Dalle colonne del Daily Beast, la reporter ucraina Julia Davis, fondatrice del Russian Media Monitor, ha riportato lo scambio di idee che ha animato i dibattiti televisivi russi in questi ultimi giorni.

Il principale protagonista è Vladimir Solov’ëv che, nella puntata del suo Talk Show televisivo, ha affermato: la Russia sta combattendo una «continuazione della seconda guerra mondiale» perché la Nato e gli Stati Uniti sottovalutano le possibili conseguenze dell’escalation militare in Ucraina.

Il conduttore ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha ribadito più volte che «questo avrebbe portato alla terza guerra mondiale, ma preferiscono giocare in grande».

Ma il clamore dello scambio di idee nello studio ha raggiunto l’apice quando Margarita Simonjan, caporedattrice di Russia Today e considerata la regina della propaganda russa, risponde: «Io ritengo che secondo quello che sappiamo del nostro leader Vladimir Putin la soluzione più probabile è la terza guerra mondiale. (...) Per me è molto più probabile di ogni altra cosa che finisca tutto in un attacco nucleare».

E Solov’ëv cinicamente ribatte: «Ma noi andremo tutti in Paradiso, loro schiatteranno e basta! Tanto tutti dobbiamo morire».

La Moskva affondata

Non è la prima volta che nella televisione di stato opinionisti, giornalisti e analisti non utilizzano più il termine «operazione militare speciale», sostituendolo con la parola «guerra».

Questo concetto è stato sdoganato dopo l’affondamento dell’ammiraglia Moskva, presentato all’opinione pubblica russa come un atto di guerra della Nato.

E così, ad esempio, il diplomatico Vladimir Avatkov nella trasmissione “60 Minuti” ha sostenuto che «quello che sta succedendo non riguarda l’Ucraina, ma il futuro ordine mondiale, nel quale non c’è spazio per l’egemonia e dove la Russia non può rimanere isolata».

A ciò si aggiunga la considerazione della conduttrice Olga Skabeeva sul vertice Nato nella base di Ramstein, ritenuto «la dimostrazione che questa è davvero la terza guerra mondiale, non più solo un’operazione speciale, con quaranta paesi contro di noi... Hanno dichiarato guerra».

A rendere ancora più scioccanti queste affermazioni, il commento dell’esperto di politica locale, Michail Markelov: «I rappresentanti di quelle quaranta nazioni sono un Hitler collettivo moderno».

Lo schema narrativo è sempre il medesimo: la Russia si deve difendere dagli attacchi degli Stati Uniti e della Nato che non accettano e riconoscono la “grandezza” della Russia. Una narrazione che tende a rafforzare il Cremlino e la figura del presidente Putin, come rilevano diversi sondaggi d’opinione.

L’istituto indipendente Levada Center ha rilevato che «più della metà dei russi (57 per cento) incolpa gli Stati Uniti e i paesi della Nato per le morti e le distruzioni in Ucraina, il 17 per cento l’Ucraina e solo il sette per cento la Russia».

Interessante è il dato di coloro che non approvano le azioni del presidente Putin, ma, ad ogni modo, ritengono che gli Stati Uniti e la Russia siano entrambi responsabili (trenta per cento per ogni paese). Non c’è, invece, una differenza significativa per fasce d’età (oltre il 63 per cento tra gli over 18 e il 75 per cento tra gli over 40) tra coloro che sono sicuri che la Russia vincerà il conflitto.

La minaccia atomica

Al di là dei numeri e del ruolo della comunicazione politica nel plasmare l’opinione della società civile russa, rafforzando sentimenti antiamericani e antioccidentali, non si può escludere con certezza che il presidente russo non deciderà di utilizzare armi estreme per concludere la guerra.

Il Cremlino non perde occasione per dimostrare che dispone di «mezzi finora inutilizzati». È il solito bluff? L’attacco russo a Kiev durante la visita del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e i missili caduti vicino all’ambasciata britannica non lasciano dubbi: Putin non ha intenzione di perdere. Ma è, altresì, vero che storicamente la guerra conviene a molti.

Come ha detto il nostro saggio presidente, Sergio Mattarella: «la pace è frutto della volontà e paziente collaborazione tra i popoli». Ma nell’avvilente dibattito politico e televisivo italiano, la ricerca della pace è considerata mera propaganda filoputiniana.

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