Secondo il politologo, l’eventualità di una vittoria di Trump può accelerare un negoziato diretto con la Russia. Mentre si parlerà di fermare le ostilità, per Kiev è fuori discussione l’idea di rinunciare ai territori occupati
«Non credo alla possibilità di un comprensivo trattato di pace tra Russia e Ucraina, ma potremmo arrivare a un cessate il fuoco lungo tutta la linea del fronte».
Volodymyr Fesenko è uno scienziato politico, direttore del centro Penta di Kiev e ascoltato opinionista nella televisione e nei corridoi del potere ucraini. Secondo lui è su questo delicato crinale, pace-cessate il fuoco, che si giocano le possibilità di mettere la parola fine, almeno temporaneamente, al conflitto in Ucraina.
Fesenko ha parlato con Domani mentre l’ipotesi di tornare a un negoziato diretto tra Ucraina e Russia ha ripreso improvvisamente vita nelle ultime settimane. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto di essere pronto a parlare direttamente con le controparti russe, mentre i sondaggi indicano un numero sempre più alto di ucraini disposti a trattare. Ma le posizioni dei due paesi sono ancora lontane e qualsiasi tentativo di ridurre l’intensità del conflitto richiederà un attento lavoro diplomatico.
Professor Fesenko, le trattative tra Ucraina e Russia sono davvero divenute una realtà più probabile nelle ultime settimane oppure è soltanto un effetto ottico?
Sì, le possibilità di negoziati sono aumentate significativamente. Se Trump sarà eletto presidente probabilmente darà il via a trattative per mettere fine alla guerra in Ucraina. Ma affinché i negoziati abbiano luogo, Putin deve abbandonare le sue richieste massimaliste. L’Ucraina non negozierà nei termini russi. Le trattative potranno iniziare solo se entrambe le parti non metteranno precondizioni al loro inizio. Secondo la mia opinione, l’inizio dei negoziati sarà anche favorito da una stabilizzazione della situazione militare sul fronte ucraino.
Circa il 20 per cento del territorio ucraino è al momento occupato e il governo di Kiev ha fatto del ritorno ai confini del 1991 il suo obiettivo fondamentale. Senza ottenere la liberazione dei territori occupati, almeno quelli conquistati dalla Russia dopo il 24 febbraio, come potrà l’Ucraina celebrare i negoziati come una vittoria?
Se valutiamo la situazione politico-militare e le prospettive di un negoziato di pace attraverso il filtro di una vittoria o di una sconfitta di Ucraina o Russia, allora non avremo affatto negoziati di pace. Su molte questioni fondamentali – prima tra tutte lo stato del territori ucraini occupati e annessi dalla Russia – un compromesso è impossibile e non ci saranno accordi. Anche la richiesta russa di una demilitarizzazione dell’Ucraina (con la riduzione a una frazione delle sue attuali forze armate) è del tutto inaccettabile per Kiev. Non credo quindi alla possibilità di un comprensivo trattato di pace tra Russia e Ucraina.
Senza una soluzione alle questione territoriali, cosa potrebbero produrre concretamente questi negoziati?
Si potrebbe arrivare a un completo cessate il fuoco lungo la linea del fronte, un cessate il fuoco che produca la fine delle ostilità anche nei cieli ucraini e sul Mar Nero. Si potrebbe ottenere un completo scambio di prigionieri secondo il principio “tutti in cambio di tutti” e si potrebbero raggiungere altri accordi su questioni procedurali. Alla fine il risultato sarà che non ci saranno né una sconfitta né una vittoria, né per l’Ucraina né per la Russia. Sarà più un pareggio.
E i confini del 1991?
La restituzione di tutti i territori occupati dalla Russia, cioè il famoso ritorno all’integrità territoriale dell’Ucraina secondo i confini del 1991, rimarrà l’obiettivo strategico a lungo termine di Kiev. Ma l’implementazione di questo obiettivo sarà possibile solo quando si presenteranno opportunità favorevoli per raggiungerlo. Un possibile cessate il fuoco, infatti, non significa assolutamente che l’Ucraina riconoscerà lo status dei territori occupati, lasciandoli in mano russa. Kiev insisterà nel considerare queste aree come suolo nazionale ucraino, in accordo con le leggi internazionali.
Per la leadership di Kiev e per molti ucraini il requisito fondamentale per i negoziati è che includano meccanismi per evitare che questa invasione possa ripetersi nei prossimi anni. Che forma potrebbero avere queste “garanzie” di sicurezza militare?
La principale garanzia dell’Ucraina sarà un esercito forte e pronto al combattimento, in grado di contenere un’aggressione russa, come sta già facendo da oltre due anni. Una seconda garanzia sarà il continuo sostegno militare ed economico fornito dai nostri partner internazionali.
Per assicurarsi questo sostegno anche in futuro, l’Ucraina ha firmato accordi di cooperazione militare ed economica con numerosi dei nostri alleati. Fino ad oggi, oltre venti nazioni hanno firmato accordi di questo tipo, compresa l’Unione europea, tutti i paesi membri del G7, inclusa l’Italia. Secondo molti esperti e politici, anche in occidente, entrare a far parte della Nato rappresenterebbe la principale garanzia di sicurezza per l’Ucraina. La Russia, come tutti gli altri paesi del mondo, non ha mai attaccato un paese Nato.
Il problema è che l’entrata nella Nato non appare non solo immediata, ma neanche nell’agenda a medio termine degli stati membri dell’alleanza. Le altre garanzie di cui si è dotata l’Ucraina saranno sufficienti?
Ovviamente, in natura non esistono garanzie assolute e completamente a prova di rischio. La storia ci fornisce numerosi esempi di paesi neutrali che sono stati attaccati e di alleanze e accordi di mutuo soccorso militare in caso di attacco che al momento del bisogno non sono stati messi in pratica. Ma se parliamo della Russia di Putin, sappiamo che il regime attacca soltanto le nazioni che considera deboli. Questo è ciò che è accaduto con l’attacco in Georgia del 2008, con l’annessione della Crimea e l’inizio della guerra in Donbass nel 2014.
Il 24 febbraio 2022, Putin ha lanciato la sua invasione su larga scala dell’Ucraina perché la riteneva una nazione debole, incapace di resistergli. Era altrettanto convinto che l’occidente non avrebbe fornito un significativo supporto all’Ucraina, come aveva mancato di fare già nel 2014. Ma i suoi assunti erano tutti sbagliati. Se Putin capirà che in caso di un nuovo e futuro attacco all’Ucraina riceverà una risposta risoluta sul campo di battaglia e se allo stesso tempo sarà chiaro che l’occidente continuerà a sostenere l’Ucraina come sta facendo oggi, allora è improbabile che si decida a lanciare una nuova invasione dell’Ucraina.
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