In queste settimane è in corso un dibattito piuttosto acceso circa l’introduzione di un test e di un colloquio psico-attitudinale nell’ambito del concorso per la selezione dei magistrati ordinari italiani «diretto a verificare l’assenza di condizioni di inidoneità alla funzione giudiziaria».

Di questo specifico argomento non risulta traccia nella letteratura anche internazionale e pertanto si è pensato di proporre un breve questionario online alle oltre novanta associazioni che fanno capo all’Unione internazionale magistrati (Uim).

Il questionario si componeva di sole tre domande, con l’eventuale possibilità di aggiungere commenti. La prima domanda ha riguardato l’esistenza di test psico-attitudinali, o similari, nella fase di selezione dei neo-magistrati. La seconda domanda ha chiesto almeno una stima del peso del test sulla valutazione complessiva del candidato. Il terzo quesito ha domandato se test psico-attitudinali siano eventualmente previsti durante la carriera del magistrato, ad esempio per una promozione in corte di appello o per la dirigenza di un ufficio. È opportuno ricordare che in molti paesi le funzioni giudicanti e requirenti sono distinte; quindi, le risposte ottenute riguardano prevalentemente i giudici. Il questionario è stato compilato da 57 associazioni di magistrati di tutto il mondo, di cui ben 32 appartenenti a paesi membri del Consiglio d’Europa. Anche l’Associazione nazionale magistrati italiana ha risposto, ma ci è parso inutile inserirla nelle tabelle riepilogative, tenuto altresì conto del fatto che il test non dovrebbe essere utilizzato prima del 2026.

La raccolta dati ha richiesto un certo impegno; la diffusione del questionario è stata attuata dal Segretariato generale dell’Uim. Si tratta dunque di un primo ed inedito censimento sull’utilizzo dei test psico-attitudinali basato sulle risposte delle associazioni dei magistrati.

Sarebbe necessario approfondire questi primi risultati, inserendoli anche nel contesto più ampio, interessante e complesso, dei processi di selezione dei magistrati, della loro formazione iniziale e continua, della loro capacità e attitudine a ricoprire incarichi semidirettivi e direttivi. Su questi temi sono stati condotti tre recenti studi dalla Scuola superiore della magistratura, in collaborazione con la sede di Bologna dell’Istituto di Informatica giuridica e sistemi giudiziari del Consiglio nazionale delle ricerche, disponibili sul sito della Scuola.

Chi fa i test

Sono 16 i paesi che hanno risposto di utilizzare qualche tipo di test psico-attitudinale nella selezione iniziale dei giudici: Armenia, Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Georgia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Moldova, Olanda, Portogallo e Slovacchia.

Sono invece 15 i paesi le cui associazioni dei magistrati hanno invece indicato di non utilizzare alcun tipo di test per la selezione iniziale dei giudici: Azerbaijan; Bosnia Erzegovina; Cipro, Danimarca, Inghilterra e Galles, Spagna, Francia, Germania, Liechtenstein, Norvegia, Scozia, Serbia, Slovenia, Svezia e Svizzera.

L’associazione austriaca ha aggiunto nei commenti che il test è stato introdotto diversi anni fa come conseguenza di un caso eclatante e violento che aveva coinvolto un giudice con un evidente disturbo mentale. La Spagna ha indicato che non esiste un test, ma durante il periodo di formazione la Scuola della magistratura può segnalare eventuali problemi.

In Francia il test esisteva, è stato abbandonato dopo alcuni anni, ma è prevista la presenza di uno psicologo nel processo di reclutamento dei nuovi magistrati il cui ruolo dovrebbe essere approfondito. L’introduzione di test psico-attitudinali è stata più volte discussa in Slovenia, ma finora non è stata presa alcuna decisione in proposito.

Dei 16 paesi che già utilizzano il test, cinque non forniscono indicazioni sulla stima del peso dello stesso sulla valutazione complessiva, due hanno risposto che non viene considerata ai fini della valutazione finale, sette la valutano mediamente intorno al 10-20%. In tre paesi (Croazia, Portogallo, Slovacchia) il test psico-attitudinale sembra invece avere un ruolo determinante nel processo di reclutamento. L’eventuale valutazione negativa esclude il candidato dalla selezione.

Nel corso della carriera del giudice sette paesi (Finlandia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Olanda, Slovacchia, Svezia) hanno indicato che in occasione di una promozione ad una corte superiore oppure ad un incarico direttivo è prevista una valutazione psico-attitudinale.

Per quanto a nostra conoscenza, nel caso dell’Olanda l’enfasi è certamente sulla valutazione attitudinale, più che psico-attitudinale, a ricoprire l’incarico direttivo.

Valutare è difficile

In chiusura due necessariamente brevi considerazioni.

Il percorso di valutazione per l’assegnazione di qualsivoglia incarico dirigenziale, a prescindere da situazioni patologiche e ingiustificabili, è un’attività molto complessa ed incerta. Disporre del più ampio spettro di dati ed informazioni affidabili, considerando sempre un accettabile rapporto costi-benefici, dovrebbe essere considerato utile ed apprezzabile per le nomine dei direttivi. Si tratta di posizioni sempre più importanti per il buon funzionamento dell’ufficio, per le accresciute e complesse funzioni organizzative e gestionali che sono chiamati a svolgere. In questo ambito, il ruolo del Consiglio superiore della magistratura e della Scuola superiore della magistratura sono determinanti.

Secondo la vigente legislazione italiana, come è noto, i magistrati ordinari in tirocinio, selezionati attualmente senza alcun test psico-attitudinale, svolgono un periodo di formazione presso la Scuola superiore della magistratura e presso gli uffici giudiziari, attraverso il cosiddetto tirocinio prima generico e poi mirato, della durata, di norma, di 18 mesi, ultimamente temporaneamente ridotti a 12.

Concluso il tirocinio, il Consiglio superiore della magistratura valuta l’idoneità del magistrato a esercitare le funzioni giudiziarie sulla base delle relazioni, redatte dai magistrati affidatari che ne hanno seguito le attività presso gli uffici giudiziari e dai tutor della Scuola. Se il giudizio è positivo, vengono conferite le funzioni giurisdizionali e assegnata una sede di servizio. In caso di valutazione negativa, il magistrato ordinario è ammesso a un nuovo periodo di tirocinio della durata di un anno. L’eventuale seconda valutazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato ordinario in tirocinio.

Non sappiamo per certo se ci siano mai state cessazioni del rapporto di impiego al termine del tirocinio, immaginiamo nessuna, ma lo strumento per valutare l’idoneità a svolgere un lavoro così delicato esiste già fin dall’inizio della carriera.

Forse occorrerebbe, a prescindere da qualunque altra valutazione sull’affidabilità, sull’opportunità e sull’utilità di introdurre un test e un successivo colloquio psico-attitudinale, assumersi finalmente la responsabilità di utilizzare in modo corretto gli strumenti già presenti nel nostro ordinamento.

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