Blogger e avvocato di ispirazione nazionalista. Così è conosciuto Aleksej Navalny, l’oppositore politico russo più celebre, morto nella colonia penale n. 3 dell'Okrug autonomo di Yamalo-Nenets nel nord della Federazione russa il 16 febbraio. Secondo una prima ricostruzione è morto a causa di un malore all’interno dell’istituto penitenziario. I soccorritori intervenuti sul posto hanno provato a rianimarlo invano. Da tempo i suoi avvocati e la rete di attivisti che lo supportava lanciavano l’allarme sulle sue precarie condizioni di salute. Navalny si trovava in carcere dal gennaio 2021, quando al suo rientro in Russia venne arrestato in aeroporto con l’accusa di frode e corruzione. Da quel momento non è mai uscito dalla prigione e ha accumulato processi e condanne.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto ai giornalisti che non conosce le cause della sua morte e ha annunciato che i servizi penitenziari hanno aperto un’indagine interna per capire cosa sia accaduto.

L’attività politica

Figlio di un ex ufficiale dell’esercito, fin da giovane Aleksej Navalny si è avvicinato al mondo della politica. Dopo anni di militanza all’interno di partiti e movimenti, nel 2005 ha fondato “Sì! Alternativa democratica!” un gruppo di protesta giovanile che lo ha lanciato nel dibattito pubblico nazionale. È stato accusato di avere posizioni nazionaliste e xenofobe, anche per questo non è riuscito a ottenere un grande successo politico, fino a quando non iniziò a entrare e uscire dal carcere per via delle manifestazioni organizzate contro Vladimir Putin e gli oligarchi accusati di corruzione.

Negli anni Navalny e il suo team ha raccolto materiale e svolto inchieste contro gli uomini del Cremlino vicino al presidente russo. Nel 2017 la sua candidatura è stata formalmente esclusa dalle elezioni presidenziali. Un anno più tardi Navalny ha deciso di ripartire con una nuova creatura politica fondando il partito la Russia del futuro.

Perché era in carcere

Il 4 agosto del 2023, il tribunale della città di Mosca lo ha condannato a 19 anni di prigione in una colonia a regime speciale per «estremismo». Nell’ottobre del 2022 la seconda corte di Cassazione della giurisdizione generale russa ha confermato la condanna a 9 anni per reati di frode e oltraggio alla corte.

Lo scorso 11 dicembre gli avvocati di Navalny avevano denunciato la sua scomparsa dalla colonia penale Ik-6 Melekhovo. Per oltre una settimana non avevano ricevuto sue notizie, salvo poi scoprire qualche giorno più tardi che l’oppositore è stato trasferito nella colonia dove è morto il 16 febbraio.

Nel giorno di Natale, Navalny aveva lanciato un messaggio ai suoi sostenitori: «Sono il nuovo Babbo Natale – ha detto scherzando sulla sua barba e sul suo abbigliamento – purtroppo non ci sono le renne, ma pastori tedeschi molto belli». Riguardo al suo trasferimento, aveva detto di essere «molto stanco». Di recente, gli avvocati di Navalny avevano ipotizzato che le autorità carcerarie lo stessero avvelenando lentamente. Nella notte dello scorso 14 aprile, infatti, era stata chiamata un’ambulanza in carcere, perché Navalny aveva avvertito un forte dolore allo stomaco.

L’avvelenamento del 2020

Il 20 agosto del 2020 mentre era in aereo viaggiando da Toms a Mosca, Navalny ha accusato un malore inaspettato. L’aereo è stato costretto a eseguire un atterraggio di emergenza e l’oppositore russo è stato trasferito in un ospedale dove è entrato in terapia intensiva e in uno stato di coma.

Due giorni più tardi, dopo una grande mobilitazione di associazioni e di leader politici internazionali, i medici russi danno l’assenso affinché Navalny venga trasferito in Germania per proseguire le cure. Il 22 agosto 2020 è atterrato a Berlino, dove i dottori hanno confermato l’ipotesi che sia stato avvelenato con il Novichok un agente nervino già utilizzato in passato dai servizi di intelligence russi.

Dopo un anno di ricovero Navalny torna in Russia e lo fa con un obiettivo chiaro: pubblicare la sua più grande inchiesta politico-giornalistica contro Vladimir Putin.

La reggia segreta di Putin

A distanza di poche ore dall’arrivo in Russia dalla Germania, il team dell’oppositore politico ha pubblicato una lunga inchiesta dove sono stati chiamati in causa vari funzionari pubblici e oligarchi a capo delle più importanti aziende del paese (Gazprom, Rostec, Rosneft ecc.). L’inchiesta, suddivisa in capitoli e accompagnata da video, foto e documenti, inizia tracciando il profilo di Vladimir Putin descrivendo la sua ascesa al potere fin da quando era un semplice ufficiale sovietico a Dresda, in Germania dell’est.

Al centro del lavoro c’è quello che Navalny considerava il grande segreto di Putin, una reggia segreta da 17mila metri quadrati situata sulle rive del Mar Nero su un terreno di oltre 7mila ettari, costruita mantenendo assoluta riservatezza. «Scopriremo con chi e come viene finanziato questo lusso. E come in questo momento e negli ultimi 15 anni, viene consegnata la più grande tangente della storia e viene costruito il palazzo più costoso del mondo» si leggeva nel sito palace.navalny.com dove è stato pubblicato il lavoro.

Il lungo articolo si concludeva con un appello a manifestare rivolto a tutti i cittadini russi. Nell’immediato il sito ha contato milioni di visualizzazioni e nei giorni seguenti la pubblicazione dell’inchiesta migliaia di persone sono scese in piazza anche per protestare contro l’arresto di Navalny che una volta atterrato a Mosca, era stato immediatamente portato in carcere. A distanza di tre anni, da quella lunga inchiesta il paese si avvia a una nuova tornata elettorale (che si terrà a marzo) il cui esito sembra già scritto da tempo.

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