Un decreto revisionato e integrato. Insomma ampiamente modificato, perché tra le tante cose manca la parità di genere.

Il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, annuncia alla Camera – rispondendo al question time – la volontà di smontare l’ultimo atto di Gennaro Sangiuliano al collegio Romano: la nomina di 15 esperti nella commissione chiamata a distribuire i fondi per il cinema. Il disastro finale dell’ex direttore del Tg2, travolto dall’affaire-Boccia.

Valutazione sulle nomine

La presa di distanza è stata netta, per quanto felpata nell’introduzione.

«Non mi sento offeso dalle scelte dell'ex ministro», ha esordito Giuli, difendendo l’autorevolezza di alcune personalità individuate. Tuttavia, entrando nel merito, ha raccontato la genesi della sua riflessione: «Venerdì scorso (all’arrivo al ministero, ndr) mi sono posto alcuni interrogativi». La conseguenza? «La commissione è stata oggetto di un’attenta verifica», che è un preludio all’annuncio di una «revisione».

Insomma, non ci saranno tutti i nomi indicati da Sangiuliano. Tra quelli che si salveranno c’è sicuramente Paolo Mereghetti, critico cinematografico autore del dizionario “Il Mereghetti”, espressamente citato da Giuli in aula. Ma è stato l’unico nome fatto a Montecitorio.

Commissione senza parità di genere

Certo, il tono del neo-ministro è stato deciso, comunque carico di verve polemica nei confronti di Davide Faraone, deputato di Italia viva che ha presentato l’interrogazione sull’indicazione della commissione. Giuli ha preso la matita rossa per sottolineare un errore nel quesito di Italia viva: «I componenti della commissione sono 15 e non 18».

Nel decreto, ha osservato Giuli, c’è un «mancato equilibrio di genere», che pure è previsto dalla legge di riferimento. Una svista di Sangiuliano, ironia della sorte, finito nei guai per una donna ma poco attento all’inserimento di donne nell’organismo che avrà un ruolo cruciale per i finanziamenti nell’ambito cinematografico.

«È mio intendimento intervenire su questo profilo, anche perché il decreto non ha completato il proprio iter», ha ricordato il nuovo ministro della Cultura. Quindi il testo «è suscettibile di integrazione» e «verrà senz'altro modificato e arricchito secondo i canoni di autorevolezza che ne hanno ispirato l'origine».

Applausi dall’opposizione

Parole che sono state accolte in maniera positiva dal renziano Faraone. Il primo atto del neo-ministro è stato chiaro: mettere alle spalle il passato.

Tanto che la rivoluzione riguarderà l’intero staff al suo fianco: del team che ha supportato Sangiuliano si salverà solo il capo della segreteria tecnica, Emanuele Merlino, considerato un uomo di fiducia di Fratelli d’Italia.

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