Dalla quinta rielezione a capo della Federazione russa del marzo scorso, Vladimir Putin ha prodotto diversi avvicendamenti e nuove nomine nell’amministrazione presidenziale e nella compagine del governo. Dal più eclatante caso dell’ex ministro della Difesa, Sergej Šojgu, spostato nella segreteria del Consiglio di Sicurezza, all’insediamento di un economista, Andrej Belousov, alla guida del dicastero militare, non vi è dubbio che il presidente russo abbia avviato una vera e propria circolazione dell’élite al potere che merita di essere analizzata.

Con un decreto presidenziale, Putin ha licenziato 4 vice-ministri della Difesa – Nikolaj Pankov, Ruslan Tsalikov, Tatjana Shevtsova e Pavel Popov – con l’evidente obiettivo di rimuovere tutti coloro che possano essere associati al recente scandalo della corruzione nell’apparato militare. Che si tratti di una mera operazione di facciata, da offrire a un’opinione pubblica molto sensibile al tema della corruzione, incarnata da personaggi come lo stesso Šojgu e l’ex presidente e capo del governo Dmitrij Medvedev, o di un’effettiva necessità per migliorare l’efficienza del processo decisionale in tempi di guerra, il profilo politico e personale delle nuove nomine ci fornisce qualche elemento di riflessione sulle intenzioni del presidente russo.

Vediamone alcune. Nel ruolo di vice-ministri della Difesa sono stati nominati Anna Tsivileva, Leonid Gornin e Pavel Fradkov che non fanno parte della cerchia ristretta del ministro Belousov. La Tsivileva, soprannominata la “nipote di Putin o Putina” (ma è, in realtà, la figlia di un suo primo cugino), è la moglie del ministro dell’Energia ed è stata a capo della fondazione “I difensori della Patria”, che ha raccolto miliardi di rubli per programmi a sostegno dei militari russi che combattono in Ucraina. Attualmente la Tisvileva è sotto regime sanzionatorio da parte dell’Unione europea e del Regno Unito e nel suo nuovo ruolo si occuperà del sistema di welfare a sostegno dei soldati russi.

Gornin ha il compito di supervisionare il sostegno finanziario all’esercito che, secondo l’analista Alexandra Prokopenko, è indicatore del fatto che le spese militari sono «nelle mani dei finanzieri». Più interessante il profilo di Fradkov, perché è il figlio dell’ex capo di governo e capo del servizio di sicurezza estero, Michail Fradkov, e fratello dell’amministratore delegato della seconda banca, Promsvjazbank, del complesso militare-industriale che gestirà i beni e la costruzione di impianti. In sostanza, si tratta di persone che non fanno parte né del giro di Šojgu né della cerchia ristretta del nuovo ministro Belousov, ma “rispondono” principalmente al presidente Putin che, in questo modo, può anche controllare le mosse del ministro della Difesa.

Non solo. Come risulta da un articolo apparso lo scorso 12 giugno sul quotidiano Vedomosti, il presidente russo ha anche creato uno specifico Direttorato del complesso militare-industriale nell’amministrazione presidenziale con a capo l’ex vice-ministro dell’Industria e del Commercio, Viktor Yevtukhov, che affiancherà le iniziative dei vice-ministri.

Coprire le crepe

In questo organigramma non bisogna assolutamente escludere anche le seguenti nomine: Dmitrij Patrušev, vice-ministro del ministero dell’Agricoltura e figlio di Nikolaj Patrušev passato dal consiglio di Sicurezza ad assistente personale di Putin; Aleksej Dyumin, ex governatore della regione di Tula e ora assistente del presidente; le conferme di Anton Vaino a capo dell’amministrazione presidenziale e dei suoi vice Aleksej Gromov, Sergej Kirienko, Dmitrij Kozak.

Si potrebbero aggiungere altri nomi, ma questo quadro è già sufficiente per capire che il presidente Putin, dal 1999 al potere, ha compreso che la guerra in Ucraina ha accelerato un lento ma progressivo processo di indebolimento della struttura di potere del Cremlino che ha minato anche la coesione tra la fazione militare e quella di sicurezza.

Come ben evidenzia Andrej Kalitin in un articolo per The Moscow Times, il “vero vincitore” di questa lotta per il potere nel Cremlino è il Servizio federale per la sicurezza della Federazione, Fsb (Federál'naja služba bezopásnosti), che, da sempre, ha sostenuto l’ascesa politica di Putin. Se nel periodo dell’Unione Sovietica solo il 3 per cento delle posizioni apicali era rappresentato da membri del Comitato per la sicurezza dello Stato, Kgb (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti), dal periodo di Boris Eltisn a quello di Putin si è, infatti, passati da 30 a 70-80 punti percentuali.

Sul fronte della politica interna è stato, così, necessario per Putin, apportare cambiamenti per rafforzarsi politicamente, mandando dei segnali ben precisi alla fazione militare, che nei soli mesi di marzo e aprile ha subito ben 21 arresti per corruzione, e puntando sul binomio apparato di sicurezza/Banca centrale russa, quest’ultima impegnata a controllare un «surriscaldamento dell’economia». Vedremo se anche questa volta Putin, definito dagli analisti come un “manager delle fazioni”, saprà controbilanciare le diverse istanze presenti nel Cremlino, evitando che il predominio di una possa determinare la reazione di una corrente o di una coalizione di gruppi.

Sul fronte della politica estera, Putin ha invece intrapreso questa settimana una serie di viaggi che, partendo dalla Republica di Sacha (Jacuzia) nella Siberia Orientale, a suo avviso «una regione che sarà la priorità della politica russa nel Ventunesimo secolo», lo hanno portato nella Corea del Nord e nel Vietnam. Kim Jong-un si era già recato in Russia su invito di Putin nel settembre del 2023, mentre il presidente russo mancava da Pyongyang dal luglio del 2000, quando incontrò il defunto padre di Kim, Kim Jong-il, due mesi dopo il suo insediamento da presidente.

In un articolo pubblicato sull’organo ufficiale del Partito dei Lavoratori nordcoreano, Putin ha ringraziato Kim Jong-un per il suo concreto sostegno alla guerra in Ucraina e ha affermato che la cooperazione bilaterale sarà portata «a un livello più alto», dimostrando un allineamento sempre più profondo con la Corea del Nord che potrebbe determinare un’insofferenza cinese nel medio-lungo periodo.

Alla base di questi accordi ci sono la consegna di missili balistici a corto raggio dei nordcoreani alla Russia per avere in cambio expertise tecnologico/nucleare e cibo, ma, soprattutto, nelle parole del presidente Putin, c’è la volontà di creare una nuova geometria di sicurezza euroasiatica che tenga conto anche del peso politico della Corea del Nord.

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