Sulla strada principale di Kiev, vicino alla fermata metro di Kreschatyk, si può trovare spesso un ex militare in uniforme che protesta contro i «traditori della patria»: oligarchi, membri dei partiti filorussi e altre figure politiche che accusa di essere al soldo del Cremlino.

Di questi personaggi ha ritagliato cartonati a grandezza naturale e li ha esposti sulla strada. Fino a qualche mese fa la sua installazione di protesta occupava buona parte del vasto marciapiede, ma con il tempo è stato costretto a ridurla a dimensioni più gestibili.

L’ultimo cartonato che ha deciso di conservare, il «traditore» per eccellenza, raffigura non uno sgherro al soldo di Putin, ma un ex consigliere del presidente ucraino che un anno fa rivaleggiava in popolarità con Zelensky. 

Il suo nome è Oleksii Arestovych e la scorsa settimana è stato il primo politico ucraino ad annunciare la sua candidatura alle future presidenziali. Il suo programma consiste in immediati negoziati di pace con il Cremlino, ingresso nella Nato e protezione della lingua e della cultura russa. Il suo problema: metà degli ucraini lo detesta.

Psicologo in capo

Ma a quali elezioni intende partecipare Arestovych, se il presidente Zelensky ha assicurato ancora una volta che questo «non è il momento di andare a votare»? Si tratta di una questione delicata: l’anno prossimo scadrà il mandato di Zelensky, ma la legge ucraina vieta le elezioni durante la legge marziale.

Come il resto dell’opposizione, anche Arestovych è convinto che alla fine Zelensky non resisterà alla tentazione di provare a farsi confermare per un secondo mandato mentre l’opinione pubblica è tutta dalla sua parte.

Arestovych, inoltre, ricorda che l’anno prossimo si voterà in Usa, Russia ed Europa. Alleati e nemici dell’Ucraina avrano le loro leadership rinnovate: se Kiev non farà altrettanto rischia una crisi: «La stanchezza per la guerra, la mancanza di prospettive per una vittoria e il rischio di crisi di legittimità, interna ed esterna, porteranno quasi certamente al voto».

In Ucraina è un ragionamento condiviso. Quasi nient’altro di quello che riguarda Arestovych lo è. Per l’intelligencija patriottica di Kiev, l’ex consigliere di Zelensky è un buffone spregiudicato, un maschilista e un pericolo per la sicurezza nazionale.

Per chi guarda i suoi video su YouTube e partecipa ai suoi seminari di auto-aiuto, è uno che ha visto da vicino le stanze del potere e non ha paura di dire le cose come stanno. Lui, sembra godere delle controversie che suscita. «Chi pensate che starà peggio tra me e voi se non mi votate? – ha detto in uno dei suoi video –  Pensate con le vostre stupide teste! In ogni caso io me ne starò su uno yacht nell’oceano a mangiare aragosta!».

Quello su cui tutti concordano, compresi i critici, è che Arestovych ha avuto un ruolo cruciale nei primi mesi della guerra. Nato in Georgia nel 1975 da un padre bielorusso e una madre russa, Arestovych si è formato in Ucraina.

È stato attore, studioso di teologia, militare dell’intelligence e attivista di estrema destra. Mentre collezionava questo bizzarro mosaico di esperienze, Arestovych coltivava un profilo pubblico di astuto comunicatore, un Roger Stone o Alistair Campbell ucraino. Per via di queste credenziali nell’ottobre del 2020 viene assunto dallo staff di Zelensky come portavoce del gruppo incaricato di condurre i negoziati con la Russia.

Dopo l’invasione, viene nominato nella posizione chiave di portavoce del gabinetto di guerra. È il ruolo che lo renderà famoso in tutta l’Ucraina. Il paese è nel caos, sulle città piovono i missili russi, mentre le truppe del Cremlino avanzano in ogni direzione.

Ma nei video che Arestovych pubblica quotidianamente appare tranquillo, ottimista e assicura che la vittoria è questione di giorni. Milioni di ucraini lo vedono e ne escono rassicurati. Arestovych viene soprannominato lo “psicologo in capo”, il terapista di un’intera nazione traumatizzata, celebrato da articoli sulla stampa internazionale.

La caduta

Con un gradimento che inizia a rivaleggiare con quello di Zelensky, Arestovych si monta la testa, dicono i suoi critici, o inizia ad essere scomodo, si giustifica lui. Nell’agosto del 2022 annuncia che si candiderà alle presidenziali se Zelensky non lo farà: obiettivo ambizioso per un portavoce. Di sicuro, con la guerra che prosegue in modo non sempre positivo per l’Ucraina, il suo tono ottimistico comincia non risuonare più con l’opinione pubblica. Lo scorso gennaio, dopo aver incolpato un missile ucraino fuori rotta per un’esplosione nella città di Dnipro, è costretto a dimettersi.

Cacciato dalla plancia di comando, Arestovych è diventato uno dei critici più feroci non solo di Zelensky, ma dello sforzo bellico generale, facendo affermazioni che a molti altri sarebbero già costate una visita dei servizi di intelligence. Il suo chiodo fisso negli ultimi mesi è il fallimento della controffensiva, secondo lui causato dalla decisione di Zelensky di sprecare truppe per cercare di riconquistare Bakhmut. 

Oggi, le possibilità di ottenere una vittoria completa, sostiene, sono inesistenti. «Non riusciamo a riconquistare Tokmak - ha detto in un’intervista – Tornare ai confini del 1991 è impossibile». Per questo è necessario negoziare con la Russia e ottenere garanzie di sicurezza: cedere l’est e la Crimea in cambio dell’ingresso della Nato «sarebbe un ottimo affare», ha ripetuto in più occasioni.

Queste posizioni lo hanno portato in rotta con i nazionalisti che lo accusano di tradimento o addirittura di essere una spia russa. Arestovych è altrettanto critico con quelli che chiama i vishyvatnik, i super patrioti ucraini, battezzati da una crasi della parola usata per definire gli ultra nazionalisti russi, vatnik, e la tradizionale camicia ucraina, la vishyvanka.

Secondo Arestovych, «gli ucraini che odiano tutti i russi indistintamente sono dei deboli e degli stupidi». La Russia, dice, sarà a lungo un vicino dell’Ucraina e quando finirà il regime di Putin bisognerà venire a patti con chi arriverà dopo.

Il populista

Non è una sorpresa che Arestovych sia popolare soprattutto nella parte est e russofona del paese. Ma anche se gode ancora di un gradimento del 20-30 per cento, le vicende dell’ultimo anno hanno seriamente inteccato la sua popolarità. Circa il 70 per cento degli ucraini dice di non fidarsi di lui. Anton Grushestky, direttore dei progetti all’Istituto di sociologia di Kiev, stima che un suo partito potrebbe raccogliere il 3 per cento. 

«Per il momento il messaggio di Arestovych è ancora troppo divergente dal sentimento generale della popolazione, contraria a negoziati con la Russia». Ma Arestovych pensa che il tempo sia dalla sua parte: «Dopo essere sopravvissuti a un altro inverno di bombardamenti il numero di persone che vorrà una guerra all’ultimo sangue scenderà», ha detto in un’intervista.

Nel frattempo, dice che i servizi segreti lo stiano spiando e per questo ha deciso di vivere all’estero. Non ci sono prove di queste accuse, ma Arestovych è effettivamente è indagato per incitazione alla violenza per via di alcune frasi contro le donne pronunciate in uno dei suoi seminari. Un altro problema: Arestovych non ha una macchina politica alle sue spalle.

Che si sappia, non ha oligarchi né grandi finanziatori che lo sostengono, ma solo il modesto think tank di un altro controverso operatore della comunicazione politica, Yuri Romanenko – diventato famoso qualche anno fa dopo aver abbandonato un talk show per non voler parlare ucraino. Una strada in salita per un candidato alla presidenza.

Su alcuni temi, però, Grushestky ammette che Arestovych coglie l’umore della popolazione: ha l’istinto di pancia del populista. Ad esempio sull’adesione all’Europa, che Arestovych raccomanda di fare in modo parziale, mantenendo la capacità di negoziare e, se necessario, ricattando l’Unione, come fanno i polacchi. «In futuro il suo marchio politico potrebbe funzionare. Il suo avvenire è molto aperto».

Dopotutto, la storia recente è piena di personaggi politici controversi che sono riusciti a ribaltare i sondaggi.

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