Niente comizi in giro, zero bagni di folla e strette di mano a folle acclamanti. E anche sui social, è il silenzio a farla sostanzialmente da padrona. I leader di centrodestra hanno scelto la via della fuga dai ballottaggi delle comunali (i seggi saranno aperti domani e lunedì ndr). Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani hanno riempito le rispettive agende di eventi istituzionali, presentazioni di libri, con il must della partecipazione alla festa dei 50 anni del Giornale.

Appuntamenti elettorali? Non pervenuti, o quasi. Certo, la presidente del Consiglio, appena archiviato il voto per le europee, è stata affaccendata al G7 di Borgo Egnazia.

Ma dopo la sfilata di leader mondiali a favore di telecamera, non ha speso altro tempo in Puglia per spingere i candidati di centrodestra, su tutti il golden boy leghista Fabio Romito a Bari e la sempreverde Adriana Poli Bortone a Lecce. Tra una trattativa con Ursula von der Leyen e una risatina con Rishi Sunak, ha dimenticato il voto dei ballottaggi nella regione scelta per ospitare i grandi del pianeta.

Pochi secondi elettorali

Solo last minute, ieri, ha registrato un messaggio di pochi secondi affidato ai canali social. «È un momento importante per il futuro dei nostri territori, il vostro voto è fondamentale per costruire insieme una comunità più forte, più coesa. Andate a votare, fate sentire la vostra voce. Ogni voto conta», ha detto. Insomma, nessuno slancio, giusto il minimo sindacale per chi riveste un ruolo istituzionale.

E dire che in ballo ci sono città di penso, come Firenze e Bari appunto, simbolo del potere di centrosinistra, ritenute contendibili fino a meno di un mese fa. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia avevano lanciato la sfida, accarezzando il sogno di storici ribaltoni. Invece, passato il voto dell’8-9 giugno, lo sguardo è stato rivolto altrove.

Si teme un probabile risultato negativo nei due appuntamenti più attesi. Sara Funaro è favorita per raccogliere l’eredità di Dario Nardella a Palazzo Vecchio, mentre Vito Leccese ambisce a essere il nuovo Antonio Decaro, prendendosi i voti che al primo turno sono finiti a Michele Laforgia del Movimento 5 stelle.

Tra i pochi a mettere la faccia sui ballottaggi è stato l’eclettico ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Ha addirittura dato la disponibilità a fare l’assessore – almeno nei primi mesi – in caso di vittoria del centrodestra guidato da Fabio Romito. Una trovata di comunicazione o poco più. Comunque un caso isolato nel deserto elettorale della destra. Basti pensare a Salvini, che pure nella propaganda trova la linfa vitale per rafforzare la propria leadership. Invece nell’ultimo giorno utile per la campagna elettorale, il vicepremier ha preferito partecipare a un evento di Ferrovie dello stato indossando l’abito istituzionale del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti al posto del descamisados segretario leghista.

L’unico ballottaggio per cui si è speso è quello di Montecchio Maggiore, comune di 23mila abitanti in provincia di Vicenza. Un territorio simbolo per la Lega, ma non proprio l’epicentro della politica nazionale. Non da meno è stato l’altra punta del tridente dell’alleanza del governo, il capo della Farnesina Tajani, che ha potuto motivare la sua assenza dagli scenari di ballottaggio con gli incastri critici della geopolitica.

Assenza calcolata

Una tendenza opposta a quella dei leader di centrosinistra, che hanno girato alcune delle città interessate dai ballottaggi. L’esito di alcuni comuni può dare una spinta ulteriore al Pd di Elly Schlein e fornire una piccola boccata d’ossigeno alla leadership di Giuseppe Conte nel Movimento 5 stelle. Così dietro il “silenzio elettorale” dei solitamente loquaci leader di centrodestra c’è chi scorge un calcolo.

«Inutile spendersi in prima persona in alcune sfide delicate», spiega una fonte parlamentare di Forza Italia, «perché in caso di vittoria Meloni, Salvini e Tajani potranno rivendicare i successi». Insomma, una strategia all’insegna del motto «armiamoci e partite». Poi si vedrà.

Anche perché il non detto è che il post europee si sta rivelando più tortuoso del previsto. Il difficile riconoscimento del ruolo italiano in Europa si somma alla dura realtà dei conti pubblici. Con lo sfondo dell’autonomia differenziata. Una riforma che soprattutto a Sud rischia di spostare i ballottaggi ancora di più a sinistra.

Per questo i candidati sindaci di centrodestra hanno preferito fare da sé, puntare sul profilo amministrativo e sul carattere locale. Perché i leader nazionale rischiavano di non essere un valore aggiunto. Ma un fardello da portare sulle spalle.

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