Vuoi partire per un viaggio, sì, vuoi partire, sei di quelli che vanno in vacanza a settembre. Hai già deciso la destinazione, una città europea, hai anche prenotato l’aereo, non ti resta che scegliere la sistemazione. Però non vuoi andare negli hotel, non ti piacciono. Le loro stanze sempre troppo piccole, la sensazione di eccesso di regole e di controllo. Tu vuoi andare in un appartamento.

Ti colleghi a una app, imposti la ricerca, subito emergono alcune possibilità. Sei fortunato. Ecco un appartamento che ti dà a prima vista una sensazione positiva. Non necessariamente un’euforia, non la felicità di aver trovato qualcosa di speciale, ma un’impressione di conforto e di affidabilità.

Non sapresti dire il perché di questa impressione. O forse sì, ti basta pensarci un attimo: questa casa, a prima vista, comunica un’idea di pulizia e di ordine, mista a un tocco di calore. È priva di stranezze, somiglia al modello di qualcosa, senza però essere fredda. È accogliente, ma non eccede nella personalizzazione. Più che una casa, è un concetto di ospitalità.

Arredamento da vacanza

Hai appena fatto esperienza di un fenomeno che ormai ci è molto famigliare: il fenomeno dell’arredamento “da casa vacanze”. Un tempo le piattaforme per l’affitto delle case vacanze non esistevano, certo esistevano le case vacanze, ma era una faccenda molto diversa, molto più complicata, meno trasparente, meno efficiente, meno perfetta dal punto di vista del mercato.

Poi sono comparse le piattaforme, e all’inizio osservavamo le foto di queste case tutte diverse, con caratteristiche inattese, bellezza ma anche stramberia, imprevedibilità.

Poi via via si è formato una specie di consenso intorno a quale sia l’arredamento che meglio di altri permette che la propria casa sia molto desiderata dai turisti, e questo stile è diventato abbastanza codificato, una specie di media dello stile degli appartamenti che via via hanno ricevuto i voti più alti nelle recensioni di chi li ha visitati. Un classico caso di realtà che riceve una forte impronta in base a un meccanismo di mercato.

L’ambiente che funziona di più, ormai lo sappiamo, prevede quel misto di neutro e accogliente. Bianco, grigio, pulizia, improvvise note colorate, ma senza esagerare, legno, naturalezza, luce valorizzata, quadro particolare alla parete, piante verdi, vaso di tulipani, piccola biblioteca (il libro come decorazione).

Naturalmente esistono variazioni sul tema, la casa vacanze del mare sarà diversa da quella di montagna, ma sapremo identificare una forma di design ricorrente, e la forma non individuerà la casa più bella, ma individuerà quella che è più affidabile: sappiamo che, scegliendola in base alle foto, più probabilmente non riceveremo sorprese negative, ma soddisfazione.

Magari non saremo felici, ma quasi certamente non saremo infelici. Pensavamo di cercare un’esperienza unica, ma in realtà troveremo conforto nella convergenza verso un modello. Una realtà che è qualcosa di meno della realtà.

Tutte uguali

Cambiamo piattaforma. Andiamo su Instagram. Sì, dico a te, persona che stavi prenotando la vacanza: apri Instagram. Fra i contenuti suggeriti trovi un video, l’immagine di una terrazza con dei divani bianchi. In primo piano c’è una ragazza che dice: «Scegliete quali vestiti mi stanno meglio». E parte con una di quelle danze in cui a ogni schiocco di dita avviene un magico cambio d’abito. Sullo sfondo, un luogo ameno di mare (forse ci troviamo in una casa vacanze, ma adesso non importa).

Gli abiti della ragazza sono da sera e setosi, oppure pantaloni lunghi con canotte decorate. L’insieme è così uguale a tanti altri video che hai visto da dare la sensazione di polvere accumulata nei secoli, nonostante la ragazza abbia al massimo 20 anni e il video sia un esempio di rappresentazione contemporanea, ben codificato.

Un modo di esibire le cose che si è radicato perché evidentemente funziona. Una felicità non piena, ma funzionale, un’assenza di sorprese, una sensualità collaudata. Di nuovo, una realtà che è qualcosa di meno della realtà.

Ci capita spesso di osservare questa convergenza verso modelli sicuri, come se cercassimo un’efficienza estetica. Forse viviamo guardando il mondo attraverso il filtro di questi modelli. A volte vediamo la polvere sul filtro, ma solo a volte.

Non è un fenomeno nuovo. Posso basarmi solo sulle sensazioni, ma questa realtà che è qualcosa di meno della realtà mi pare ci accompagni da molti anni, ormai. Siamo abituati. È come se mancasse un’adesione piena alla materialità. Siamo distaccati, ma ci sentiamo complessivamente bene. Non so se basterà per sempre, non so quali conseguenze ci saranno.

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