Pare che il ministro Giorgetti intenda proporre detrazioni fiscali per le famiglie con figli. Pur con dei distinguo, la proposta è stata accolta con favore anche dalle opposizioni; per esempio, da Graziano Delrio (sia l’anticipazione sia un’intervista a Delrio compaiono sul Foglio). La proposta sottintende questo modo di ragionare: fare figli ha valore sociale; i figli servono a far funzionare meglio la nostra società, per esempio perché poi lavoreranno, pagheranno le tasse e assicureranno le pensioni. Siccome chi fa figli contribuisce già al buon funzionamento della società e affronta maggiori spese, dobbiamo chiedergli meno tasse.

Ma davvero fare figli ha valore sociale, un valore che va oltre il progetto di vita individuale (il desiderio di avere figli che, come spesso da destra ricordano quando si parla di gravidanza per altri, non è un diritto)? Davvero questo valore deriva dal contributo che i futuri cittadini daranno, per esempio, alle casse dell’Inps? Ma per allargare la platea di contribuenti ci sono molti mezzi.

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Si può far pagare più tasse a chi ne paga troppo poche, perché evade o perché è molto ricco (lo so, è impopolare). Si possono regolarizzare gli immigrati che lavorano, producono e guadagnano, e fanno figli (lo so, anche questo è molto impopolare: lo aveva proposto Tito Boeri, nel 2017).

Ma soprattutto: è lecito scambiare i figli con denaro? Pagare meno tasse significa ottenere un guadagno, avere più liquidità. L’idea è: se hai una famiglia numerosa, o se la avrai, ti pago. Una cosa che in certi ambienti si è pensato di dire anche alle donne che vogliono abortire. La famigerata Stanza dell’ascolto, lo sportello dell’ospedale S. Anna a Torino gestito dal Movimento per la vita, nota associazione antiabortista, è finanziata da un Fondo speciale per la vita nascente, istituito dalla regione Piemonte.

Il fondo, almeno secondo esponenti del Movimento, potrebbe servire a dare contributi economici alle donne che decidono di rinunciare all’aborto. La stessa idea: soldi in cambio di figli. Più precisamente: soldi in cambio di figli naturali, di gravidanze.

Cosa si premia e cosa no

In certi paesi si pagano le persone per donare il proprio sangue. Per molti, questo è assurdo. Un atto di altruismo non dovrebbe essere pagato. Se fare figli ha un valore sociale così alto (e non è solo un progetto individuale al pari di altri), forse renderlo economicamente conveniente non è la modalità più adeguata di promuoverlo. Beninteso: l’idea che chi ha di meno debba pagare meno tasse è giusta.

Ma ci sono varie cause di minor reddito. Una famiglia numerosa è solo una. C’è chi perde il lavoro. C’è chi si ammala. C’è chi è semplicemente sfortunato. Il ministro Giorgetti varerà un piano universale di detrazioni e rimodulazioni per chi ha subìto abbassamenti di reddito non per sua colpa? C’è chi affronta perdite per svolgere funzioni di alto valore sociale. Per esempio, chi rinuncia a lavori molto ben pagati per lavorare per lo Stato (penso a insegnanti molto bravi, di materie tecniche, che avrebbero guadagnato di più con la libera professione). Ci saranno sgravi anche per loro?

Nella discussione sulla gravidanza per altri uno slogan ricorrente era: i figli non si vendono né si comprano. Però, parrebbe che si possano scambiare con detrazioni, contributi in denaro o in natura. Avere dei figli – nelle varie forme possibili: dopo una gravidanza, dopo un’adozione, dopo un’inseminazione artificiale, dopo una gravidanza di una donna che non tiene il figlio – è uno dei progetti esistenziali possibili che rendono le vite degne di essere vissute. Non è l’unico, però. Si può fare voto di castità. Si può scegliere di non avere figli per ragioni varie. Si può dedicare la propria vita alla cura dei figli altrui: il governo intende proporre degli sgravi per chi prende in affidamento dei bambini di genitori in difficoltà?

Un governo che privilegia un progetto di vita sugli altri prende le parti di alcuni cittadini e disprezza gli altri. Se paga i cittadini che si impegnano in progetti di vita che sono giusti secondo una certa ideologia, il governo disprezza anche i cittadini che allo stesso tempo premia, credendoli incapaci di perseguire un certo stile di vita se non stimolati da prospettive di facili guadagni.

E questo non c’entra niente con l’idea di aiutare tutti i cittadini in difficoltà, modulando la leva fiscale. Le politiche fiscali dovrebbero essere universali, non mirate a sovvenzionare chi sostiene i propri ideali di famiglia e genitorialità. Questi progetti, così formulati, non si distaccano troppo dalle 5 lire a figlio della legislazione fascista. Avremo anche le medaglie per le madri di famiglie numerose? E il premio per i nomi patriottici?

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