Dalle carte consegnate poche settimane fa dal promotore di giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, alla procura di Roma emerge uno scambio di lettere potenzialmente dirompente nell’inchiesta lunga 40 anni sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Una pista già seguita e poi abbandonata in passato che ricondurrebbe all’interno della famiglia della ragazza la sua misteriosa scomparsa. È quanto rivela un servizio andato in onda lunedì sera al Tg La7.

Il carteggio – si spiega nel servizio – risale al settembre 1983, quando della 15enne figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia e cittadina vaticana non si hanno notizie ormai da tre mesi. Nella massima riservatezza, l’allora segretario di Stato Agostino Casaroli scrive un messaggio per posta diplomatica a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II.

Il destinatario della lettera viene interpellato su una circostanza specifica di cui è a conoscenza essendo stato consigliere spirituale e confessore della famiglia Orlandi. Casaroli vuole avere da lui conferma del fatto che la sorella maggiore di Emanuela, Natalina, gli abbia rivelato di essere stata molestata sessualmente dal loro zio Mario Meneguzzi, oggi defunto. Sempre via posta, diplomatica, Casaroli riceve conferma di questo episodio.

Interviene la famiglia

«Nessuno ci ha avvisato della messa in onda del servizio: martedì, nel corso di una conferenza stampa all’Associazione della stampa estera, spiegheremo il nostro pensiero su tutto questo», ha detto l’avvocata Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi. Duro invece il commento di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela: «Oggi ho capito che sono delle carogne. Hanno deciso di scaricare tutto sulla famiglia, senza vergogna, mi fanno schifo», ha scritto su Facebook.

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