Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro–tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà per una settimana le interviste ad alcuni protagonisti del festival Trame, primo evento culturale dedicato ai libri sulle mafie, alla sua tredicesima edizione


L’ultimo libro di Gigi Riva, “Ingordigia. Vita, morte e truffa del broker dei vip”, edito da Mandadori Strade Blu, racconta la storia di un grande scandalo italiano, che ha coinvolto parecchi nomi illustri – ad esempio Marcello Lippi e Antonio Conte – ma che allo stesso tempo, e non senza motivo, è presto finito quasi ai margini della storia dei grandi scandali italiani.

Il libro, che possiamo inserire tra i “romanzi del vero”, ruota attorno alle vicende di Massimo Bochicchio, in arte “Er Fanfara”, figura a metà strada tra un finanziare d'assalto e un faccendiere spregiudicato, morto in un tragico incidente il 19 giugno 2022. Il giorno dopo, Bochicchio sarebbe dovuto comparire in tribunale per la terza udienza nel processo a suo carico. Le accuse: riciclaggio, abusiva attività finanziaria, truffa.

Gigi, qual è stato il tuo approccio alla storia di Bochicchio e come è nata l'idea di farne un libro?

La storia di Massimo Bochicchio, uomo capace di abbindolare un po’ tutti, dai vip all'osteopata amico di famiglia passando per due studenti sulla spiaggia, è una di quelle che possiamo definire “da romanzo”. Ho sentito la notizia della sua morte alla radio, mi sono incuriosito, ho letto le tantissime carte processuali e mi sono fatto l'idea che quello che è stato in grado di realizzare Bochicchio e quello che si è mosso attorno a lui rappresentassero uno spaccato dell'Italia. Bochicchio ha raggirato e truffato la Roma bene, quella dei Parioli per intenderci ma anche la Bologna bene, la Milano bene, ecc.

Era attivo in quasi tutta l'Italia del centro-nord. Ed è riuscito a farlo perché in Italia c'è una parte della classe dirigente che pensa di poter essere al di sopra degli altri. Quindi, per rispondere alla tua domanda, oltre al consueto “avere una storia da raccontare” – e con Bochicchio ce l'avevo – questo romanzo del vero restituisce un'immagine sempre attuale di una certa classe altolocata italiana

Approfondiamo quest’ultimo aspetto, a partire da questo scandalo finanziario

Bochicchio è un uomo affascinante, che ci sa fare, che vive al massimo, cresciuto all'università della strada, ironicamente possiamo dirlo, porta le sue capacità di affabulatore all'estremo: promette di moltiplicare il denaro – interessi dal 10 per cento al 20 per cento, senza rischi! Un particolare incredibile, nel vero senso della parola – e ci prova sapendo già quali tasti toccare per far colpo sulle sue vittime. E tieni presente che inizialmente saranno meno di una quarantina a denunciarlo, nonostante i truffati siano qualche centinaia.

Questo è un aspetto da non sottovalutare, molto interessante. L’ho scritto nel libro: c’è chi soffre verso di lui di una sorta di sindrome di Stoccolma, c'è chi ancora non crede alla sua morte ed è convinto che tornerà e restituirà quanto dovuto. Parliamo complessivamente di centinaia e centinaia di milioni di euro. Ma possiamo fare anche un'ulteriore riflessione: il caso Bochicchio ricorda quello di Bernard Madoff; il nostro protagonista trova le sue prede nella Roma dei Parioli, la stessa che una decina di anni fa era stata vittima di un altro scandalo finanziario, molto simile, quello di Gianfranco Lande.

Quindi questo mi fa pensare che – come accennavo – ci sia una parte della classe dirigente italiana che sia convinta di essere al di sopra di quelli che definiamo “comuni mortali”, sicura di poter guadagnare senza far fatica e soprattutto di far sempre più soldi, compulsivamente. Una classe ingorda (da qui il titolo del mio libro) convinta che ci sia tantissimo denaro a propria disposizione e che basta saperlo cogliere, anche con le amicizie giuste.

E un’ultima considerazione generale riguarda proprio i soldi. Se non si denuncia l’ammanco di milioni di euro, questo vuol dire che il denaro investito e poi sparito, può anche non essere pulito, guadagnato in nero. Ecco allora che subentrano altri gravi reati come il riciclaggio, l’evasione fiscale, ecc. Ma si nota anche una certa cultura dell'impunità, del pensare di poter essere impunibili.

È una caratteristica di una parte della classe dirigente italiana, figlia di quella deregulation finanziaria nata negli anni Novanta. Comunque, nel caso in questione, qualcuno avrà pensato ironicamente che Bochicchio fosse una questione di karma.

Proviamo allora, concludendo, a dare un’immagine di questa vicenda

Studiando e leggendo le carte del caso, ho immaginato il finanziere in divisa che si trova ad indagare su una truffa milionaria, sull'alta finanza spregiudicata. Uomini dello Stato con il loro stipendio “normale” di fronte a un personaggio in grado di muoversi nella Roma altolocata tra lusso e salotti buoni, tra imprenditori e alti funzionari, ma anche nella Roma di giù, quella della criminalità organizzata. In altre parole, quella di Bochicchio è una storia in cui si intrecciano decine e decine di storie. Alcune ancora da approfondire...

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