Dopo le minacce contro lo speaker Kevin McCarthy, il deputato repubblicano della Florida Matt Gaetz, di stretta osservanza trumpiana, ha deciso di passare ai fatti, presentando una mozione per rendere vacante la carica del presidente della Camera dei rappresentanti, come aveva promesso nei giorni scorsi dopo che sabato era stato raggiunto in extremis un accordo con i democratici per evitare lo shutdown e rifinanziare il funzionamento del governo federale fino al prossimo 17 novembre.

L’iniziativa è stata resa possibile, ironia della sorte, anche dagli accordi presi da McCarthy per conquistare la speakership lo scorso gennaio, processo che ha richiesto un lungo convincimento dei ribelli del Freedom Caucus, raggruppamento composto da 45 deputati molto vicini al presidente Trump.

Una di queste condizioni è stato l’abbassamento del quorum per porre la questione di fiducia nei confronti dello speaker, riducendo il quorum a un solo rappresentante.

Gaetz però era stato uno dei sei che non ha mai votato per McCarthy per tutta una serie di ragioni, tra cui l’antipatia persona, la fedeltà dello speaker a Trump giudicata “non sufficiente” e la necessità di farsi notare come il più estremo dell’assemblea.

Nella palude

Non stupisce dunque che proprio il rappresentante della Florida abbia deciso di lanciarsi in questa impresa dall’esito molto incerto: il regolamento infatti richiede che la questione debba essere discussa nel giro di 48 ore.

Nonostante appaia improbabile che Gaetz possa aver raccolto più di una decina di seguaci nell’impresa (al momento solo il deputato dell’Arizona Eli Crane e la deputata newyorchese Alexandria Ocasio-Cortez, appartenente all’estrema sinistra dei dem, hanno annunciato il loro voto favorevole), l’obiettivo è anche d’immagine.

Sembra probabile che McCarthy possa vincere, dato che la stragrande maggioranza democratici sembrano poco propensi a sostenere una mozione proposta da un seguace fanatico dell’ex presidente, che potrebbe portare alla rielezione di un McCarthy ancora più debole ed esposto ai capricci di un manipolo di estremisti.

A quel punto però scatterebbe una nuova versione per Gaetz da dare in pasto ai media: lo speaker McCarthy governa solo perché ha il consenso dei democratici. Quindi è un purissimo rappresentante di quella “swamp”, la palude di Washington, su cui Trump si è scagliato più volte.

Lo scenario

In realtà non è necessario che i dem votino a favore: i regolamenti dell’assemblea consentono anche l’astensione, che equivale a una dichiarazione di voto dove si dice soltanto “presente”.

In questo modo si abbasserebbe il quorum necessario a McCarthy per sopravvivere. C’è un’incognita però: la possibilità che i dem guidati dal leader Hakeem Jeffries si facciano tentare dall’opzione di eleggere uno speaker più moderato come il deputato repubblicano del Nebraska Don Bacon con cui intavolare una discussione più rilassata dei temi di governo fino al 2024 compreso.

Ipotesi che però non viene confermata, anzi, anche alcuni progressisti come il deputato del Tennessee Steve Cohen appaiono poco propensi ad affossare lo speaker a pochi giorni dal nuovo patto fatto con la Casa Bianca per rifinanziare il governo.

I precedenti

E i precedenti sono dalla parte di McCarthy, dato che una mozione del genere è stata presentata solo due volte: di recente nel 2015 da parte dell’allora deputato del North Carolina Mark Meadows, futuro capo di gabinetto dell’amministrazione Trump, nei confronti dello speaker John Boehner, che però si dimise in anticipo proprio per evitare che la mozione venisse ufficialmente discussa.

E nel 1910 da parte dell’allora speaker Joe Cannon, un repubblicano conservatore che in questo modo voleva rafforzare la sua autorità sull’assemblea e limitare le abilità di manovra di un’ala favorevole a implementare le riforme progressiste proposte dall’ex presidente Theodore Roosevelt.

Cannon vinse la scommessa: parte dei rooseveltiani non volle rischiare di avere un presidente dell’assemblea appartenente ai democratici. Stavolta questo rischio appare remoto anche perché c’è poco tempo per rinegoziare un budget che basti al governo federale un anno intero, dato che i fondi approvati nel fine settimana coprono soltanto per un mese e mezzo scarso.

E qualora i repubblicani fossero più influenzati dai desiderata di Gaetz, e di conseguenza di Trump, il cui consiglio è molto ascoltato dal deputato della Florida, i negoziati sarebbero già in salita, dato che l’ex presidente a fine 2018 non si fece problemi a usare lo shutdown come strumento per forzare la mano dei dem.

Il destino di McCarthy comunque appare segnato: difficilmente verrà riconfermato quale leader del suo gruppo, nell’ipotesi che i dem riconquistino la maggioranza nel 2024: possibilità assai concreta data la sostanziale compattezza che hanno tenuto negli ultimi mesi nei confronti di un partito repubblicano che invece sembra irrimediabilmente lacerato tra trumpisti e istituzionalisti.

Qualora fossero i primi a prevalere, il vice di McCarthy Steve Scalise, attualmente convalescente per curare un cancro, sarebbe il prescelto, in quanto esplicitamente fedele all’ex presidente.

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