Per secoli l’educazione sentimentale, per dirla alla Flaubert, si è basata sull’esperienza diretta – amare, desiderare, consumare e molto spesso soffrire –, sulla letteratura romantica e, successivamente, sui giornalini e siti porno. La sessualità è un tema trattato raramente in famiglia o nelle scuole e prevede un certo spirito autodidatta: arrangiarsi, la parola chiave.

Questo sistema, dove le informazioni non sono mediate da esperti o adulti di riferimento, storicamente è sempre stato poco critico rispetto alle questioni di genere e ha contribuito a costruire una società fortemente intrisa di patriarcato, dove gli stereotipi e la violenza sono un fattore strutturale e il concetto di consenso qualcosa di piuttosto astratto.

Gli stupri di gruppo tra giovanissimi, i dati dei femminicidi, i report sugli adolescenti ci dicono che abbiamo un problema enorme al quale c’è una sola risposta possibile: la cultura. Che, tradotto, significa una presa di responsabilità collettiva che coinvolga la scuola e le famiglie, con percorsi formativi e di riflessione accompagnati da tanta, tanta lettura.

Perché nulla è più potente dei libri nell’insegnarci a provare empatia e a sviluppare quell’intelligenza emotiva necessaria per costruire relazioni rispettose, superando quei pregiudizi e stereotipi che possono poi tradursi in violenza, verbale o fisica.

La regista e attrice Paola Cortellesi, fresca del successo del film C’è ancora domani, invitata alla Camera dei Deputati ha detto che, come cittadina, auspica che nelle scuole di ogni ordine e grado venga insegnato che «amare non significa possedere e/o subire». Viene però da chiedersi: la scuola pubblica è in grado di farlo? (Spoiler: no).

Cosa pensano i giovani

La fotografia scattata dalla ricerca di Save The Children e Ipsos (Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza) è piuttosto desolante: il 43 per cento degli intervistati pensa che se una ragazza non vuole avere un rapporto sessuale può sottrarsi e il 29 per cento che abiti e comportamento possano contribuire a provocare una violenza sessuale. In estrema sintesi: che se una ragazza viene stuprata la colpa è anche sua.

Non si migliora sulle dinamiche relazionali: il 65 per cento ha subito o agito comportamenti di controllo, più della metà degli intervistati dichiara di aver vissuto situazioni di molestia in coppia, come chiamate insistenti, richiesta di foto intime, linguaggi o comportamenti violenti e il 43 li ha agiti a sua volta.

Dati che confermano che abbiamo un problema educativo enorme e che è necessario attivare, nelle scuole, dei percorsi di educazione all’affettività e alle differenze, affidati a esperti laici che siano in grado di dare a bambine, bambini, ragazze e ragazzi gli strumenti giusti in base alla loro età.

I libri possono essere preziosi: la casa editrice Settenove ha pubblicato dei volumi molto interessanti come A nudo! Dizionario amorevole della sessualità di Myriam Daguzan Bernier e Cécile Gariépy che risponde in modo semplice alle domande più frequenti sulla sessualità, offrendo anche dei dati.  Per esempio, nella pagina dedicata alla cultura dello stupro si spiega come il pensiero “se l’è cercata” contribuisca a produrre quel contesto socio-culturale dove le vittime non denunciano per paura di non essere credute (in Italia solo il 27 per cento per cento delle donne accolte dai centri anti violenza lo fa). 

I ragazzi possono essere femministi? di Lorenzo Gasparrini con illustrazioni di Cristina Portolano si rivolge in particolare a giovani maschi che si vogliono avvicinare al femminismo – e oggi sono davvero tanti che scendono in piazza alle manifestazioni – e ragionare sul come un’idea di mascolinità non tossica possa essere positiva anche pero loro.

A spiegare la cultura patriarcale (perché non tutti hanno capito che cos’è) ci pensa La caduta del patriarcato. La storia del sessismo, la lotta e la resistenza delle donne di Marta Breen e Jenny Jordahl (ed. Einaudi Ragazzi), una graphic novel che ci racconta come siamo arrivati a questo (triste) punto e perché sono importanti le lotte transfemministe.

Quale scuola?

Educare le nuove generazioni al rispetto per se stessi e per il partner, alla diversità, al consenso, alla consapevolezza delle proprie emozioni e offrire informazioni corrette su come avere un rapporto sessuale (di qualsiasi tipo) in sicurezza, sarebbe un passaggio necessario ma, come spesso accade, anche la migliore delle idee si scontra con la realtà. La scuola, oggi, non è in grado di sostenere questo percorso perché è sotto finanziata, manca di competenze e sensibilità interne specifiche (non basta un corso di 20 ore, serve lavorare nelle classi tutto l’anno) e ha un corpo docente spesso precario e mal retribuito.

Il rapporto Ocse 2023 dice che, nel nostro paese, l’investimento in istruzione corrisponde al 4,2 per cento del Pil, contro il 5,1 per cento della media europea e, con l’ultima manovra finanziaria, il governo ha annunciato una (ulteriore) riduzione dei fondi sulle prossime tre annualità e che va ad aggiungersi al problema del dimensionamento scolastico che, tradotto, significa accorpamento di scuole per ridurne il numero. Come se non bastasse, i docenti italiani sono più anziani e con le retribuzioni più basse della media europea e viaggiano su contratti che tardano a rinnovarsi e ad adeguarsi all’inflazione.

Come è andata fino a oggi? Con progetti basati sulla buona volontà (soldi) delle istituzioni locali, del dirigente, del corpo docenti e delle associazioni del Terzo Settore che si candidano a offrire questo servizio che resta (purtroppo) un’esperienza decontestualizzata dal programma scolastico. Per ora, infatti, la proposta di offrire percorsi strutturali nelle scuole (che richiede soldi, competenze e impegno) è stata appoggiata su un tavolo, come uno slogan che si può riprendere all’occorrenza: il prossimo stupro di gruppo tra adolescenti? Il prossimo femminicidio?

Il lavoro della letteratura 

Se anche fosse possibile realizzare un progetto serio, sarebbe però sbagliato scaricare tutta la responsabilità sulla scuola senza ragionare su un patto di collaborazione con le famiglie, come vorrebbe l’idea di comunità educante. Certo, non sempre il patto funziona, soprattutto quando si tratta di temi sensibili come la sessualità e l’identità di genere, che difficilmente possono viaggiare separati. Non tutte le famiglie sono uguali, non tutte hanno la stessa idea su come affrontare queste questioni con le figlie e i figli (e per questo la scuola sarebbe fondamentale).

Tutte le persone giovani, però, prima o poi ne parleranno e ci si confronteranno – spesso scontreranno, perché le emozioni possono essere muri e sta a noi capire come prendere quei mattoni e trasformali in ponti da attraversare – e per questo la letteratura può avere un ruolo decisivo, se solo scegliamo di darglielo. Soprattuto oggi, che la narrativa per bambini e ragazzi offre, su questi temi, un catalogo che solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile per qualità e apertura.

Per i più piccoli c’è un libro pop up che unisce l’esperienza della scoperta delle forme che si trasformano a quella delle parole: Così come sono di Hélène Druvert (ed. Franco Cosimo Panini) che in modo semplice e diretto affronta tutti gli stereotipi possibili: che non esistono giochi o emozioni da maschio o da femmina, che si ha il diritto di amare ed essere chi si vuole e che questa libertà è qualcosa che possiamo condividere (come la lettura).

In uscita con Canicola l’edizione italiana de L’anno straordinario di Ariane Hughes, un fumetto per l’infanzia che parla di crisi climatica, rispetto, amicizia, fiducia e della forza della collaborazione per costruire un mondo migliore.

Per i più grandi invece, sono usciti di recente i romanzi Grande, bro! di Jenny Jagerfeld (ed. Iperborea, dai 12 anni) con cover di Percy Bertolini, che parla di identità di genere, del bisogno e del coraggio di essere se stessi di fronte agli altri e della magia dell’amicizia e In cerca di me di Sumaya Abdel Qader (ed. Mondadori, dagli 11 anni) che, attraverso la storia della dodicenne Fairùz, italiana musulmana che vive a Milano, racconta la difficoltà di avere un’identità plurale, di confrontarsi ogni giorno con razzismo e pregiudizi e di come la diversità possa essere una ricchezza per la comunità. Tutti testi che possono leggere i più giovani ma che farebbero molto bene anche agli adulti, per imparare a guardare le giovani generazioni con occhiali più nuovi.

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