Ai paesi colpiti da golpe militari negli ultimi anni in Africa, specie in quella saheliana, si è aggiunto il Niger. Mercoledì 26 luglio un gruppo di ufficiali della Guardia nazionale, dopo essersi ammutinati, ha dichiarato di aver rovesciato il presidente Mohamed Bazoum – democraticamente eletto due anni fa – e annunciato alla televisione di stato di aver messo fine al governo. I militari hanno poi fatto sapere che tutte le istituzioni sono state sospese e che le forze di sicurezza che rispondono ai loro ordini stanno gestendo la situazione.

L’annuncio è arrivato dopo ore di fortissime tensioni. Mercoledì un commando della guardia presidenziale del Niger ha circondato il palazzo presidenziale e trattenuto il presidente. In serata il colonnello maggiore dell’Aeronautica, Amadou Abdramane, seduto a un tavolo davanti ad altri nove ufficiali è apparso in un video in cui, dopo aver annunciato che le frontiere aeree e terrestri erano state chiuse e che era stato imposto il coprifuoco fino alla completa stabilizzazione, ha voluto spiegare così i motivi dell’iniziativa militare: «Questo è il risultato del continuo degrado della situazione della sicurezza e del cattivo governo economico e sociale».

I precedenti

Il colpo di stato nigerino, fa seguito a una lunga serie di putsch che si sono susseguiti a ritmo serrato dal 2020 a oggi. Ha iniziato il Mali, con due golpe nel giro di meno di un anno (agosto 2020 e maggio 2021, ndr). Poi è stata la volta del Ciad che, nell’aprile del 2021, poco dopo l’uccisione del presidente Déby vincitore di contestatissime elezioni, ha fatto registrare una presa violenta del potere a opera di militari e del figlio dello stesso ex presidente, Mahamat Idriss Déby. Quindi è toccato al Burkina Faso, anch’esso vittima di due golpe nel giro di pochissimo tempo, nel gennaio e a settembre 2022.  In mezzo, il golpe in Sudan dell’ottobre del 2021 sfociato nel frattempo, dall’aprile scorso, in guerra aperta.

A differenza di questi colpi di stato, però, specie quelli consumatisi in Mali, Burkina Faso e Ciad, nel caso del Niger, a quanto appare dalla primissime ricostruzioni, il popolo non sembra essere schierato con i golpisti.

Prima dell’annuncio del colonnello Abdramane, come riporta Africanews, centinaia di persone sono scese in strada nella capitale Niamey e hanno scandito «no al colpo di stato» e marciato a sostegno del presidente. Molteplici colpi di arma da fuoco, che sembravano provenire dal palazzo presidenziale, hanno disperso i manifestanti e fatto fuggire le persone terrorizzate dalle raffiche.

Ricco di risorse

Il Niger, uno degli stati più grandi del Sahel, con una popolazione di 27 milioni di abitanti, è ricchissimo di risorse (detiene il 7 per cento dell’uranio che serve al mondo, ndr). Ma soprattutto, in una regione afflitta da violenti conflitti, insurrezioni islamiste, mercenari Wagner e regimi militari instabili, lo stato saheliano ha rappresentato, fino a oggi,  un centro di relativa stabilità, oggetto dell’interesse occidentale come partner economico e di sicurezza e al centro di accordi di contenimento dei flussi migratori subsahariani. 

Il segretario di Stato americano Antony Blinken – che ieri ha chiesto «l’immediato rilascio del presidente» – a marzo si era recato in visita a Niamey. Il capo di stato nigerino Bazoum, ha di recente incontrato Emmanuel Macron a Parigi ed è tra i pochi dell’area ad avere buone relazioni con la Francia e l’occidente in genere (Mali e Burkina Faso hanno espulso gli ambasciatori francesi, il Ciad quello tedesco, ndr).

Sono molti, quindi, i timori che anche questo paese precipiti in una situazione di caos. Nel frattempo, lchi è ora al potere, che si identifica come Consiglio nazionale per la salvaguardia del paese, ha guadagnato anche il favore dell’esercito. In un comunicato Abdou Sidikou Issa, capo di stato maggiore dell’esercito, ha detto che la decisione è stata necessaria per «evitare un confronto mortale tra le varie forze».

Il presidente Bazoum ha dichiarato che «le conquiste faticosamente ottenute» nell'instaurazione della democrazia in Niger saranno protette, mentre il ministro degli Esteri, Hassoumi Massoudou, ha invitato «tutti i democratici e i patrioti» a far fallire questa «pericolosa avventura». Le commissioni dell’Unione africana e della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) hanno descritto gli eventi come un gravissimo attentato al processo politico seguito al primo trasferimento di potere pacifico e democratico del paese dall’indipendenza dalla Francia nel 1960.

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