L’ultimo round dello scontro si è aperto lunedì, 24 giugno, con le nuove indagini che la commissione europea ha annunciato nei confronti di Apple. Il sospetto è che l’app store vìoli le norme del Digital Markets Act, il regolamento che l’Unione europea ha costruito per le piattaforme digitali. Ma questa è una storia, anche un po’ tecnica, che non può essere capita da sola, senza un collegamento diretto con un’altra notizia, diffusa nel fine settimana dai media americani.

Secondo Bloomberg, proprio Apple avrebbe deciso di bloccare l’introduzione di nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale per tutti gli utenti che vivono in Europa. Sono i nuovi prodotti che saranno integrati nei prossimi aggiornamenti del sistema operativo di Apple e che in sostanza renderanno l’assistente virtuale Siri molto più intelligente.

Il problema – sostengono a Cupertino – è che le novità potrebbero non essere compatibili con tutti i limiti che sono stati imposti a Bruxelles.

Ma in Europa no

Poco importa che in Europa gli stessi limiti siano promossi come una tutela nei confronti dei consumatori e come una lotta al far west tecnologico che ha imperato finora: la sensazione è che Apple voglia rispondere facendo salire di grado lo scontro, armando idealmente i tanti fedeli consumatori di iPhone che talvolta seguono con fanatismo maggiore le novità tecnologiche rispetto agli annunci dei commissari europei. Non a caso, succede tutto alla vigilia della formazione della nuova Commissione europea.

Anche per Apple è ovviamente una scommessa: significa potenzialmente scontentare centinaia di milioni di consumatori. Ma tutto è stato fatto con una regia che non può essere casuale.

A inizio giugno le novità sono state annunciate con toni trionfalistici in un evento dedicato agli sviluppatori e trasmesso in diretta mondiale. Fra le altre cose, si è parlato di un accordo che dal prossimo autunno permetterà di integrare negli iPhone la tecnologia alla base di ChatGpt. La notizia è stata ripresa con lo stesso entusiasmo anche da molti giornali europei, come succede spesso quando a Cupertino viene annunciata una novità. I mercati hanno reagito con altrettanto entusiasmo, facendo salire del 9 per cento il valore delle azioni di Apple.

Poi all’improvviso, a poche ore dalle nuove indagini e dalla nomina dei nuovi commissari europei, Apple ha spiegato che le novità saranno introdotte ovunque nel mondo, tranne che in Europa. Dove, hanno spiegato, le norme sono così stringenti da non essere compatibili con le nuove tecnologie. Al momento non sono stati diffusi altri dettagli e soprattutto non si capisce cosa del Digital Markets Act sia da ostacolo alle novità.

Il messaggio però può essere letto fra le righe più o meno in questo modo: la prossima Commissione europea si troverà di fronte a un bivio. Se davvero vuole continuare sulla strada delle regole stringenti, rischierà di far diventare l’Europa un mercato sempre più secondario per i colossi della tecnologia.

La dichiarazione di guerra

A rendere ancora più esplicita questa interpretazione è stato lunedì il giornale The Information, che è specializzato nel raccontare la tecnologia. Soprattutto, è considerato fra i media più affidabili per capire l’umore generale nella Silicon Valley.

In un editoriale firmato da Martin Peers, co-direttore della testata e autore di un seguitissimo briefing che viene inviato ogni mattina, ci si chiede se «gli europei inizieranno a rimpiangere la regolamentazione così aggressiva imposta dai governi alla tecnologia americana». «Secondo Bloomberg, Apple ha attribuito la sua decisione alle regole imposte dal Digital Markets Act in Europa. È una giustificazione valida o è solo una scusa? Chi lo sa? E in un certo senso, importa davvero?».

«Quello che è significativo è che un gigante tecnologico stia finalmente rispondendo alle regole europee sempre più stringenti. Sembra che sia solo una questione di tempo prima che altre aziende decidano di seguire l’esempio, ritenendo semplicemente che il mercato europeo non sia più appetibile».

Anche se con altri toni, la stessa idea era stata espressa qualche tempo fa in un editoriale del Wall Street Journal, dove si teorizzava che le nuove regole avessero fatto rallentare lo sviluppo tecnologico in Europa in settori chiave come l’intelligenza artificiale, rispetto a quanto sta accadendo negli Stati Uniti e in Cina.

Il nuovo commissario

Ovviamente la questione è molto controversa e c’è anzi chi vede nell’Unione europea un modello normativo che potrebbe essere esportato altrove, per contrastare il monopolio dei grandi colossi tecnologici. Probabilmente questa è la stessa preoccupazione che spinge i grandi della tecnologia a studiare il modo per avviare la contro-offensiva.

Finora a Bruxelles la guerra è stata condotta da Margrethe Vestager, commissaria europea danese con la delega alla concorrenza, esercitata prima sotto la presidenza Juncker e poi con Ursula von der Leyen. La stessa Vestager sa che l’ipotesi di un terzo mandato è molto improbabile.

Intanto lunedì ha espresso una certa soddisfazione per le nuove indagini contro Apple, che ha definito come «un giorno molto importante per l’effettiva applicazione del Dma».

Secondo le considerazioni preliminari della Commissione, Apple – attraverso il suo negozio virtuale – non consentirebbe agli sviluppatori di indirizzare verso altri canali, che applicano prezzi più vantaggiosi nella vendita delle app. È un tentativo evidente di ostacolare il monopolio che è stato costruito dai grandi della tecnologia in questi anni. E un’eredità pesante che ora dovrà essere colta dal suo successore.

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