Profughi veri, profughi finti. I primi scapperebbero da una guerra vera, i secondi da guerre finte: «L’Italia ha il dovere di spalancare le porte a chi scappa dalla guerra vera. Ai profughi veri. Spesso si parla di profughi finti e di guerre finte». Queste le parole di Matteo Salvini, dopo l’informativa del premier Mario Draghi sulla crisi ucraina in Senato.

Il leader della Lega da anni porta avanti una battaglia contro i migranti che arrivano dal Mediterraneo e dalla rotta balcanica, persone che – a suo dire – «sbarcano per la sesta volta con il telefonino ultimo modello» e poi vanno alla «stazione termini a spacciare». Per Salvini, non scappano da «niente», «non sono rifugiati», «in Italia i profughi veri arrivano in aereo», «non abbiamo l’esigenza di avere nuovi schiavi» e sarebbe «un chiaro tentativo di sostituzione etnica di popoli».

Ora invece, dallo scoppio della guerra in Ucraina, Salvini e la Lega si stanno occupando dei profughi in prima persona, e «accogliere le migliaia di persone che sono in fuga è un atto d’amore, un dovere morale». L’ex ministro è anche andato in Polonia per incontrare le diverse realtà solidali e aiutare a portare in Italia gli ucraini.

Ma quali sono per Salvini le guerre finte? Da cosa scappa chi arriva in Italia, tenendo conto che la Convenzione di Ginevra del 1951 garantisce lo status di rifugiato a chi teme di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o per le opinioni politiche?

Le guerre “finte”

I principali punti di ingresso dei migranti in Italia sono la via del Mediterraneo centrale e la Rotta balcanica. In base al rapporto del 2020 “Diritto d’asilo” della Fondazione Migrantes e ai dati di Frontex, dalla Rotta balcanica nel 2019 sono passate 15.152 persone provenienti principalmente dall’Afghanistan (5.338) e dalla Siria (4.643).

Il conflitto in Siria è scoppiato nel 2011, con la dura repressione delle manifestazioni pacifiche, sull’onda delle primavere arabe, da parte del regime di Bashar al-Assad. La guerra si è intensificata e, dal 2015, la Russia è intervenuta con aiuti militari a sostegno delle forze governative. L’Onu ha stimato, in un report del 2021, che le persone uccise nel conflitto sono oltre 350mila, una «sottostima». Di questi, 26.727 erano donne e 27.126 bambini. 5,5 milioni i profughi che hanno lasciato il paese e oltre 6 milioni gli sfollati interni. Si sospetta poi che il regime siriano abbia usato armi chimiche contro la popolazione civile almeno in tre attacchi.

La maggior parte dei migranti entrati dalla rotta balcanica nel 2019 erano afghani, e con la crisi di agosto 2021, il ritiro delle truppe occidentali e il ritorno al potere dei Talebani il numero è aumentato. Solo 4.890 cittadini afghani, secondo la Fondazione Migrantes, sono stati trasferiti con il ponte aereo di evacuazione umanitaria. Il conflitto in Afghanistan è iniziato il 7 ottobre del 2001, con la dichiarazione di guerra da parte degli Stati Uniti, in risposta all’attentato dell’11 settembre. Ma il paese è in guerra da oltre 40 anni e, secondo Emergency, si contano un milione e mezzo di morti, centinaia di migliaia di feriti e mutilati e oltre 4 milioni di profughi.

Matteo Salvini, di fronte all’evidenza della crisi provocata dai paesi della Nato aveva detto che l’Italia non poteva permettersi di accogliere migliaia di persone. Salvo poi – isolato dalla maggioranza ma anche da sindaci del suo partito – ripensarci ed essere disposto ad aprire i confini a donne e bambini: «Corridoi umanitari per donne e bambini in pericolo certamente sì. Porte aperte per migliaia di uomini, fra cui potenziali terroristi, assolutamente no».

Dal Mediterraneo centrale invece, secondo i dati dell’Interno mentre Salvini era ministro, il secondo paese di provenienza dopo la Tunisia è l’Eritrea, il terzo il Sudan. Molti i migranti dalla Nigeria e dal Mali. Ad agosto 2018, nel periodo in cui l’ex ministro ritardava lo sbarco dei migranti sulla Diciotti, su questa rotta si contavano almeno 9.132 persone in fuga da conflitti, 3.729 invece quelle in arrivo dalla Tunisia, paese non in guerra. Il Sudan non ha mai vissuto lunghi periodi di pace: dalla metà del secolo scorso alla presa del potere del dittatore Omar al-Bashir nel 1989, i sudanesi hanno vissuto giunte e colpi di stato. Il conflitto tra il nord e il sud del paese – tra il 1983 e il 2003 la fase più sanguinosa – ha portato alla secessione del Sud Sudan nel 2011. Al-Bashir è stato deposto con un golpe militare ad aprile 2019, ma i conflitti interni all’Esercito di liberazione del Sudan, nel 2020, hanno portato a violenze armate e vittime nello stato del Darfur centrale, del Nilo Azzurro e nel Sud Kordofan, e migrazioni di civili.

Il dittatore eritreo Iasias Aferweki è invece al potere dal 1991 e governa con il pugno di ferro, obbligando gli uomini alla leva militare senza limiti di tempo, violando sistematicamente i diritti umani e chi si oppone subisce la tortura o il carcere. Dopo due colpi di stato in meno di un anno, in Mali governa una giunta militare. Prima le regioni del nord e poi anche il centro del paese sono via via passate sotto il controllo dei jihadisti, con attentati, sequestri, rappresaglie nelle zone rurali. E dopo il ritiro della Francia e degli Stati Uniti dal Sahel, presenti per la lotta al terrorismo jihadista, la Russia ha iniziato a inviare armi e istruttori militari, ma secondo Parigi si tratta di mercenari del Wagner.

Minori e rifugiati

«I bimbi sono vita, vanno difesi protetti e accolti, sempre comunque a prescindere da dove partano e da dove arrivano», ha detto Salvini riferendosi ai minori ucraini. Anche tra le persone che hanno attraversato il Mediterraneo, si registra un numero sempre più alto di minori non accompagnati. Nel 2019, in base ai dati Unhcr, sono stati 1.680, 25.846 nel 2016.

«I numeri del ministero dell’Interno dicono che di tutte le domande di protezione internazionale presentate l’anno scorso la maggioranza respinte», ha poi aggiunto Salvini. «C’è altra gente che scappa da altre zone dicendo che scappa dalla guerra a cui il governo italiano tramite le commissioni prefettizie dice no». Ma l’Italia ha registrato numeri al di sotto della media europea, come sottolinea il rapporto della Fondazione Migrantes, sia nel numero di domande d’asilo e sia sugli esiti positivi delle richieste. Nel 2019, in Europa più del 60 per cento delle richieste sono state accolte, mentre in Italia solo il 34 per cento.

Nel periodo della cosiddetta «invasione», durante la crisi dei migranti, dal luglio 2015 al marzo 2016, erano 0,9 milioni le persone arrivate in Europa. Oggi sono invece 2,3 milioni le persone fuggite dall’Ucraina verso i paesi europei in 15 giorni, come fa notare uno studio dell’Ispi. Ma al leader della Lega non importa, i migranti attraversano il Mediterraneo per scappare da guerre finte e non devono essere accolti.

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