Gli agenti belgi che indagano sul cosiddetto Qatargate l’hanno definita la “Greek Connexion”, parafrasi francese del celebre film italiano degli anni '70 intitolato “The Italian connection”. In questo caso la mafia non c'entra, ma la descrizione scelta dalla polizia di Bruxelles fa capire quale sia l’ipotesi dell’accusa.

Un gruppo di politici greci ha permesso agli italiani Francesco Giorgi e Antonio Panzeri di avvicinarsi al raggiungimento dell’obiettivo chiesto loro dal Qatar in cambio di tangenti milionarie, vale a dire l’approvazione del regolamento per esentare i sudditi dell'emiro Al-Thani dal visto per entrare in Ue.

Chi sono gli appartenenti alla “Connection greca”? Il rapporto della polizia belga cita quattro persone: Eva Kaili, compagna di Giorgi e all'epoca dei fatti vicepresidente del Parlamento europeo; Dimitris Avramopoulos, fino al 2019 commissario per l’immigrazione e responsabile dei visti; Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione europea; Dimitri Giotakos, allora responsabile della politica dei visti dell'Ue presso la Commissione.

Un’indagine condotta da Domani e dai suoi partner della rete Eic (European investigative collaborations), basata su decine di documenti riservati ottenuti dal quotidiano belga Le Soir, permette di raccontare in che modo i politici greci sono stati funzionali all'obiettivo perseguito dal Qatar. Non esistono elementi per pensare che i membri della Commissione fossero consapevoli del fatto che dietro l’operazione visti c’erano i soldi versati da Doha a Giorgi e Panzeri, ma di certo le pressioni su di loro sono state fatte. E la coppia Giorgi-Panzeri, con l’aiuto costante di Kaili, ha ottenuto l'effetto desiderato per fare impressione sul proprio cliente.

Siamo alla fine del 2018. Panzeri è presidente della sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo, Giorgi è il suo assistente. I due ricevono una richiesta dal loro interlocutore qatariota. Si chiama Ali Al-Marri, all’epoca è il presidente del Comitato nazionale per i diritti umani (organizzazione che fa capo al governo di Doha), dal 2021 diventerà ministro del Lavoro del Qatar. Giorgi e Panzeri lo chiamano confidenzialmente “il dottore”. Secondo quanto confessato dai due alla Procura di Bruxelles, è stato proprio Al-Marri il loro corruttore, colui che più volte li ha pagati in contanti.

I documenti analizzati raccontano che a fine 2018 il “dottore” vuole che Panzeri riesca ad ottenere un favore per i cittadini del Qatar: il diritto di entrare nella zona Shengen senza visto. Affinché il provvedimento venga varato, la Commissione dovrebbe innanzitutto proporre di abolire l’obbligo del visto per i cittadini del Qatar. La proposta dovrà essere poi esaminata dal Consiglio e votata dal Parlamento.

Lo schema è riportato in uno dei documenti sequestrati a Giorgi, in cui si legge che «l’obiettivo» è ottenere l’esenzione dal visto «prima dei Mondiali del 2022», quelli che si disputeranno proprio in Qatar a fine anno. In un altro documento Giorgi spiega che il bersaglio dovrebbe essere la Grecia, perché sui visti «sono soprattutto i greci ad occupare posizioni chiave» nel «processo decisionale dell'Ue». La coppia di italiani si mette subito al lavoro.

Il ruolo di Avramopoulos

Dimitris Avramopoulos, fino al 2019 commissario per l’immigrazione e responsabile dei visti, è greco. Giorgi e Panzeri organizzano un primo incontro tra lui e Al-Marri, il 12 marzo 2019 a Strasburgo, e un secondo meeting, il 26 settembre 2019 a New York, con il ministro degli Affari esteri del Qatar, Mohamed Al-Thani.

Secondo un rapporto redatto da Giorgi, poche settimane dopo «il Qatar è stato rimosso dalla lista nera» della Commissione europea grazie a un «rapporto positivo» redatto proprio da Avramopoulos. Alle domande inviate per questo articolo, la Commissione ha in realtà spiegato che «non esiste alcuna lista nera», ma solo gli elenchi dei «Paesi a cui è richiesto il visto e di quelli a cui non è richiesto».

Ad ogni modo, il 29 ottobre il Ministro degli Esteri del Qatar invia al commissario europeo Avramopoulos una lettera di ringraziamento: «Vorrei ribadire il mio sincero apprezzamento per la vostra comprensione delle sfide del Qatar e la vostra disponibilità a consigliare il nostro governo soprattutto per quanto riguarda l'inclusione del Qatar nell'elenco dei Paesi esentati dall'obbligo di visto Schengen».

A dicembre 2019 il mandato da commissario di Avramopoulos scade. Dal 12 al 18 febbraio del 2020 il politico greco è a Doha per una conferenza sui social network. La trasferta è pagata interamente da Al-Marri. Tra gli ospiti del “dottore” ci sono anche Kaili, l'eurodeputato belga Marc Tarabella (è uno degli indagati), la coppia Panzeri-Giorgi, l’eurodeputata italiana Alessandra Moretti e la sua assistente Francesca Garbagnati (non indagate).

Appena tornato da Doha, Avramopoulos si mette al lavoro per i visti del Qatar. Obiettivo: convincere la nuova commissaria all’immigrazione, la svedese Ylva Johansson. Per aumentare le possibilità di successo, Panzeri e Giorgi suggeriscono di proporre un «pacchetto» che includa altri due paesi del Golfo, «Kuwait e Oman».

Il 20 febbraio il ministro degli Esteri del Qatar scrive ad Avramopoulos per avvisarlo che ci sono problemi con «gli svedesi». «Ho alcune idee. Dobbiamo parlare», risponde l’ex commissario. Che inoltra subito lo scambio di messaggi a Kaili. Il 3 marzo Avramopoulos informa l’eurodeputata che incontrerà la commissaria Johansson 48 ore dopo. Il giorno dell'incontro Kaili gli ricorda cosa chiedere: «Pacchetto Kuwait Oman Qatar». «Fatto», è la risposta di Avramopoulos.

Questo episodio sembra essere il più problematico per lui: come ci hanno confermato da Palazzo Berlaymont, gli era infatti «vietato esercitare pressioni sul personale della Commissione per due anni, ovvero fino a dicembre 2021». Fatto sta che nel febbraio 2021 Bruxelles convalida la sua assunzione da parte di Fight Impunity, l'ong creata nel settembre del 2019 da Panzeri, secondo gli inquirenti usata per incassare soldi versati dal Qatar per fare lobbying nell'Ue senza dichiararlo.

Avramopoulos è diventato l’unico membro retribuito del comitato della ong, con un compenso lordo di 5mila euro al mese. È stato in carica da febbraio 2021 a febbraio 2022, incassando in tutto 60mila euro. Ma «non lavorava molto», ha detto alla polizia belga la segretaria di Fight Impunity, Simona Russo. Di fronte alle numerose domande inviate per questo articolo, Avramopoulos ha definito «infondate» le informazioni in nostro possesso, ha minacciato causa e ha assicurato di aver «agito rigorosamente a livello istituzionale secondo le regole della Commissione Europea, e sempre in linea con le procedure».

Le lettere a Borrell, Johansson e Schinas

Torniamo alla cronologia dei fatti. Tra il 2020 e il 2021 Kaili continua a darsi da fare per i visti del Qatar. Secondo i rapporti scritti da Giorgi, la sua compagna ha fatto pressioni sul capo degli affari legali della Commissione europea, il greco Dimitris Giotakos.

Il duo Panzeri-Giorgi menziona anche incontri con il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, e con diversi membri del governo greco, tra cui il primo ministro Kyriakos Mitsotakis. Nei documenti redatti da Giorgi si legge che Mitsotakis permetterebbe di «eliminare qualsiasi resistenza da parte della Grecia».

Nonostante tutto questo impegno, dopo più di tre anni di lavoro la Commissione europea non ha ancora dato il via libera al provvedimento pro Qatar. Il 22 aprile 2022 Kaili usa tutto il suo peso politico per smuovere le acque. Invia la stessa lettera a tre uomini chiave della Commissione: l'alto rappresentante per gli affari esteri, Josep Borrell, la commissaria per l'immigrazione, Johansson, e il vicepresidente, Schinas. «Vi esorto ad accelerare le procedure necessarie per concedere l'esenzione dal visto Ue al Kuwait e al Qatar il prima possibile», scrive Kaili.

In un rapporto scritto da Giorgi, l'invio delle lettere viene rivendicato come una delle attività svolte a favore del Qatar. Gli investigatori hanno trovato le lettere sul suo computer. Nell'intervista che abbiamo realizzato con Kaili, lei ha spiegato che quanto ha fatto «non è lobbying, è politica». Una settimana dopo le lettere inviate a Borrell, Johansson e Schinas, la Commissione comunica la proposta di esenzione per Kuwait e Qatar.

Su questo, un portavoce dell'istituzione guidata da Usrula von der Leyen ci ha scritto che la lettera inviata da Kaili «non ha influenzato in alcun modo la decisione. A quel tempo la proposta era già conclusa e stava subendo il processo di adozione standard». La stessa risposta ci è stata data dai portavoce di Borrell, Johansson e Schinas. Di certo a fine giugno anche il Consiglio Europeo, che rappresenta gli Stati membri, dà il via libera alla proposta tanto attesa dal Qatar. A questo punto, per Giorgi e Panzeri non resta che garantirsi il consenso della maggioranza degli eurodeputati.

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