Bangkok sta negoziando con Hamas il rilascio di alcuni ostaggi. I negoziatori asiatici hanno incontrato i funzionari del gruppo terroristico a Teheran il 26 ottobre e hanno ricevuto la promessa che i 22 thailandesi detenuti a Gaza sarebbero stati rilasciati al «momento giusto», ha detto Areepen Uttarasin ai giornalisti, tra cui l’agenzia France-Presse, mercoledì.

Areepen, che guidava un team di tre persone nominato dal presidente del parlamento thailandese, ha detto di aver tenuto un incontro di due ore con i funzionari di Hamas. Secondo il ministero del Lavoro della Tailandia, circa 30.000 thailandesi lavorano in Israele, soprattutto nel settore agricolo. Trentadue sono stati uccisi e 19 feriti nel conflitto, e più di 7.000 sono stati evacuati con voli speciali di rimpatrio dopo lo scoppio dell’ultima crisi.

Quella thailandese è naturalmente una mediazione molto limitata e settoriale che non rimpiazza quella a tutto campo del Qatar che avrebbe favorito la firma dell’accordo tra Israele ed Egitto per riaprire il valico di Rafah. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, invece, dopo un cauto silenzio tenuto nei primi giorni del conflitto in cui meditava di assumere un ruolo di mediazione simile a quello assunto nella guerra ucraina, si è poi schierato decisamente al fianco di Hamas per cercare di rafforzare la propria posizione all’interno del mondo islamico. Ma così facendo ha affondato le sue aspirazioni di mediatore, lasciando spazio all’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani

Il ruolo del Qatar

Il Qatar, piccolo emirato del Golfo, ospita allo stesso tempo una grande base militare americana e la dirigenza di Hamas a Doha, controlla e spesso dà il via libera alla rete satellitare televisiva Al Jazeera per diffondere le posizioni dei palestinesi, espresse sia dall’autorità nazionale di Ramallah di Abu Mazen sia da Hamas a Gaza. Non solo., Doha ha ospitato il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahianper, due volte in due settimane.

Insomma, paragonato alla cautela della diplomazia europea, paralizzata anche dalle diverse posizioni dei 27 membri Ue, il piccolo emirato è un centro nevralgico di tutti i negoziati in corso nel conflitto tra Israele e Hamas. La Ue, invece, non riesce a formulare neppure una posizione comune su possibili cessate il fuoco umanitari, figurarsi su tregue più durature. Sugli ostaggi a Gaza ogni paese dell’Unione si muove in perfetta autonomia e senza alcun coordinamento da parte di Bruxelles, che peraltro è un buon finanziatore palestinese attraverso la Bei, la Banca europea d’investimento, rafforzando l’immagine di una Ue gigante economico, ma nano politico.

La posizione Usa

Gli Usa hanno una frequentazione consolidata con la diplomazia del Qatar dai tempi del negoziato con i Talebani per l’evacuazione (precipitosa e disastrosa) delle truppe occidentali dall’Afghanistan, dopo 20 anni di permanenza.

Ora però Joe Biden, dopo quella figuraccia a Kabul che ha ricordato la fuga precipitosa da Saigon, e in vista delle elezioni presidenziali, ha deciso di tornare a una politica più assertiva sullo scenario internazionale a cominciare dall’Ucraina prima, e ora in Medio Oriente. Il presidente americano non vuole perdere consensi in stati chiave come il Michigan che ospita una numerosa presenza di arabi americani e ha chiesto una «pausa» nei combattimenti a Gaza per liberare gli ostaggi e consentire di far entrare gli aiuti dal valico egiziano di Rafah.

Le richieste di moderazione non sono nuove, mentre lo è il tono perentorio usato dall’inquilino della Casa Bianca. Secondo Politico, l’amministrazione Biden ritiene che la parabola politica del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sia alla fine e sta discutendo di possibili successori. Un portavoce della Casa Bianca ha negato queste conversazioni, ma senza convincere gli analisti che suggeriscono che Netanyahu sia un ostacolo alle speranze di Biden di porre fine alla crisi israelo-palestinese. Nel frattempo Biden deve ricorrere alla mediazione del Qatar, dopo che la Turchia si è schierata apertamente con Hamas. 

Hamas e Israele, secondo il portale Middle East Eye (MEE) che cita fonti del Qatar, sarebbero stati vicinissimi a un accordo per la liberazione degli ostaggi rapiti dai terroristi lo scorso 7 ottobre in cambio dei prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane, intesa che però sarebbe stato bloccata dalle incursioni militari condotte dall’esercito israeliano a Gaza. «Colpire ospedali, scuole, rifugi e punti in cui i civili cercano riparo costituisce una pericolosa spirale di violenza – si legge in una nota del ministero degli Esteri del Qatar – che ha ripercussioni negative sugli sforzi di mediazione e di de-escalation».

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