Come è ormai noto, il processo per l’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci si è concluso nel febbraio scorso, a tre anni esatti dalla morte, con la sentenza della Gup Marisa Mosetti di “non luogo a procedere” nei confronti dei funzionari del Programma Alimentare Mondiale (Pam) Rocco Leone e Mansour Rwagaza accusati di omicidio colposo e omesse cautele.

La giudice ha recepito la richiesta di immunità diplomatica per i due esponenti dell’organismo Onu e, successivamente, la procura di Roma ha ritenuto di non fare ricorso. Le motivazioni di tale sentenza, pubblicate a giugno, hanno suscitato scalpore per il chiaro riferimento che la giudice fa all’inazione dello stato italiano unica entità preposta a trattare con l’Onu.

L’accoglimento da parte della procura delle richieste di immunità per Leone e Rwagaza, spiega la giudice, era dovuta «per consuetudine». Per nulla scontata, invece, era l’inerzia del nostro governo che ha scelto di non costituirsi parte civile e si è tirato indietro quando bisognava trattare con le Nazioni Unite per ottenere che i funzionari del Pam non ricorressero all’immunità e accettassero di venire giudicati dalla magistratura italiana.

In cerca di risposte

È quindi appropriata l’iniziativa dell’onorevole Maria Chiara Gadda, vicepresidente del gruppo di Italia viva alla Camera che, assieme ai colleghi Faraone e De Monte, lo scorso 30 luglio ha presentato una interrogazione a risposta immediata sull’intera gestione del processo.

L’interrogazione, rivolta al ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, chiede di fare luce attorno a questioni nodali come «la mancata costituzione come parte civile», il sostegno alla «tesi difensiva che ha di fatto impedito di fare chiarezza sulle responsabilità di due soggetti che hanno avuto un ruolo determinante» in tutta la vicenda e, nel complesso, una serie di scelte che «dimostrano un sostanziale disinteresse verso chi ha dedicato la propria vita a tutela degli interessi della Repubblica».

«Per quale motivazione – chiede il breve testo di interrogazione – non vi è stata la costituzione quale parte civile da parte dello stato? Perché si è ritenuto necessario corroborare la tesi dell’improcedibilità per difetto di giurisdizione? E quali ragioni hanno portato lo stato a non attivarsi presso l’Onu al fine di chiedere la revoca dell’immunità».

«Per noi – spiega a Domani Gadda – restano molti dubbi sulla gestione di un caso così grave. Il triplice omicidio merita una risposta non solo nelle aule dei tribunali ma anche in Parlamento, si tratta di un fatto politico e il parlamento è la sede opportuna in cui affrontarlo».

Le scelte del governo appaiono del tutto inspiegabili. Perché se da una parte è certamente lecita la possibilità di ricorrere all’immunità da parte di dipendenti di organismi transnazionali come il Pam, dall’altra c’è da considerare che il reato contestato ai due imputati non è di poco rilievo, l’accusa è di omicidio colposo, perdipiù di un ambasciatore.

«Non aver preso posizione e nascondersi dietro la prassi, specie per un caso come questo – riprende la deputata – è certamente quantomeno anomalo. Da un punto di vista politico c’è bisogno di ricercare maggiore verità sia per le famiglie che per i cittadini, ma anche per la credibilità delle istituzioni, compresa l’Onu. In ogni caso, noi siamo convinti che se uno Stato non si fa parte civile nel processo per l’uccisione di un ambasciatore, il caso vada portato in parlamento, devono spiegarci una serie di scelte inspiegabili».

Tajani si spiega

Ma chi si aspettava una risposta in perfetto politichese del ministro Tajani al question time dedicato alla interrogazione della Gadda il 31 luglio è rimasto deluso. Il titolare della Farnesina ha fatto capire che la linea adottata dal governo è stata pensata nei dettagli. Con motivazioni, però, che lasciano sconcertati.

«Il governo ha valutato che la costituzione di parte civile – ha risposto Tajani – avrebbe esposto l’Italia a responsabilità per violazioni internazionali» e per infrazione di «norme che proteggono i nostri connazionali all’estero…Il governo ha voluto evitare il rischio di contenzioso con l’Onu e una possibile condanna alla Corte internazionale di giustizia».

Come una beffa, poi, suona la chiosa: «Siamo sempre stati vicini alle famiglie come dimostra la dedicazione della scalea all’esterno del ministero degli Esteri».

«Sono allibita – aggiunge Gadda a Domani – mi aspettavo una risposta burocratica, invece è arrivata una replica convinta. Quindi, secondo il ministro, noi non ci siamo costituiti parte civile e non abbiamo chiesto la revoca dell’immunità, per evitare ritorsioni da parte dell’Onu e per proteggere nostri connazionali all’estero. Stiamo dimostrando che lo Stato non ha voce in un caso così drammatico, il ministro ha dichiarato in diretta televisiva che si è agito così per non urtare alcune sensibilità».

«La risposta del ministro Tajani è vergognosa – sempre Gadda alla stampa a margine del question time – Invito per questo il ministro degli Esteri nonché vicepremier a riconsiderare la posizione del governo, per dare giustizia alla famiglia e ristabilire la verità».

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