la decisione di porre fine alla vendita di nuovi veicoli a combustione nel 2035, dipingendola come una legge contro “le comunità rurali” che non possono permettersi l’auto elettrica.

In realtà nel 2035 sarà vietato vendere nuove auto a combustione, non usarle. Inoltre, entro allora ci saranno probabilmente auto elettriche utilitarie, a costi accessibili, e spostando gli incentivi dal fossile all’elettrico non saranno troppo più care del motore a scoppio. E anzi: non si dovranno più spendere capitali in carburante e sarà un cambiamento che converrà a tutti.

Il problema sarà piuttosto sostenere i lavoratori colpiti dalle misure del Green Deal. Ma nel suo programma non c’è nulla sulla questione della trasformazione dei posti di lavoro, che invece dovrebbe essere un tema centrale. E proprio Rn si era astenuto in Europa quando c’era da votare il “Fondo per una transizione giusta”, pensato proprio per venire incontro ai lavoratori penalizzati dalla transizione.

Bardella non ha nemmeno proposto alcun tipo di misura per finanziare il sostegno alle famiglie più vulnerabili di fronte ai cambiamenti indotti dalla transizione ecologica. Nel 2022 aveva invece votato contro il Fondo sociale per il clima di 86,7 miliardi di euro.

Ma di cosa ci sia davvero nei programmi se ne accorgono in pochi. La narrazione di Rassembelement National funziona e fa presa senza più dover negare l’emergenza ambientale, riuscendo pure a prendere i voti degli sfollati climatici di Blendecques perché soffia sul fuoco del malcontento sociale. Ed è un fuoco facile da far divampare proprio perché i partiti del centro al governo in Francia e in Europa non se ne sono curati abbastanza, non hanno trovato le parole e le politiche per parlare ai cittadini e coinvolgerli anche dal basso nella transizione e per raccontare i lati positivi della transizione oltre che il legame reale fra emergenza climatica e misure adottate.

Le destre oppongono quella che chiamano un’ecologia “del buon senso” a un’ecologia punitiva. E se anche l’ecologia che hanno in mente di buon senso ne ha ben poco, fa presa proprio perché la narrazione del centro e del centro sinistra è stata spesso, effettivamente, punitiva. Ha allontanato con una retorica austera, dando l’impressione che ci fosse più da perdere che da guadagnare quando in realtà, parafrasando una vignetta di Altan, se in futuro scoprissimo che la crisi climatica non esiste, avremmo comunque costruito un mondo più giusto.

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