È tutto pronto per stipulare il contratto di appalto per gestire i centri per migranti che il governo italiano ha deciso di realizzare in Albania. Mancano però i centri. Cioè le strutture che, in base al protocollo Italia-Albania firmato lo scorso 6 novembre da Giorgia Meloni e dal premier albanese, Edi Rama, dovrebbero accogliere, o detenere, i migranti salvati dalle autorità italiane nelle acque internazionali.

La prefettura di Roma ha aggiudicato l’affidamento alla cooperativa Medihospes, un colosso già noto nel settore e al centro di alcune inchieste giornalistiche per la gestione di centri in Italia.

La cooperativa, in base all’avviso di manifestazione di interesse pubblicato il 21 marzo, dovrebbe avviare l’attività nelle tre strutture che sorgeranno sul territorio albanese prima delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno: entro il 20 maggio, con una ricettività progressiva.

Si apre anche se le strutture non sono pronte. Ma la fine dei lavori, nella determina del ministero della Difesa, è prevista tra ottobre e novembre 2024. Risulta quindi difficile immaginare l’inizio delle attività tra meno di due settimane.

L’aggiudicazione

Per affidare la gestione dei centri la prefettura ha avviato una procedura lampo, in deroga alle norme previste per appalti milionari, giustificata dalle «ragioni di estrema urgenza sussistenti». Ragioni che, però, non sono mai specificate. Nonostante le spese enormi per le casse dello stato, nessuno degli affidamenti è avvenuto con una gara pubblica, che sarebbe stata garanzia di trasparenza.

L’esito della procedura negoziata, senza gara, del valore di 151,5 milioni di euro per quattro anni, è stato però obbligato. Dopo la presentazione di 30 istanze di enti privati interessati a partecipare, la prefettura ha scelto tre operatori economici a cui è stato chiesto di presentare le offerte, da valutare in base al criterio di quella economicamente più vantaggiosa.

Offrendo un ribasso del 4,94 per cento, Medihospes è riuscita ad aggiudicarsi la gestione «coordinata e unitaria» delle strutture: il centro di identificazione nel porto di Shëngjin, l’hotspot e il centro di permanenza per il rimpatrio nell’entroterra, nella base militare di Gjadër, definito «un luogo da dismettere», per la squadra di ufficiali italiani in visita a gennaio. È stata l’unica offerta arrivata nel portale della prefettura. Questo significa che il Consorzio Hera e Officine sociali, gli altri due operatori scelti, hanno rinunciato a partecipare.

Con il ribasso offerto dalla Medihospes, il valore dell’appalto è quindi di oltre 133 milioni di euro Iva esclusa, di cui oltre 600mila per la sicurezza, quasi 87 milioni a copertura dei costi di manodopera e 5,7 milioni circa per la tessera telefonica e il pocket money. Costi a cui, secondo quanto scritto dalla prefettura, dovrebbero essere aggiunti, tra gli altri, servizi di trasporto, assistenza sanitaria, utenze, manutenzione ordinaria e straordinaria.

Un fatturato milionario

Le tre cooperative scelte sono conosciute nel settore e gestiscono strutture simili nel territorio italiano, tra cpr e hotspot. Ma Medihospes non si occupa solo di immigrazione. È attiva anche in altri campi, come l’assistenza agli anziani, ai minori e alle persone con disabilità, oltre a offrire servizi alberghieri. Alla fine del 2023 contava 3.944 dipendenti. Nell’ultimo bilancio sociale disponibile, il valore totale della produzione, al 31 dicembre 2022, era di oltre 128 milioni di euro: il 47,5 per cento del fatturato del 2022, 61 milioni, derivava dalle strutture di accoglienza, attività che ha visto un incremento del 28 per cento rispetto all’anno precedente.

Sono diversi i centri di accoglienza gestiti dalla cooperativa, tra cui l’ex caserma Cavarzerani di Udine. Non gestisce cpr ma «un hotspot, esperienza contrattuale ritenuta maggiormente aderente alle finalità perseguite dall’appalto in parola», precisava la prefettura.

Il colosso dell’accoglienza, nel 2022, a Roma e provincia, gestiva 8 posti su 10, «nonostante le ispezioni abbiano fatto emergere nel 2019 diverse irregolarità», si legge nel report di ActionAid “Centri d’Italia” del 2022. Una condizione di «quasi monopolio» – la definisce Action Aid – che potrebbe portare l’amministrazione a «subirne la capacità di condizionamento», perché «i monopoli (o gli oligopoli) possono indebolire la capacità di controllo e l’autonomia di scelta delle amministrazioni pubbliche», continua il rapporto.

A ciò si aggiungono le diverse inchieste giornalistiche che hanno coinvolto la cooperativa, che precedentemente si chiamava Seni Hospes. Quest’ultima ha gestito, con un altro consorzio, il cara di Borgo Mezzanone, vicino a Foggia, al centro di un’inchiesta dell’Espresso nel 2015 che denunciava le condizioni inumane in cui erano tenuti gli ospiti.

Tornando a Medihospes, il presidente del cda è Camillo Aceto, ex amministratore delegato della Cascina, la cooperativa commissariata per il rischio di infiltrazioni mafiose nell’inchiesta della procura di Roma su “mafia capitale”. Il commissariamento è stato poi revocato.

Se il fatturato è aumentato molto di più di quanto stimato, come si legge nel bilancio del 2022, con «una crescita in tutti i comparti», la gestione dei centri albanesi è addirittura superiore al totale dei ricavi annuali. I centri in Albania, per il governo, devono aprire a qualunque costo, umano ed economico.

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