In tutta Europa cresce la sfiducia verso i mezzi d’informazione, e l’Italia non fa eccezione. È quanto emerge dal Digital news report Italia, il primo studio che elabora e analizza i dati sul nostro paese che il principale studio globale sull’informazione – il Digital news report 2024 del Reuters institute for the study of journalism dell’università di Oxford – pubblica ogni anno.

L’Italia segue così l’esempio di quanto già avviene in altri paesi, con un’analisi realizzata dal professor Alessio Cornia, della Dublin City University, e dai praticanti del master in giornalismo “Giorgio Bocca” dell’università di Torino. 

Interesse nelle notizie e frequenza

La diminuzione dell’interesse nei confronti delle notizie è un trend costante da tempo e in linea con gli altri paesi europei: in otto anni – tra il 2016 e il 2024 – è sceso dal 74 al 40 per cento. In particolare, sono le donne e i più giovani a manifestare i dati più bassi, a cui si aggiunge chi ha i minori livelli di reddito e di istruzione.

Ma anche se l’interesse è in calo, gli italiani consultano spesso le notizie: il 63 per cento lo fa più volte al giorno, mentre solo il 4 per cento si informa meno di una volta alla settimana.

Fonti d’informazione e modalità d’accesso

Se poi si guarda il mezzo specifico usato per informarsi, dallo studio emerge che le fonti online sono quelle più popolari (usate dal 69 per cento degli intervistati), mentre la televisione continua a rimanere la principale fonte di informazione (50 per cento), seguita dall’online (43 per cento) e, molti punti percentuali più in basso, dalla stampa cartacea e dalla radio, entrambe indicate da 4 intervistati su 100.

Il report del prof. Cornia e della scuola di giornalismo di Torino certifica la crescita dei social media tra le fonti online più consultate, usati dal 39 per cento degli italiani, e scelto come mezzo principale d’accesso dal 17 per cento: una crescita costante che corre di pari passo con il declino della televisione, con una distanza che si accorcia di anno in anno.

Il principale cambiamento nelle modalità di accesso alle notizie online è rappresentato dal declino dell’accesso diretto ai siti o alle app di informazione giornalistica. Se fino a sei anni fa l’accesso diretto a siti o app d’informazione costituiva il principale movimento, oggi solo 15 per cento accede direttamente a una testata online. Un intervistato su due – il 49 per cento – accede oggi alle notizie in modo mediato: ci arriva passando tramite motori di ricerca, dai social o da aggregatori come Google news. 

Fiducia, news avoidance e pagamento per le notizie

C’è un dato da osservare con attenzione, ed è quello relativo alla fiducia. Perché secondo quanto emerge dal Digital news report Italia, solo un italiano su tre dice di fidarsi delle notizie: una percentuale inferiore di quanto si registra nell’Europa occidentale e settentrionale. Anche in questo caso, come per altri indicatori, contano le condizioni socioeconomiche: i livelli “più alti” si registrano in chi ha un livello di istruzione più elevato o gode di condizioni economiche migliori, ma anche le donne, i più giovani e i più anziani. 

Le testate che godono di maggior fiducia da parte degli italiani, poi, sono quelle meno schierate e capaci di parlare a un pubblico ampio e diversificato.

Se non ai livelli di paesi come Regno Unito e Stati Uniti, anche la tendenza a evitare intenzionalmente le notizie è cresciuta anche in Italia. Quasi la metà degli italiani (41 per cento) si sente sopraffatto e sfinito dalla quantità di notizie al giorno d’oggi, un aumento significativo rispetto al 28 per cento del 2019.

Accanto alla fiducia che scende – o forse proprio per questo – tra gli italiani si registra meno propensione a pagare per accedere alle notizie online: solo uno su dieci lo ha fatto nell’ultimo anno. Tra questi, sono i giovani e i più interessati alla politica i più propensi. Il 39 per cento di chi non paga lo farebbe, se l’abbonamento fosse più economico, mentre uno su due non è disposto a rivedere la propria scelta.

Intelligenza artificiale e social

Se l’impatto dell’intelligenza artificiale sul giornalismo è stato uno dei principali temi al centro del dibattito tra gli addetti del settore, gli italiani si dimostrano meno preoccupati rispetto agli utenti degli altri paesi, pur con alcune perplessità.

Guardando invece ai social media che, come si è visto, costituiscono un importante veicolo informativo, Facebook – sebbene sia ancora la piattaforma più popolare – perde terreno. E tra gli under 35 il crollo è ancora più drastico: gli utenti che lo usano per informarsi sono passati negli ultimi quattro anni dal 57 al 24 per cento. Un declino che si registra anche per X (ex Twitter), con un numero di utenti dimezzati negli ultimi sei anni, dal 10 al 5 per cento. 

In ascesa le piattaforme più “giovani”: Instagram è usata per le notizie dal 20 per cento, mentre TikTok cresce rapidamente specialmente tra gli under 35, che sono passati dal 4 al 12 per cento in quattro anni.

User needs

Essere aggiornati su quello che accade è considerato importante dalla maggior parte degli italiani, ma in molti ritengono che questo bisogno sia già ampiamente soddisfatto da parte dell’offerta informativa esistente. 

C’è un bisogno che emerge chiaramente dal Digital news report Italia: la priorità di chi si informa è più marcata per le notizie che aiutano a capire meglio un determinato argomento o un evento. La spiegazione oltre la “semplice” informazione. 

La situazione a livello globale

Secondo il Digital news report 2024 dell’istituto Reuters, condotto in 47 paesi, anche a livello globale l’interesse per le notizie è sempre più a rischio. Fino al 39 per cento degli intervistati – tre per cento  in più su base annua – afferma che «spesso evita intenzionalmente di informarsi». Nell’ultimo anno la fiducia è rimasta stabile (40 per cento), ma è scesa di quattro punti percentuali rispetto al periodo della pandemia. 

Solo il 17 per cento tra il «paniere di 20 paesi più ricchi» presi in considerazione dall’analisi afferma di aver pagato per le news: Norvegia e Svezia hanno la più alta percentuale di paganti – rispettivamente il 40 e il 31 –, Giappone e Regno Unito le più basse, al nove e all’otto per cento. In Italia (un intervistato su dieci) il dato è al di sotto della media dell’analisi. Guardando al modo in cui ci si informa, il report racconta come la fruizione delle notizie cartacee continui ulteriormente a diminuire: il 13 per cento dichiara di utilizzare fonti di stampa (- tre per cento su base annua), scende di quattro punti percentuali la tv (65 per cento), mentre il 69 per cento la fruisce online. 

Dei dati interessati provengono dalla scelta degli inserzionisti. La pubblicità online (58 per cento) ha preso il posto di quella in tv e carta stampata, rispettivamente il 29 e il cinque per cento. Il grosso lo fanno Google e Facebook (85 per cento), con gli editori che generano solo una piccola parte – il 15 per cento – dei ricavi pubblicitari digitali.

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