Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà per una settimana le interviste ad alcuni protagonisti del festival Trame, primo evento culturale dedicato ai libri sulle mafie, alla sua tredicesima edizione


Marco Gambino, attore, doppiatore e produttore palermitano residente a Londra, ormai da una decina d’anni lavora anche con Attilio Bolzoni. A teatro ha portato uno spettacolo, diventato poi monologo, tratto da “Parole d’onore”, (Bur edizioni, 2008), un libro che racconta storie e aneddoti dei boss di Cosa Nostra. Tra la voce di Gambino e la scrittura di Bolzoni è nata un’alchimia particolare, una collaborazione che a Trame Festival propone un nuovo spettacolo, tratto dall’ultimo libro di Bolzoni, “Controvento. Racconti di frontiera” (Zolfo editore, 2023).

Marco, come nasce l’idea di portare a teatro racconti di mafia e di antimafia?

È stato proprio il libro di Attilio, “Parole d’onore”, che mi è capitato tra le mani un giorno del 2008 e di cui mi sono appassionato, a farmi capire che avevo fra le mani un mezzo grazie al quale il mestiere che avevo scelto di fare poteva acquistare un’ulteriore valenza, e cioè raccontare a voce alta quelle storie di mafia e quindi di antimafia (perché raccontare di mafia vuol dire fare antimafia), dove il palcoscenico - e non intendo soltanto il classico teatro, ma anche scuole, università, carceri, ospedali - poteva essere la piattaforma ideale per raccontare certe storie, magari già conosciute perché lette o sentite, aggiungendo quella forza speciale che ha soltanto il teatro. Tutto nasce da Attilio della cui scrittura mi sono innamorato. Oggi portiamo in scena l’ultimo libro, “Controvento” dove ancora una volta protagonista è la sua parola essenziale e ricercata, i suoi racconti che sembrano scritti per essere “recitati”. Questo non succede spesso.

Quanto è difficile rappresentare a teatro quello che c'è dietro un racconto?

Diciamo che è un gioco di attori, di attori che amano la parola. Come ho detto prima, tutto parte dalla scrittura di Attilio che è semplice ed efficace. Con gli anni ho acquisito una certa dimestichezza con il suo modo di raccontare …sono dodici anni che camminiamo insieme.

C’è un altra cosa che con Attilio condividiamo in pieno: l’essenzialità della messa in scena. Siamo sempre stati d'accordo sulla suggestione che ha un palcoscenico vuoto. “Parole d’onore”, ad esempio, è arrivato ad essere un monologo, prima con la musica e qualche immagine, poi addirittura senza musica e senza immagini. È un po’ la prova del nostro successo. Non c’è bisogno di soprammobili o ammennicoli. Sta tutto lì, nella parola a voce alta, nella sua essenzialità.

Hai voglia di raccontarci un aneddoto che riguarda te ed Attilio?

Uno dei primi, che mi è stato utilissimo per conoscere meglio Attilio - un carrarmato che non si ferma mai e va avanti per la sua strada - è accaduto per il debutto del nostro spettacolo ad Edimburgo.

Lo spettacolo nella versione in inglese, diretto dalla nostra adorata Manuela Ruggiero debuttava in una forma colorata e ridondante. Ogni pomeriggio alle ore 16:00 - e tieni presente che si iniziava alle 16:15 - arrivava puntuale la telefonata di Attilio quando stavo letteralmente per andare in scena e la mia fantastica assistente provava a dirmi di non rispondere ed io le strappavo il telefono di mano per ritrovarmi con Attilio che diceva: «Marco, asciuga! Bisogna asciugare». Io basito (ride, ndr.) rispondevo: «Asciugheremo, ma non adesso». Ogni giorno per trenta giorni Attilio mi ha telefonato puntuale alle ore 16:00. Alla fine lo spettacolo è diventato quello che era un po’ il sogno di entrambi: bianco e nero, con un solo attore in scena. Essenziale, semplice e per la gioia di Attilio (e anche mia) “asciutto“! Ce ne sarebbero tanti altri di aneddoti ma ho scelto questo che segna l’inizio della nostra fratellanza.

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