Nonostante le pressioni internazionali per evitarlo, ogni giorno che passa sembra avvicinare il momento dell’invasione di Rafah. Lunedì sera il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che è già stata fissata una data per l’attacco, senza specificare quale sia. I media locali hanno poi riportato la notizia del lancio di gare per l’acquisto di 40mila tende, destinate a ospitare quasi 500mila civili, in vista di una possibile evacuazione.

Intanto le trattative sembrano ancora a un punto morto, nonostante la fine del Ramadan e l’inizio mercoledì delle tre giornate di festa per l’Eid al-Fitr. Secondo il Wall street journal, sul tavolo c’è una nuova proposta avanzata dagli Stati Uniti. Prevedrebbe il ritorno di un massimo di 150mila sfollati palestinesi dal sud al nord di Gaza. Il libero accesso al nord è anche una delle condizioni che ha posto Hamas per accettare un qualsiasi accordo.

I mediatori egiziani hanno invece detto che si sta discutendo una proposta di sei settimane di tregua. Coinciderebbe con uno scambio fra 900 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane e il rilascio di 40 ostaggi.

Ma le indiscrezioni riportate dai media sono finora sempre accompagnate dall’indicazione di un certo pessimismo. Generiche fonti di Hamas, citate dalla Dpa (la principale agenzia di stampa tedesca), hanno riferito che i colloqui non stanno andando bene.

La mediazione degli Stati Uniti

Intanto il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha parlato al Congresso, respingendo l’idea che Israele stia compiendo un genocidio contro i palestinesi a Gaza. «Non abbiamo alcuna prova in questo senso», ha detto, rivolgendosi alla commissione per le forze armate. È anche una risposta indiretta alla senatrice democratica Elizabeth Warren, che la scorsa settimana aveva detto che i tribunali internazionali avrebbero dovuto occuparsi del caso.

Austin ha detto anche che una carestia di massa a Gaza avrebbe conseguenze drammatiche, in grado di allungare il conflitto a lungo termine. «Non dovrebbe accadere, dovremmo continuare a fare tutto il possibile per incoraggiare gli israeliani a fornire assistenza umanitaria ai civili», ha detto. Ma, sempre secondo Austin, Israele avrebbe comunque cambiato atteggiamento dopo le dure critiche della scorsa settimana, dopo un attacco aereo che aveva coinvolto i volontari del World Central Kitchen. 

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, durante un incontro a Washington con il ministro degli Esteri inglese, David Cameron, ha detto che Israele ha preso «importanti impegni» per aumentare gli aiuti umanitari a Gaza.

Ma è proprio sull’attacco a Rafah che sembra misurarsi ancora la distanza fra Israele e i suoi alleati. Gli Stati Uniti hanno più volte detto che questa mossa sarebbe un errore. Blinken ha detto che la data annunciata da Netanyahu non è stata condivisa con loro. In una lettera pubblicata da quattro giornali internazionali – Le Monde per la Francia, il Washington Post per gli Stati Uniti, Al-Rai per la Giordania e Al-Ahram per l’Egitto –, il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente egiziano Abdel al-Sisi e il re giordano Abdullah II hanno avvertito che l’invasione di Rafah avrebbe conseguenze pesanti.

Ma Netanyahu non sembra voler fare un passo indietro. Parlando ai soldati e alle reclute nella base di Tel Hashomer, ha detto che sarà completata la distruzione delle brigate di Hamas a Rafah: «Nessuna forza al mondo potrà fermarci. Stanno cercando di farlo, ma non ci riusciranno».

Le minacce dell’Iran

La Turchia ha deciso di applicare sanzioni economiche nei confronti di Israele fino a quando non sarà dichiarato il cessate il fuoco. Lo ha spiegato il ministro dell’economia di Ankara, Ömer Bolat. In particolare, Ankara ha imposto limiti alle esportazioni di numerosi beni verso Israele, compresi prodotti in acciaio, ferro e alluminio.

L’Iran ha invece minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz che divide le sue coste dalla penisola arabica. Il comandante della marina, Alireza Tangsir, ha proposto di formare una coalizione anti Israele, composta dai paesi islamici. «Noi non veniamo colpiti senza reagire», ha detto, «ma non siamo nemmeno frettolosi nella nostra vendetta».

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