Passando davanti al tribunale di West Kowloon, a Hong Kong, si potrebbe credere di star per assistere ad un maxi-processo per terroristi incalliti: ci sono poliziotti in tenuta anti sommossa che tengono al guinzaglio i cani pronti a individuare bombe, camionette, e un camion per far l’esplosione controllata di possibili ordigni.

La stampa è tenuta dietro a barriere metalliche pieghevoli, e chi volesse assistere al processo come membro del pubblico ha dovuto fare la coda da domenica notte, dal momento che solo 70 persone possono ottenere una sorta di biglietto di ingresso. Si tratta invece del processo a Jimmy Lai, iniziato lunedì mattina, dopo più di un anno di ritardo. Jimmy Lai, fondatore del quotidiano pro-democrazia Apple Daily, chiuso dalle autorità nel 2021 dopo un imponente e scioccante raid poliziesco, è una delle figure più note ed importanti ad essere state arrestate dopo le proteste anti-governo del 2019.

La “truffa”

In prigione dal dicembre del 2020, Lai sta già scontando cinque anni di carcere dopo essere stato giudicato colpevole di “truffa” per aver utilizzato l’edificio dove veniva scritto e stampato l’Apple Daily anche per riunioni che non riguardavano il giornale, contrariamente ai termini del contratto di affitto. Il nuovo processo potrebbe costargli l’ergastolo, dal momento che è accusato di aver infranto la nuova Legge sulla sicurezza nazionale che ha interamente trasfigurato Hong Kong, scritta a Pechino e imposta a Hong Kong nel giugno del 2020, per crimini che prevedono le pene più severe.

Dal momento che Hong Kong è attualmente un luogo in cui convivono più codici penali allo stesso tempo, Lai è a processo anche in quanto accusato di aver infranto leggi di epoca coloniale, come la legge contro la sedizione. Lai infatti è accusato di aver cospirato per colludere con forze estere, e di aver preso parte in una cospirazione per pubblicare materiale sedizioso. Oltre a questi capi di accusa, Lai è anche accusato di aver preso parte ad una manifestazione non autorizzata, per essersi recato a commemorare i caduti del 4 giugno 1989 a Pechino, quando il governo cinese inviò i carrarmati a piazza Tiananmen, per mettere fine alle manifestazioni che da quasi due mesi occupavano il centro della città. Lai ha compiuto 76 anni l’8 dicembre scorso, in detenzione, e si prevede che il processo duri 80 giorni.

La scelta del legale

Il ritardo nell’inizio del processo è dovuto al fatto che a Lai non è stato consentito di scegliere il suo legale, dopo che quello da lui indicato, Timohy Owen, non è stato ammesso dalla tribunale speciale sulla Sicurezza nazionale, che non riconosce la legittimità di avvocati inglesi per i processi sulla Sicurezza nazionale, i quali hanno però il diritto di difendere cittadini di Hong Kong che vengono processati per crimini contemplati dal sistema di Common Law, il principale sistema giuridico locale rimasto in vigore dal 1997, anno in cui Hong Kong tornò sotto sovranità cinese dopo 156 anni come colonia britannica.

Lai, che ha conservato il suo passaporto britannico, dunque va a processo senza i suoi legali, davanti a una corte selezionata dal governo, e in assenza di una giuria. Il Ministro degli esteri britannico, David Cameron, ha dichiarato che il processo a Lai va contro gli accordi sino-britannici che governerebbero il passaggio di sovranità di Hong Kong fra i due Paesi, che dovevano restare in vigore per almeno 50 anni, ma che Pechino ha già dichiarato essere “documenti storici” del passato.

L’Apple Daily era, a Hong Kong, uno dei quotidiani più venduti, grazie ad una formula inusuale, che legava gossip e notizie più leggere alle battaglie pro-democrazia e ad analisi ed editoriali più seri. A molte delle manifestazioni per la democrazia che erano una costante della Hong Kong precedente all’imposizione della Legge sulla sicurezza nazionale, si potevano vedere i dimostranti marciare con in mano il paginone centrale del giornale a mo’ di cartello, dato che l’Apple Daily pubblicava sempre slogan ad hoc per le manifestazioni più importanti, o caricature delle figure politiche di Hong Kong o della Cina che bloccavano le aspirazioni democratiche della città.

Del resto, Lai stesso è sempre stato una figura emblematica di Hong Kong: arrivato nella colonia britannica a nuoto dal Guangdong, nel sud della Cina, per sfuggire alle condizioni politiche della Cina, Lai è passato dall’essere un ragazzino senza nulla ad un imprenditore di successo – per quanto inusuale fra gli imprenditori (di Hong Kong e non solo) nel suo essere un critico costante e diretto del partito Comunista Cinese e dei suoi metodi.
Il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno condannato l’arresto e il processo a Lai, chiedendone la scarcerazione, e nelle coda per assistere al processo si notavano diplomatici australiani, britannici e statunitensi – ma non quelli italiani.

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