Era il 2016 quando il missionario americano Jeffery Woodke è stato rapito nel Niger occidentale da alcuni uomini del gruppo terroristico Jamaat Nusrat al Islam wa al Muslimin (Jnim) affiliato ad al Qaeda.

Dopo strenue trattative condotte dai servizi di intelligence americani e nigerini, Woodke è stato liberato lo scorso marzo. A inizio 2022 un altro cittadino americano è stato rapito da un gruppo terroristico in Burkina Faso e consegnato alla fine dello stesso anno alle autorità nigerine.

Successi ottenuti anche grazie al presidente del Niger Mohammed Bazoum – deposto dai golpisti militari lo scorso 26 luglio – che negli anni ha mantenuto un dialogo con i jihadisti del paese, cercando mediazioni e portando avanti un processo di reintegro verso la vita civile dei soggetti ex radicalizzati.

In questo, Bazoum è stato aiutato dai paesi occidentali: gli Stati Uniti dispongono del contingente più numeroso in Africa (1000 uomini), l’Unione europea ha una sua missione sul territorio così come anche singoli paesi tra cui l’Italia che con Misin dal 2019 ha addestrato oltre 9mila soldati nigerini per attività antiterroristiche.

Il Niger è stato anche il cavallo di Troia che ha permesso a Washington e Bruxelles di avere una sfera di influenza che contrastasse la maggiore presenza della Russia nel Sahel. Ma gli sforzi compiuti nella lotta al terrorismo rischiano di essere vanificati dal golpe militare che sta destabilizzando il paese.

Secondo Boubacar Moussa, un ex combattente jihadista citato dall’Associated press, in Niger i jihadisti hanno festeggiato il golpe che garantisce loro una maggiore libertà di movimento da quando paesi come la Francia hanno sospeso le operazioni militari. Non è un caso se i golpisti dopo aver preso il potere hanno annunciato che la lotta al terrorismo sarà una loro priorità.

C’è però un’incognita su come questa possa essere condotta senza il sostegno militare occidentale.

Le organizzazione terroristiche proliferano in periodi di incertezza e precarietà (che aumenterà man mano che le sanzioni economiche dell’Ecowas colpiranno la popolazione) e approfittano di una retorica anti-establishment contro la classe politica e militare incapace di garantire stabilità. E cosa accadrà in caso di guerra con l’Ecowas? Il golpista Abdourahmane Tchiani sarà in grado di stanziare risorse al fronte e per la lotta al terrorismo?

Sahel ad alta tensione

Secondo l’ultimo rapporto del Global terrorism index realizzato dal think tank Institute of Economics and Peace, negli ultimi sedici anni l’area del Sahel ha registrato un aumento per morti di terrorismo di oltre il 2000 per cento dal 2007 al 2022.

«La maggior parte delle attività terroristiche è confinata nelle regioni di confine, dove le attività governative sono minime», si legge nel rapporto. L’area tri-frontaliera, che comprende il confine del Mali con il Niger e il Burkina Faso, è infatti l’area più colpita dagli attentati.

Nel 2022 il Burkina Faso e il Mali hanno registrato un aumento esponenziale dei decessi per terrorismo rispettivamente del 50 e del 56 per cento (1.135 e 944 vittime). In entrambi gli stati negli ultimi due anni le giunte militari hanno destituito i governi con due colpi di stato.

Gli esperti hanno evidenziato anche uno spostamento dei gruppi jihadisti dal nord della Nigeria verso l’area tri-frontaliera. Nella regione di Gao che confina sia con il Niger che con il Burkina Faso, sono stati registrati 494 morti nel 2022, il triplo rispetto all’anno precedente.

I dati del Niger

Dal 2013, anno in cui si è verificato uno dei primi attentanti in Niger, sono morte 1800 persone per mano della jihad. Nell’ultima classifica sull’incidenza del terrorismo, il Niger si attesta nella decima posizione, migliorando di due categorie rispetto al 2021.

Infatti, lo scorso anno si è registrato il numero di morti più basso dal 2019 (“solo” 198), una diminuzione del 67 per cento rispetto alle 595 vittime registrate nel 2021. Benché spesso sono le forze di sicurezza nazionali a essere obiettivo dei jihadisti, lo scorso anno il 60 per cento delle vittime in Niger erano civili.

Sul territorio sono attive, tra le altre, le principali organizzazioni jihadiste del Sahel (Jnim, Iswa, Boko Haram). Ma una di queste è in espansione. Boko Haram, storicamente attivo in Nigeria e affiliato all’Isis dal 2015, ha infatti aumentato la sua attività. Solo nella regione di Diffa, confinante a sud appunto con la Nigeria, si sono verificati 5 attentati nel 2022.

Il golpe

Gli stati dell’Ecowas stanno discutendo se intervenire o meno con i loro 25mila soldati in Niger. Dopo la minaccia militare del fine settimane si riuniranno domani ad Abuja, in Nigeria, per capire le prossime mosse.

L’Ue e gli Usa puntano sulla diplomazia, lo ha detto ieri anche il Segretario di stato americano Antony Blinken dopo che una delegazione di alti funzionari di Washington non sono stati ricevuti dai golpisti. Non è stata accolta neanche la delegazione dell’Ecowas.

In una nota il ministero degli Esteri nigerino ha scritto: «Il contesto attuale di rabbia e di rivolta delle popolazioni che ha fatto seguito alle sanzioni imposte dall’Ecowas non permette di accogliere la delegazione nominata nella serenità e sicurezza richieste».

© Riproduzione riservata