Secondo i risultati di uno studio della società americana Dscount’s tocchiamo lo schermo del cellulare 2.617 volte al giorno, dedicandoci quotidianamente almeno 5 ore, ore che un tempo sarebbero state impiegate per guardare qualcuno negli occhi, per sussurrare parole d’amore, per ridere con gli altri, andare al cinema o studiare in biblioteca. Le alternative sono tante e tanti sono i film e i libri che raccontano di questa dipendenza.

Nel 2009 è nata l’applicazione che ha aumentato i nostri tocchi sul piccolo schermo, tocchi che prima erano minimi e adesso sono diventati indispensabili anche per prendere un semplice caffè a un bar; come tutto ciò che ormai nel quotidiano è essenziale, questa applicazione sopravvive nel tempo e migliora per assecondare le esigenze dei più.

Totalizzante

Nel 2009 l’Italia vince gli Europei di volley femminile, muoiono talenti come Michael Jackson, Mike Bongiorno e Alda Merini, l’Aquila è vittima di un terremoto disastroso e nelle sale cinematografiche esce Avatar.

Ma nel 2009 l’America non rivoluziona il nostro quotidiano solo con il film con il maggiore incasso nella storia del cinema, ma dalla California ci giunge la creazione di un’app che ottimizza le nostre conversazioni, rendendole più veloci, ma allo stesso tempo ci fa risultare più estranei verso ciò che ci circonda.

Si tratta di WhatsApp, il noto programma di cui usufruiamo giornalmente per tenerci in contatto. Creata da Brian Action e Jan Koum, e aggiornata di continuo con delle nuove funzionalità, come l’avvisaglia che viene fatta ad un utente quando l’altro cambia stato.

L’anno dopo la sua creazione, Google ha fatto diverse offerte per acquistare WhatsApp, ma senza successo mentre, al contrario, Facebook riuscì nell’impresa e ci teneva in particolar modo, poiché la nuova applicazione sarebbe riuscita a superarlo in popolarità.

Lo scopo dei creatori è stato quello di realizzare un rivoluzionario servizio di messagistica istantanea che nel 2015 verrà integrato con il programma WhatsApp Web, il quale permette di utilizzare questa applicazione anche dal computer, rendendo così il suo impiego sempre più assiduo.

La nascita di Speechless

C’è una canzone dei Thegiornalisti che sottolinea la troppa importanza che ormai si dà al messaggio vocale, che di questi tempi viene adoperato anche solo per manifestare il nostro umore, annoiando così chi ascolta. L’uso di questa funzione è diventata quasi una minaccia, che molti utilizzano verso l’interlocutore, che si finisce per tediare, soprattutto quando il vocale è lungo.

Il malcontento degli utenti, però, non è passato inosservato infatti …arriva Speechless, che riesce a trascrivere le note audio tanto insopportabili o per motivi di necessità, cioè per coloro che hanno un problema uditivo, o perché magari si è in un luogo dove non si possono ascoltare, o semplicemente per noia.

Questo programma, però, è disponibile solo per quei vocali che durano al massimo 15 secondi, altrimenti bisogna pagare.

Disponibile in 10 lingue: come l’italiano, lo spagnolo, il portoghese, l’inglese e il tedesco e , inoltre utilizzabile sia per Android che per iOS, rendendoli così più simili a livello di efficienza. L’applicazione è femminile in tutto e per tutto e come una vera signora disapprova le parolacce, censurandole nel testo scritto.

Svizzeri non così neutrali

Da un sondaggio svolto da Digitec Galaxus, il più grande rivenditore online in Svizzera, emerge che in questo Paese gli utenti sono maggiormente irritati dai messaggi vocali rispetto a quelli confinanti e che preferiscano la comunicazione scritta alle telefonate. In questo studio il 77 per cento degli intervistati svizzeri, infatti, dichiara di interagire con i propri amici più con i messaggi di testo, solo il 15 per cento afferma di preferire le chiamate.

Nelle altre località sono, invece, scelte altre forme di trasmissione: ad esempio in Germania sono utilizzate maggiormente le e-mail, mentre in Francia si mandano perlopiù immagini e video.

Da questa indagine viene fuori anche che l’Italia è il paese dei messaggi vocali; infatti, il 13 per cento contatta gli altri utenti spesso in questo modo.

È in Svizzera, dunque, che è presente il più alto tasso di rigetto verso gli audio e questo perché non vi è abbastanza riservatezza, ad esempio, sul posto di lavoro e anche per la loro lunghezza. Sarà quindi la nazione che accoglierà con più entusiasmo l’iniziativa su questa funzione.

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