La Corte Costituzionale ha deciso. E ha dato (in parte) ragione ai magistrati. La deliberazione con cui il Senato negava al tribunale di Roma l’utilizzo delle intercettazioni che riguardano l’ex sottosegretario ai Trasporti e oggi super consulente della Lega, Armando Siri, è stata annullata perché in contrasto con la Costituzione. «Non spettava al Senato negare l’autorizzazione», scrivono i giudici che, accogliendo il ricorso dei magistrati capitolini, stabiliscono però che per le intercettazioni qualificate in precedenza come indirette – e cioè quelle successive al 15 maggio 2018 – servirà una nuova valutazione da parte dell’organo politico. Tutte le altre captazioni, invece, potranno essere usate.

È dunque (relativamente) più vicina la data della ripartenza del processo a carico del fedelissimo di Matteo Salvini, nonché responsabile della scuola di formazione del Carroccio tuttora consulente del vicepremier a 120mila euro l’anno a Palazzo Chigi. Un processo che era stato interrotto dopo che il Senato aveva appunto votato no, in larghissima maggioranza, all’utilizzo delle registrazioni telefoniche, “proteggendo” di conseguenza l’allora parlamentare dalle “interferenze” dei pm romani. La Consulta, tuttavia, prima ha dichiarato ammissibile il ricorso sollevato dal Tribunale di piazzale Clodio contro Palazzo Madama e poi, a seguito dell’udienza in cui la difesa del Senato ha chiesto tra le altre cose l’inammissibilità della questione e l’autoremissione da parte della Corte, si è pronunciata lasciando intendere che non è vietato indagare sugli eletti.

Il processo

Corruzione per l’esercizio della funzione in concorso con altri imputanti è, più in particolare, l’accusa che viene mossa all’ideologo della flat tax nel processo che si prepara a proseguire. Sono due invece gli episodi che vengono contestati: quando nel 2018 Armando Siri era appunto sottosegretario del governo Conte I avrebbe ricevuto «indebitamente» la «promessa o dazione» di mazzette da parte del presunto corruttore Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia molto vicino alla Lega, con interessi nel settore dell’energia eolica e dei rifiuti. Ma oltre al mini-eolico c’è di più. Per quanto riguarda il secondo episodio contestato, il braccio destro di Salvini si sarebbe infatti dato da fare «per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse».

In una delle ultime udienze, quella del 12 dicembre 2023, nel processo a carico di Paolo Arata e altri due imputati, celebrata davanti alla seconda sezione collegiale del Tribunale di Roma, la testimonianza di un colonnello della Guardia di Finanza, dal 2010 al 2020 in servizio presso la Dia di Trapani, è illuminante sui fatti del 2018.
«Da un lato Arata chiede i favori al senatore Siri sulle rinnovabili, dall’altro si spende per assecondare delle legittime aspirazioni del senatore Siri di poter entrare nella compagine governativa. In particolare (...) il professore Arata attraverso l’intermediazione del dottor Letta, Gianni Letta, riesce a sponsorizzare la figura di Siri, che a dire di quanto apprendiamo dalle intercettazioni, in seguito a questa iniziativa sarebbe stato chiamato, avrebbe ricevuto una telefonata dal Presidente di Forza Italia, cioè Silvio Berlusconi, nella quale avrebbero poi parlato degli assetti governativi».

Un do ut des. Quando Siri diventa sottosegretario, Arata commenterà: «Sì, evidentemente il mio intervento su Gianni – sul dottor Letta – ha avuto buon esito». Da quel ruolo Siri sarà costretto a dimettersi proprio per l’inchiesta che lo coinvolge e il relativo rinvio a giudizio datato 2020. Un fatto che però non gli ha impedito di diventare consulente ben pagato del leader della Lega a Palazzo Chigi.

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