Il sole splende sul pratone di Pontida prima del raduno annuale del partito. Splende nonostante le nubi all’orizzonte non promettano nulla di buono per il partito di Matteo Salvini. I sondaggi preoccupanti, i sospetti sui finanziamenti da Mosca, le fratture interne, la guerra per la leadership a destra con Giorgia Meloni. E ancora: i recenti scandali sui soldi e i candidati scelti nonostante condanne e indagini.

Non sarà una Pontida come le altre. Ma questo poco interessa agli operai e ai militanti che si muovono lungo il prato di Pontida per allestire il palco, i gazebo e tutto l’armamentario necessario per il giorno atteso da tre anni.

A sovraintendere i lavori troviamo Christian Invernizzi, parlamentare, leghista bergamasco della prima ora, e commissario del partito in provincia. «È impensabile un oceano di gente come nel 2019, quell’edizione è irripetibile con 75mila presenze secondo la questura», dice mentre risponde alle domande di alcuni cronisti sul posto. Quanta gente si aspetta? «20mila sarebbe un successo, la pandemia ha cambiato tutto», aggiunge.

Matteo accerchiato

L’ultimo raduno risale al 2019. Poi lo stop forzato causa pandemia e forse anche la poca voglia di Salvini di confrontarsi con il popolo della Lega, mai come ora diviso tra nord e sud. Una lacerazione profonda, specchio del movimento guidato da Salvini, tormentato da un paio di anni da un conflitto interno e strisciante che contrappone i colonnelli della vecchia guardia fedeli alla Lega nord ai nuovi apostoli del messia del sovranismo italiano, ideologo di un partito radicato da Palermo a Varese.

Per Salvini questa 34esima edizione potrebbe essere l’ultima da leader. Le elezioni sono decisive per lui. I sondaggi danno la Lega in netto calo rispetto ai successi dell’era 2018-2019. Il problema per molti leghisti lombardi, veneti e piemontesi, è che Salvini ha abbandonato le istanze federaliste, e quindi la difesa delle imprese e industrie del nord, preferendo l’ambizione personale con la creazione di un partito nazionale e sovranista, il cui successo è però durato un paio di anni.

A questo malessere Salvini ha risposto con i commissariamenti delle leghe provinciali, piazzando suoi fedelissimi al posto di militanti della vecchia guardia. Così tra i delusi c’è chi ha cercato un’altra casa o semplicemente ha individuato in altri autorevoli leghisti figure sulle quali contare per il futuro. Luca Zaia e Massimiliano Fedriga sono così diventati i due presidenti di regione leghisti papabili successori di Matteo.

Nessuno dei due governatori vuole esporsi, fatta eccezione per qualche dichiarazione palesemente in contrasto con la linea della Lega sovranista. Sono loro due gli ultimi paladini dell’autonomia, gli unici che possono salvare Salvini dalla più eclatante delle sconfitte: se con il voto del 25 settembre Fratelli d’Italia avrà preso più voti della Lega in Veneto, Lombardia o in Friuli, Salvini dovrà ammettere che la sua epoca da segretario è terminata.

Cabaret a Pontida

A Pontida c’è chi scommette su un paio di battute del leader sulle «fake news» americane e i finanziamenti russi alla Lega. Un po’ di cabaret, come è solito fare il segretario, molto abile a non rispondere alle domande mirate su questioni concrete.

E infatti per mettere le mani avanti l’ufficio stampa, nella nota inviata ai giornalisti per l’accredito nell’area stampa di Pontida, specifica: «Visto il grande afflusso non sarà possibile intervistare singolarmente il segretario». Questa marea umana ci sarà? Dal Veneto, dove monta la rivolta e il 25 potrebbe essere decisivo per il futuro di Salvini, i bus in partenza sono inferiori a quelli partiti nel 2019 per Pontida.

Secondo alcuni leghisti locali si è passati dai 100 annunciati all’epoca ai 40 di quest’anno. Non tutti completamenti pieni. Eppure, come abbiamo verificato, il viaggio è gratis. Paga il partito. «È gratuito e c’è ancora posto, certo», dice l’organizzatrice dei bus da Erba, Lombardia. Neppure qui le cose si mettono meglio per il Capitano.  

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