È composta da 109 articoli la legge di Bilancio, depositata in Senato il 30 ottobre, con due settimane di ritardo rispetto all’approvazione in Consiglio dei ministri: un rinvio su cui hanno pesato le tensioni nel governo, in particolare tra Lega e Fratelli d’Italia. Nel testo della manovra, su cui la maggioranza ha deciso di non presentare emendamenti, ci sono capitoli dedicati alla sanità, alle pensioni, alla famiglia, alla revisione della spesa.

Tra le novità c’è il bonus nido, che sale per i nuovi nati con un fratello under 10, ma anche l’addio all’Iva al 5 per cento sui prodotti per l’infanzia e l’igiene femminile. Per comuni e regioni è prevista una spending review da 600 milioni l’anno. In questo articolo vediamo cosa cambia in tema di pensioni, con il mantenimento di Quota 103 e una stretta su Ape sociale e Opzione donna.

Resta Quota 103

Il governo riconferma Quota 103, anche se con una finestra per l’uscita che varia tra pubblico e privato. Nel 2024 non cambieranno i requisiti di 62 anni d’età e 41 di contributi ma, una volta raggiunti, i dipendenti privati dovranno aspettare 7 mesi per l’assegno e i dipendenti pubblici 9 mesi. Per chi maturerà i requisiti, la pensione anticipata sarà determinata con il calcolo contributivo e «per un valore mensile massimo di circa 2.250 euro».

L’introduzione di Quota 104 – che prevedeva 63 anni d’età e 41 di contributi – era sgradita alla Lega, con il segretario Matteo Salvini che in campagna elettorale aveva annunciato «la fine della Fornero» e Quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. In seguito, il vicepremier ha derubricato Quota 41 a «obiettivo di legislatura» e negli ultimi giorni ha lottato, con successo, per la cancellazione di Quota 104.

La speranza di vita

Il pensionamento anticipato fissato dalla legge Fornero resta in vigore con i requisiti attuali: gli uomini possono ritirarsi dal lavoro al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre le donne con un anno in meno. Ma fino a quando rimarrà questo requisito? Qui entra in gioco l’adeguamento biennale all’aspettativa di vita, che quattro anni fa fu congelato fino a dicembre 2026.

L’ultima bozza della manovra accorcia di due anni questa sospensione. Se sarà confermata, da gennaio 2025 ripartirà il meccanismo di adeguamento automatico alla speranza di vita, con l’innalzamento di qualche mese del requisito per la pensione anticipata; un meccanismo che allontanerà ulteriormente Quota 41.

Il costo della vita

L’indicizzazione degli assegni sarà in linea con quella garantita nel 2023, con una sola modifica: i trattamenti superiori a 10 volte il minimo saranno rivalutati solo per il 22 per cento dell’inflazione (non più per il 32 per cento, come previsto adesso). Per tutte le altre fasce l’adeguamento al costo della vita resterà invece invariato.

In un primo momento era stato previsto che le pensioni con importi tra 4 e 5 volte il minimo Inps fossero rivalutate al 90 per cento dell’inflazione, ma l’insistenza di Salvini per la proroga di Quota 103 ha costretto la Ragioneria generale dello stato a tagliare l’indicizzazione delle pensioni medie, che resterà fissata all’85 per cento.

Ape sociale e Opzione donna

Ci sono novità sull’Ape sociale, la misura voluta dal governo Renzi che consente a disoccupati, invalidi e caregiver di lasciare prima il lavoro beneficiando – fino al raggiungimento dei requisiti di pensionamento – di un assegno ponte. Finora per accedere a questo anticipo servivano 63 anni d’età e 36 di contributi. La legge di Bilancio proroga l’Ape sociale, ma con un inasprimento dei requisiti: è previsto un aumento della soglia d’età, che nel 2024 sarà di 63 anni e 5 mesi.

Viene prorogata anche Opzione donna, la misura che consente alle lavoratrici di andare in pensione anticipata con una riduzione dell’assegno. L’anno scorso la ministra del Lavoro, Marina Calderone, aveva limitato a invalide, caregiver e donne licenziate l’accesso a questo canale di prepensionamento. Nel 2024 ci sarà invece una stretta sul requisito d’età: saranno richiesti 35 anni di contributi e 61 d’età (non più 60), che caleranno a 60 in presenza di un figlio e a 59 con più figli.

I pensionati del futuro

La manovra modifica anche le soglie di accesso alla pensione per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1996 e quindi ricade interamente nel sistema contributivo. Le regole in vigore prevedono che i millennial di oggi potranno andare in pensione a 67 anni con 20 di contributi se matureranno un importo pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale (circa 750 euro). In caso contrario, dovranno aspettare fino ai 71 anni con 5 di versamenti.

Il Mef ha abbassato tale limite a 1 volta l’assegno (500 euro) ma, per contenere la maggior spesa nel lungo periodo, vuole alzare la soglia con cui i giovani potranno accedere alla pensione anticipata a 64 anni (sempre con 20 di contributi): dovrebbero maturare 3 volte l’assegno sociale (1.500 euro) anziché 2,8 volte come previsto ora. La cifra, si legge nel testo della manovra, scende «a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 per quelle con più figli».

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